Zhang Yimou
– Regista e produttore cinese (n. Xi’an 1951), è uno dei nomi di punta della cosiddetta quinta generazione di registi della Cina comunista, un gruppo di autori che negli anni Ottanta propone un cinema attento alla tradizione del proprio Paese e al tempo stesso capace di ibridarsi con stilemi, forme e strutture del cinema occidentale. A cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila il percorso del regista assume una nuova direzione: se i suoi film precedenti sceglievano quasi sempre un’ambientazione storica – a eccezione di You hua hao hao shuo (1997, Keep cool) – il nuovo millennio si apre con Xingfu shiguang (2000, La locanda della felicità), sospeso tra commedia sentimentale e dramma umano ambientato nella Cina contemporanea. Pur non ottenendo un grande riscontro di critica e di pubblico, il film è sintomatico della volontà di sperimentare altre strade rappresentata dai successivi Ying xiong (2002, Hero) e Shi mian mai fu (2004, La foresta dei pugnali volanti ), che rileggono il wuxia pian, il film di combattimenti di arti marziali che è un genere classico del cinema cinese, mostrandone la dimensione coreografica ed estetica e rilanciandolo come spettacolo raffinato. In Qian li zou dan qi (2005, Mille miglia lontano) viene invece affrontato, nella chiave del melodramma familiare, il rapporto tra due culture vicine e lontanissime come quella cinese e giapponese. Nel successivo Man cheng jin dai huang jin jia (2006, La città proibita), la forma estetizzata del wuxia pian si mescola al gusto barocco del grande racconto epico in una narrazione che unisce la fascinazione del regista per la scenografia teatrale (sin dagli anni Novanta alterna la regia cinematografica a quella operistica, ottenendo una vasta eco con la sua versione della Turandot di G. Puccini, la cui prima ha avuto luogo a Firenze nel 1998) e la capacità di filmare scene d’azione secondo la tradizione del cinema cinese. Nella fase più recente del suo percorso decide di confrontarsi direttamente con la tradizione cinematografica dell’Occidente: San qiang pai an jing qi (2009, Sangue facile) è un remake ambientato in Cina del noir Blood simple (1984), film d’esordio dei fratelli Coen; Jin ling shi san chai (2011, Flowers of war) racconta, con toni che ricordano il cinema di H. Hawks e di J. Ford, l’incontro/scontro tra un occidentale e la cultura cinese nello sfondo della seconda guerra sino-giapponese nel 1937; mentre Shan zha shu zhi lian (2010, Under the Hawthorn tree) sembra tornare, con uno sguardo nostalgico, alle atmosfere soffuse e raffinate dei suoi primi film.