ZILLIS
(Villa Ciranes, Villa in loco Cerani, Ziraun, Ziran nei docc. medievali)
Località della Svizzera sudorientale, nel Medioevo sede della chiesa principale di Schams, nel cantone dei Grigioni (v.).Z. acquistò importanza grazie alla sua posizione al di sopra della via mala, il pericoloso percorso che conduceva ai passi dello Spluga e del San Bernardino. Grazie a questa posizione, il centro, in cui si ritiene di poter riconoscere la stazione Lapidaria segnalata dalla Tabula Peutingeriana (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 324), venne abitato già nell'Antichità. Una grotta adibita al culto, scoperta di recente, attesta che in epoca tardoantica vi venivano praticati sacrifici in onore di una divinità presumibilmente orientale. La cessazione chiaramente forzata di questo culto, avvenuta intorno al 500, è forse da collegare alla trasformazione di un edificio romano, distante soltanto pochi metri, in una prima chiesa cristiana. Quest'ultima, riedificata in epoca carolingia in forma di aula triabsidata, viene citata nell'831 come ecclesia plebeia nel libro fondiario dell'impero (Codex diplomaticus, 1848, p. 293). Nel 940 essa fu donata dall'imperatore Ottone I il Grande alla diocesi di Coira e nel 1357 venne attribuita al locale Capitolo del duomo. Nel 1530-1535 aderì alla Riforma.Le indagini archeologiche condotte nel 1938-1940 hanno consentito di ricostruire la storia della chiesa, riportando alla luce i resti degli edifici precedenti. L'aula rettangolare dell'od. St. Martin risale, come la torre, con la sua decorazione a lesene e arcate cieche, a epoca romanica, mentre il coro poligonale sostituì nel 1509 un precedente coro rettangolare.Dal punto di vista storico-artistico, l'importanza di St. Martin si deve al soffitto ligneo, che, con centocinquantatré pannelli dipinti, copre l'intera navata della chiesa. Essi, disposti in diciassette file di nove tavole, sono racchiusi ciascuno da una cornice a listello, dipinta, e da una in rilievo. Quest'ultima è raddoppiata nella fascia centrale in entrambe le direzioni, in modo da disegnare nel soffitto una figura cruciforme, quale sintesi delle diverse tematiche rappresentate.I quarantotto pannelli esterni, con le loro raffigurazioni di onde ed esseri fantastici, soprattutto acquatici, e le tre tavole con scene di pesca costituiscono il riferimento all'elemento marino. Si tratta proprio del limite del mondo, dai cui angoli partono i venti cardinali, qui rappresentati da angeli che suonano trombe. Coerentemente, le raffigurazioni di questi pannelli sono orientate verso l'esterno, dove l'adiacente parete viene conclusa da un fregio a meandro, interrotto da riquadri con corone e busti femminili, interpretati come sibille. All'interno di questa cornice cosmologica è racchiuso il mondo vero e proprio in cui la storia ha luogo; qui tutte le tavole hanno un orientamento comune, verso il coro. Vi sono raffigurati un ciclo cristologico e uno, molto più ridotto, che comprende soltanto le tavole dell'ultima fila, con le Storie di s. Martino, il santo cavaliere patrono della chiesa di Z., presentato come imitatore di Cristo.Il modo in cui sono rappresentati l'inizio e la fine della Vita di Cristo solleva diverse questioni interpretative. È insolita la conclusione del racconto della Vita di Cristo con la scena dell'Incoronazione di spine, così come la mancanza dell'evento nodale della Crocifissione. Per questo si è ipotizzato che il soffitto sia giunto in realtà incompleto. Altrimenti la scena conclusiva della Passione, la Crocifissione, si sarebbe dovuta trovare o nel coro o nell'ultima serie di pannelli della navata, al posto delle tavole di S. Martino, che, resti di un ciclo dedicato a questo santo, ubicato nel coro, vi sarebbero state trasferite in un secondo momento, perdute le presunte tavole della Passione. È anche possibile, del resto, che la Crocifissione fosse stata presente nella chiesa sotto forma di gruppo scolpito, rendendo in questo modo superflua la riproduzione della scena nel soffitto. Che quest'ultimo proseguisse anche nel coro non è certo: è molto più probabile che l'opera avesse fin dall'inizio previsto i centocinquantatré pannelli conservati, corrispondenti nel numero ai grossi pesci pescati da Simon Pietro (Gv. 21, 11), cui le raffigurazioni della fascia più esterna del soffitto costituirebbero un ulteriore riferimento.Anche i problemi relativi all'inizio del ciclo cristologico dipendono in stretta misura dai numerosi cambiamenti introdotti - l'ultimo tra il 1938-1940 e il 1971 - nella disposizione in sequenza dei pannelli. In ognuno dei primi tre pannelli è rappresentato un re in trono al di sotto di un'arcata; tutti e tre i personaggi recano singolarmente un coltello nella mano sinistra. Mentre una parte della critica, che peraltro ritiene non originaria la collocazione attuale delle tre tavole, ha inteso interpretare i personaggi effigiati in rapporto alla dettagliata rappresentazione della storia dei re Magi presente nel soffitto (Brugger-Koch, 1981), la maggior parte degli studiosi propende (Poeschel, 1943) per un'identificazione dei tre re con gli antenati di Cristo di stirpe regale, così come essi sono elencati all'inizio del vangelo di Matteo. L'interpretazione di queste figure come parte dell'albero genealogico di Cristo creerebbe un collegamento con le sibille, che profetizzano nel fregio parietale. I coltelli, a cui possono essere associati quello di Giuseppe seduto nella scena della Natività e quello raffigurato nell'episodio del Sogno, quando Giuseppe viene avvertito di fuggire in Egitto, vengono interpretati come i coltelli sacrificali per la circoncisione dell'Antico Testamento, ma possono essere anche letti come simboli del diritto nel Medioevo (Meier, 1996, p. 85). Ciò che colpisce nel ciclo cristologico di Z. è il grande valore conferito al concetto di regalità, a cui - solo nel ciclo dei re Magi - sono dedicate ben quindici tavole. Se poi si considera che anche l'Ingresso a Gerusalemme (cinque tavole) sottolinea la regalità di Cristo e parafrasa un corteo trionfale regale, non può apparire una casualità - a fronte di un peso, anche solo numericamente, così rilevante dato al tema - che a concludere il ciclo cristologico sia proprio l'Incoronazione di spine, scena con la quale viene, peraltro, a crearsi un ponte con l'inizio del ciclo, cioè con le raffigurazioni degli Antenati di stirpe regale.Data la grande importanza che riveste il ciclo dei re Magi all'interno dell'intera opera, si è pensato che la traslazione a Colonia delle reliquie dei re Magi, da parte di Federico I Barbarossa nel 1162, potesse costituire un indizio utile a determinare la datazione dell'opera. La recente analisi dendro-cronologica del legno del soffitto ha tuttavia indicato quale ambito cronologico un'epoca successiva al 1113, rendendo improbabile questo riferimento (Ruoff, Seifert, Walder, 1997), come del resto tutte le altre ipotesi di datazione all'11° secolo. Si riapre nuovamente anche la questione della committenza, dovendosi necessariamente escludere quella del vescovo di Coira, Egino (1160-1170), sostenitore di Federico I Barbarossa. Del resto poco chiara risulta l'origine stessa dell'artista. Lo sfondo a fasce si ritrova in numerose opere influenzate dalla miniatura della Reichenau. Precedenti stilistici del soffitto di Z. sono stati riconosciuti anche nei manoscritti dell'inizio del sec. 12° realizzati in Italia settentrionale, dove tuttavia i corpi mostrano una disposizione più libera, mancando di quella compressa compattezza che è caratteristica delle figure di Z., le cui proporzioni si adeguano al campo quadrato e sono concepite per riempire tale spazio in modo regolare.Elementi peculiari dell'opera sono inoltre le grandi e pesanti teste, quasi sempre rese in un profilo di tre quarti. Le deroghe a tale regola sono intimamente legate al contenuto: a profilo intero sono raffigurati Giuda e il diavolo. Altrettanto rari sono i volti presentati frontalmente: si tratta della Madonna della Fuga in Egitto e del Cristo, sia della Trasfigurazione sul monte Tabor sia della raffigurazione conclusiva conl'Incoronazione di spine. Tramite questa modalità di rappresentazione, le figure centrali, così come le immagini destinate al culto, risultano isolate dal contesto scenico e individuate come singole figure 'visionarie', che fissano efficacemente l'osservatore.
Bibl.: Fonti. - Codex diplomaticus, I, a cura di T.V. Mohr, Coira 1848.Letteratura critica. - E. Poeschel, Die Kunstdenkmäler des Kantons Graubünden, V, 2, Die Täler am Vorderrhein (Die Kunstdenkmäler der Schweiz, 14), Basel 1943, pp. 222-246; S. Brugger-Koch, Die romanische Bilderdecke von Sankt Martin, Zillis. Stil und Ikonographie, Muttenz 1981; W. Kemp, Mittelalterliche Bildsysteme, Marburger Jahrbuch für Kunstgeschichte 22, 1989, pp. 127-134; D. Rudloff, P. Hemann, Die romanische Bilderdecke der Kirche St. Martin, Basel 1989; J. Rageth, Ein spätrömischer Kultplatz in einer Höhle bei Zillis GR, ZSchwAKg 51, 1994, pp. 141-172; H.R. Meier, Romanische Schweiz, Würzburg 1996, pp. 77-87; U. Ruoff, M. Seifert, F. Walder, Dendrochronologische Untersuchungen 1994-1995, in Die romanische Bilderdecke der Kirche St. Martin in Zillis. Grundlagen zur Konservierung und Pflege, a cura di C. Bläuer Böhm, H. Rutishauser, M.A. Nay, Bern-Wien-Stuttgart 1997, pp. 243-265.H.R. Meier