zidovudina
Farmaco antivirale, analogo nucleosidico, utilizzato nella terapia delle infezioni da retrovirus come l’HIV. Sviluppato nel 1964 come antineoplastico, in realtà non dimostrò nessuna efficacia in tale campo; nel 1985 fu però scoperta la sua attività antiretrovirale. La z., oltre a essere utilizzata nell’AIDS sintomatico e asintomatico, è impiegata anche nella prevenzione del passaggio del virus HIV dalla madre infetta al feto, nel trattamento profilattico di soggetti sani con ferite procurate da soggetti infetti. Inoltre, la z. trova impiego anche nella leucemia virale (provocata dal retrovirus HTLV-1). Dopo sei mesi di terapia si osserva l’insorgere di resistenza e, dopo un anno, circa il 70% dei pazienti trattati non risponde più al farmaco. La resistenza si sviluppa più velocemente in soggetti in fase avanzata della malattia. La sensibilità alla z. può essere ripristinata, associando altri anti-retrovirali come la lamivudina o inibitori della proteasi. La z. è attiva per via orale e diffonde molto bene nella saliva e nello sperma. Nel liquor può raggiungere concentrazioni pari al 60% di quelle presenti nel plasma.
La z. entra passivamente nella cellula dove subisce tre fosforilazioni che la trasformano in z. trifosfato. In questa forma ‘somiglia’ chimicamente alla timidina trifosfato, nucleotide fisiologicamente presente nella cellula, con il quale compete per l’enzima trascrittasi inversa virale. Il nucleotide artificiale z. trifosfato inibisce l’enzima trascrittasi inversa che non è più in grado di catalizzare la replicazione dell’RNA retrovirale a elica singola in DNA virale a doppia elica che si integra nel genoma della cellula ospite. La z. trifosfato può essere anche incorporata nel DNA virale, causandone l’arresto della replicazione. La resistenza sembra dipendere essenzialmente da mutazioni in specifici codoni del gene della trascrittasi inversa di HIV.
Oltre il 20% dei pazienti trattati viene colpito da tossicità ematologica (anemie, leucopenie, neutropenie). Inoltre si osservano effetti psichiatrici, miopatie, epatotossicità. Alcuni degli effetti indesiderati della z., soprattutto a livello muscolare, sono attribuibili alla sua azione inibitoria sulla DNA polimerasi mitocondriale.