ZINZENDORF, Nikolaus Ludwig, conte di
Fondatore della innovata Società dei Fratelli, detti anche Fratelli Boemi o Moravi o Herrnhutiani (v. boemi, fratelli), nato a Dresda il 26 maggio 1700, morto a Herrnhut il 9 maggio 1760. Ebbe formazione pietistica nel Paedagogium di Francke in Halle; e frequentò poi, dal 1716 al 1719, l'università di Wittenberg occupandosi con fervido interesse di problemi teologici e prendendo parte agli sforzi intesi ad attuare un accordo tra l'ortodossia e Halle. Nel 1719-20 compì un viaggio formativo attraverso l'Olanda e la Francia, dove gli scambî d'idee con rappresentanti di varie confessioni cristiane contribuirono alla maturazione di quella che divenne l'idea fondamentale della sua dottrina: che, cioè, l'essenza del cristianesimo consiste innanzi tutto e più che nel dogma, nell'intima esperienza dell'unione, nella fede, con Cristo, unico fattore della creazione, della rivelazione e della grazia divina. Da tale momento del tutto interiore è determinata, secondo lo Z., l'unità delle chiese cristiane nell'unica comunità di Cristo. Ritornato in patria e sposatosi "secondo i principî della comunità" (al primo affetto, giudicato meramente "naturale", aveva rinunziato in favore d' un amico) con Dorotea Reuss, pose i primi fondamenti di un' "ecclesiola" e cominciò a svolgere un'attività propagandistica nei circoli illuministici (rivista Le Socrate de Dresde). Nel 1722 un gruppo superstite di Fratelli Boemi si stabilì nei poderi dello Z. nella Lusazia Superiore. La colonia, che sorse sulle pendici del monte Hut, ebbe il nome di Herrnhut (donde Herrnhuter). Ad essi si aggiunsero ben presto coloro che provenivano da altre confessioni, fatti oggetto di persecuzione politico-religiosa, che lo Z., insieme con gli amici Watteville e Spangenberg, unì, nel 1727, in una comunità ("Società dei Fratelli", Brüdergemeinde), in cui i ricoverati potessero liberamente compiere le loro pratiche religiose.
Da allora in poi lo Z. dedicò la propria attività ai molteplici problemi religiosi della colonia, arricchitasi di eterogenei elementi settarî, cercando di superarne le tendenze separatiste mediante uno statuto di compromesso che ne fissasse l'appartenenza giuridica alla chiesa nazionale. Parallelamente a quest'attività esterna andò determinandosi il suo proprio atteggiamento teologico, il suo allontanamento dal pietismo di Halle e il suo riavvicinamento alla dottrina del luteranesimo ortodosso, mentre in ardue ricerche interiori si concretava la sua ideologia particolare e il suo concetto della redenzione contro il razionalismo di Dippel.
Secondo lo Z. la comunità cristiana, eletta ab initio nella persona di Cristo, si manifestò nella contingenza attraverso la passione e la morte del Redentore, e si realizza per il singolo che intimamente rivive questi fatti ed elimina la propria esistenza individuata per sostituirvi la nuova vita materiata di grazia. Credendo così di riconquistare le posizioni del luteranesimo puro, lo Z. in realtà si avvicina alle ideologie gnostiche della predestinazione e della doppia personalità, e tale carattere della sua dottrinasi accentua ancora nell'ulteriore sviluppo: nella sostituzione del Figlio al Padre in tutti i rapporti col mondo e con l'umanità, mentre lo Spirito Santo è considerato come Madre: madre nell'eterna generazione del Figliuolo, nella nascita umana di Gesù, nella rinascita spirituale dell'uomo. La Chiesa (quale ipostasi personificata, la "Kyria") è emanata da Cristo nel compiersi della passione, e gli è quindi consustanziale, e la loro unità androgina è ristabilita nella Comunione - sposalizio dell'anima con Cristo - concepita come unione nuziale, di cui il matrimonio umano è una similitudine. L'interpretazione concreta di queste particolarità della dottrina dovette presto far degenerare il culto nella comunità, che andava perdendosi nelle stravaganze di un'adorazione tutta sensuale delle ferite di Cristo. Manifestazioni di energica riprovazione, anche da parte di amici, decisero Z. a un mutamento di rotta e a un tentativo di sublimare il culto senza abbandonarne l'impostazione fondamentalmente emotiva.
L'anno 1732 fu un anno cruciale nei destini della comunità e in quelli personali dello Z. Mentre si fondano le prime missioni in America e in Groenlandia, in patria si rivolgono accuse contro la comunità di Herrnhut ed è contestato il suo diritto al culto indipendente entro la chiesa evangelica. Lo Z. cercò di scongiurare il pericolo, facendosi ammettere quale capo della comunità nel clero protestante: ma già nel 1732 fu promulgato contro di lui un primo decreto di espulsione dalla Sassonia, che venne ritirato in seguito, ma senza un riconoscimento ufficiale del diritto d'autonomia della Gemeine di Herrnhut. Conseguenza di ciò fu una prima emigrazione in massa nell'America.
Nel 1736 lo Z. è espulso definitivamente: si reca nella Wetterau dove per l'apostolato delle nuove dottrine organizza una "comunità peregrina" la quale col tempo divenne l'esponente centrale del movimento herrnhutista. Nel 1737 lo Z., con l'appoggio di Federico Guglielmo I di Prussia, viene consacrato vescovo della comunità, previo esame della sua fede ortodossa. La nuova comunità ottenne il riconoscimento dell'autonomia nella fede e nel culto, indispensabile anche per la sua attività missionaria.
Secondo la definitiva ideologia dello Z., la comunità non è né chiesa né setta, ma diretto riflesso dell'ideale "comunità di Gesù" comprendente tutte le chiese cristiane e strumento della sua realizzazione in terra mediante la fondazione di associazioni religiose indipendenti da nazionalità e confessione. Essa quindi non deve irrigidirsi in alcuna costituzione chiesastica, ma adattarsi con elasticità alle date condizioni di tempo e luogo. Solo in questo senso essa è legata alla chiesa morava (la quale nel 1727 era stata rinnovata con statuto proprio sul territorio di Herrnhut).
La concretezza dei fatti spingeva però inevitabilmente verso una separazione della comunità dalla chiesa: la frazione morava tendeva all'indipendenza, che veniva offerta alla nuova colonia dai conti reggenti, mentre la chiesa sassone aveva negato il riconoscimento a Herrnhut. Allora lo Z. mette in atto un supremo tentativo per realizzare praticamente l'unità ideale: resa vacante la carica di superiore generale, la Comunità dei Fratelli decide di eleggere come proprio capo Gesù Cristo (1741). Ma durante il soggiorno dello Z. in America furono avviati e in parte conclusi accordi per l'autonomia delle comunità morave. Tornato in Europa, lo Z. vi si oppose con tutte le forze, facendosi conferire i pieni poteri; e per la situazione già esistente trovò una soluzione di compromesso nella concezione dei "tropi" ossia metodi del progresso dell'umanità verso Dio: la Chiesa dei Fratelli comprende in sé i tre gruppi o tropi: luterano, riformato e moravo, uniti fra loro col legame della "religione intima" (Herzensreligion).
Nel seno di ogni gruppo v'erano poi suddivisioni in bande o cori, secondo il sesso e l'età, cui presiedevano diaconi (pastori) e diaconesse. Vescovi e anziani dirigevano la comunità. L'elezione alle cariche era fatta per sorteggio, ritenendosi questo il miglior modo di manifestazione della volontà divina. Danze, giuochi e spettacoli erano esclusi dalla comunità, incoraggiata invece la preghiera, anche per tutta una notte, e il canto. La vita sessuale era regolata da norme rigide in vista del bene esclusivo della comunità la quale fissava la scelta del coniuge. Chi cadeva in colpe gravi era escluso dalla comunità. Attualmente le comunità herrnhutiane sono 201 con 54.323 membri, con centri principali a Herrnhut, Londra, Betlem in Pennsylvania e Winston-Salem nel North Carolina.
L'espansione missionaria fu una delle più ardenti preoccupazioni dello Z. che nel decennio del suo esilio fondò comunità di Fratelli in Olanda, Inghilterra, Irlanda, America. Ma già dal 1733 missionarî herrnhutiani si erano recati in Groenlandia, Georgia, Lapponia e Labrador, e poi nella Guinea e al Capo di Buona Speranza. Attualmente le missioni herrnhutiane hanno 13 diversi luoghi di irradiazione: Alasca, California del sud, Giamaica, Indie Occidentali, Nicaragua, Demarara, Surinam, Africa del sud, paesi degli Ottentotti e dei Cafri, Niassa; Unyamwezi e Himālaya occidentale.
Nel 1747 lo Z. ottenne il permesso di tornare in patria, nel 1748 il riconoscimento della comunità - in quanto questa aderiva alla confessione augustana - come parte autonoma della chiesa nazionale.
Fra gravi cure per la sistemazione finanziaria della comunità, cui sacrificò tutti i proprî averi, lo Z. passò gli ultimi anni di vita in un crescente isolamento interiore, incompreso dai discepoli pronti sempre a subordinare l'idea della comunità ideale in Cristo alle concrete esigenze giuridico-ecclesiastiche.
I suoi canti religiosi, estranei ad ogni velleità artistica, e redatti per essere diffusi e compresi tra le masse popolari, non vanno valutati dal punto di vista dell'espressione poetica di individuali e complesse esperienze religiose, né come specchio della personalità dell'autore. L'influsso esercitato da questa personalità fu quindi in massima parte indiretto. Durevole fu l'influsso della dottrina della comunità (difesa da Lessing e celebrata da Herder) sull'ideologia religiosa di Schleiermacher e sul chiliasmo di Stilling, mentre Novalis volgeva gli accenti erotico-religiosi della pietà zinzendorfiana, fusi con l'universalismo mistico dell'amor Dei di Spinoza, a prima espressione dell'ideologia del divino Io universale, natagli dall'esperienza dell'"amore sublimato a religione".
Bibl.: A. G. Spangenberg, Leben des Grafen v. Z., Barby 1772-75; L. K. Schrautenbach, Der Gr. v. Z. u. d. Brüdergemeinde seiner Zeit, a cura di Kölbing, 2ª ed., Gnadau 1871; H. Plitt, Z.s Theologie, Gotha 1869-74; H. Römer, N. L. Graf v. Z., Gnadau 1900; J. Th. Müller, Z. als Erneuerer der alten Brüderkirche, Lipsia 1900; B. Becker, Z., u. sein Christentum im Verhältnis zum kirchlichen und religiösen Leben seiner Zeit, 2ª ed., Lipsia 1900; G. Reichel, Z.'s Frömmigkeit im Licht der Psychoanalyse, Tubinga 1911; O. Pfister, Die Frömmigkeit des Gr. v. Z., 2ª ed., Vienna 1925; O. Uttendörfer, Alt Herrnhut, voll. 2, Hernhut 1925-26; H. W. Erbe, Z. und der fromme hohe Adel seiner Zeit, Lipsia 1928: O. Uttendörfer, Z.s Weltetrachtung, Berlino 1929.