ZODIACO (ζῳδιαικός ζῳδιακὸς κύκλος signifer e simili)
È quella parte del cielo in cui gli uomini posero le costellazioni; essa si estende secondo il pensiero degli antichi per una larghezza di 12° ai due lati dell'eclittica, cioè dell'orbita solare, ed ha di conseguenza una inclinazione di 24° rispetto all'equatore celeste. La definizione di Z. deriva da ζῳδια, "esseri viventi" non già "animali" (cfr. l'erroneo termine tedesco Tierkreis) raggruppati in costellazioni; la serie animata è interrotta soltanto dalla Bilancia, che però proprio nell'iconografia antica è spesso raffigurata con un portatore della Bilancia, maschile o femminile.
Le costellazioni dello Z. sono: l'Ariete (Κριός, Aries), il Toro (Ταῦρος, Taurus), i Gemelli (Δίδυμοι, Gemini), il Cancro (Καρκίνος, Cancer), il Leone (Λέων, Leo), la Vergine (Παρϑένος, Virgo), la Bilancia (Χηλαί, ὁ ζυγός, Libra), lo Scorpione (Σκορπίος, Scorpio), il Sagittario (Τοξότης, Sagittarius), il Capricorno (Αἰγοκερεύς, Capricornus), l'Aquario (῾Υδροχόος, Aquarius), i Pesci (῾Ιχϑύες, Pisces). Con i noti simboli Υ, 8, π, ecc. non sono testimoniati nell'antichità, ma comparvero probabilmente appena nell'Alto Medioevo. Alla tarda antichità risalgono i due versi medievali:
Sunt Aries, Taurus, Gemini, Gancer, Leo, Virgo,
Libra, Scorpius, Arcitenens, Caper, Amphora, Pisces.
Lo Z. nel suo insieme compare relativamente tardi - anche se singole raffigurazioni, per esempio lo Scorpione, risalgono a un'epoca molto antica. Nell'antichità si possono cogliere due fasi: lo Z. con il raffigurazioni che nel VI sec. a. C. si presentava circolare e che secondo le fonti risalirebbe ad Anassimandro, a Cleostrato di Tenedo e ad Oinopides; lo Z. con 12 immagini, che compare con ogni probabilità già nel III sec. a. C. sostituendo la Bilancia alle chele, finora sproporzionatamente grandi, dello Scorpione. L'origine dello Z. è uno dei problemi più controversi dell'archeologia. Senz'altro da rigettare la datazione alta, ipotesi formulata nel XIX sec. in seguito ai nuovi ritrovamenti che si ebbero in Egitto, e all'inizio del XX sec. sulla scorta dell'interpretazione panbabilonese dei testi in scrittura cuneiforme e dei cippi confinari. In sostanza è però molto difficile stabilire quanto vi sia di prettamente greco e quanto i Greci debbano all'Antico Oriente o all'Egitto nella creazione delle loro costellazioni zodiacali, certo è che furono essi a determinare fino ai giorni nostri la nomenclatura, l'astrotesia e l'iconografia delle varie raffigurazioni.
Il termine Z. non indica soltanto le singole grandi costellazioni come l'Ariete, il Toro ecc., ma anche i segni che prendono nome da queste costellazioni. Questi risultano dalla ripartizione matematico-astronomica dello Z. in 12 segmenti uguali di 30° ciascuno, i cosiddetti δωδεκατημόρια. Questo sistema non determina soltanto le immagini, ma a causa della precessione degli equinozi verso Oriente (nota già ad Ipparco nel II sec. a. C.), porta ad una sempre crescente differenziazione tra immagine e segno (cfr. per esempio la trattazione di Gemino, I sec. a. C.). I segni sono già noti a Callippo e ad Eudosso nel IV sec. a. C. e provengono probabilmente dall'ambito mesopotamico, dove sono testimoniati non prima del 400; essi ebbero un'importanza decisiva per l'ulteriore sviluppo dell'astrologia, specie dell'oroscopia. Nell'iconografia noi possiamo distinguere soltanto le immagini delle costellazioni dello Z., non già i segni. Soltanto in singoli casi in cui l'immagine di un oroscopo si può interpretare grazie alle fonti letterarie (per esempio gli affreschi dei soffitti del palazzo di Settimio Severo al Palatino) oppure ricavare dalla rappresentazione stessa (dipinto tombale di Athribis in Egitto, I sec. d. C.), le immagini potranno essere intese come segni. Oltre che trattare dello Z. vero e proprio, si daranno qui alcuni cenni sull'iconografia delle costellazioni in genere.
1. Egitto. Nelle regioni lungo il Nilo il cielo era immaginato come una specie di grande vòlta e secondo la concezione mitico-religiosa era il corpo cosparso di stelle della dea Nut (v.), china verso la terra. Già dai tempi antichi determinati gruppi di stelle furono raggruppati in costellazioni, fra le quali i Decani identificabili a partire dal 2150 circa (IX dinastia) nella tradizione figurativa, una creazione particolare dell'Egitto; si tratta di 36 costellazioni poste in prossimità dell'equatore celeste (ossia dell'eclittica) che nella terza fase dello sviluppo dei Decani, all'epoca dei Tolemei, vennero tutte incorporate nello Zodiaco. Fra i Decani già alcune raffigurazioni (come l'Ariete, i Gemelli, il Capro, le Brocche ed i Pesci), che si possono senz'altro considerare i prototipi delle successive raffigurazioni zodiacali (il Papiro Carlsberg I del II sec. a. C., ed il rilievo del cosiddetto Z. rettangolare di Denderah, I sec. d. C., testimoniano come ancora in epoca tarda si immaginasse che il percorso dei Decani passasse sul corpo della dea Nut). Fra le singole stelle la più importante per la civiltà egiziana è Sino, la Stella di Sothis (Satis, Iside), fondamentale per il calendario, raffigurata in seguito come una dea stante con arco e freccia. Fra le stelle del circolo polare è particolarmente notevole, perché testimonia quanto la concezione egiziana si differenzi dalle successive, la raffigurazione dell'Orsa Maggiore come una coscia di toro (Meshetyw). Questo è uno dei motivi della difficoltà dell'identificazione di altre costellazioni, anche se per immagini come il Leone, lo Scorpione (la dea Selket), l'Ariete ed il Toro, ci è d'ausilio l'analogia delle concezioni astrografiche; si citino inoltre Orione come stella a sé stante (Sah), l'Ippopotamo (= drago), ed il Coccodrillo.
Raffigurazioni sono state rinvenute su coperchi di sarcofagi, orologi ad acqua, stele e principalmente sui cosiddetti soffitti astronomici del Nuovo Regno, a partire da quello della tomba di Senmut (verso il 1500), per giungere alla serie dei fregi dei templi d'età greco-romana (Edfu, Kōm Ombo, Denderah, Esnah) ed ai medaglioni (con Decani, Z. e pianeti) nel tempio di Denderah e in una tomba di Athribis (I sec. d. C.). Le raffigurazioni dell'intero Z. risalgono appena all'età romana (rilievi a Denderah, Esnah, Akhmîn [oggi perduto] sarcofagi di mummie di Heter, Petemenon, Soter) e testimoniano come il sincretismo iconografico abbia apportato sostanziali trasformazioni allo Z. antico.
2. Mesopotamia. Fin dal III millennio entrano stabilmente a far parte del patrimonio iconografico le raffigurazioni della triade, Sole, Luna e Venere (per esempio la stele trionfale di Eannatum di Lagash, 2500 circa), delle divinità babilonesi più tarde Shamash, Sin e Ishtar ed inoltre la stella che è l'ideogramma per indicare "Dio". Prototipi di costellazioni - questa interpretazione non è comunque assolutamente certa - compaiono per la prima volta sui cippi confinarî (kudurru) del periodo dei Cassiti (seconda metà del II millennio a. C.); di sicura identificazione sono invece i segni del Toro, dello Scorpione, del Sagittario, del Capricorno (metà capra e metà pesce), del Cane (al posto del Leone); incerta quella dell'Ariete, dei Gemelli, della Spiga (che sostituisce la Vergine); mancano testimonianze del Cancro, della Bilancia, dell'Aquario, dei Pesci. I segni della cosiddetta Tavola Zodiacale di Gezer (Palestina meridionale) risalgono allo stampo di un sigillo cilindrico. Non nelle arti figurative, ma nell'uranografia, si possono distinguere in seguito, dal 700 in poi, numerose costellazioni: e ben presto anche pianeti; si ricordino gli elenchi d'astrolabio fra cui il prototipo dell'astrolabio circolare che pare sia nato in Assiria verso il 1100; la tavoletta mnlapin (700 circa) presenta circa 15 costellazioni lungo il percorso della luna e del sole nel sistema equatoriale e cita accanto a questi le cosiddette stelle di Anu, le stelle di Enlil (N) e le stelle di Ea (S). La concezione dell'Ariete come agru, bracciante agricolo, "salariato", testimonia come talora esistessero alcune differenze iconografiche; altre liste testimoniano che si teneva conto anzitutto di singole stelle luminose, non già delle costellazioni di cui eventualmente facessero parte; queste sembra siano state configurate appena in un'epoca posteriore al 6oo. Importante il testo Vat. 4965 (568-7 a. C.) perché in un sistema eclittico longitudinale e latitudinale dà le distanze tra le costellazioni ed i pianeti dello Zodiaco. Il Vat. 4924 (419 a. C.) ricorda raffigurazioni dello Z.; del 410 a. C. è il più antico oroscopo in caratteri cuneiformi (Oxford, Bodl. Libr. AB 251). Il sistema dei "Segni" dello Z. (ogni 300) si sviluppò subito dopo il 400, ma è testimoniato per la prima volta in documenti del periodo seleucida. Le raffigurazioni sono molto rare e all'epoca dei Seleucidi e degli Arsacidi ai motivi tradizionali se ne aggiungono altri ripresi dall'antichità, ad esempio nei disegni a incisione di testi astrologici compaiono: le Pleiadi, la Luna, il Toro; Iuppiter, il Leone, l'Idra; Mercurio, la Vergine, il Corvo (Vat. 7851.7847. AO 6448).
3. L'antichità classica. a) Profilo storico. I Greci concepiscono inizialmente il cielo come un disco o una grande vòlta (Atlante con il cielo, sulla lèkythos da Eretria conservata ad Atene), in seguito come una semisfera poggiata agli estremi limiti dell'oceano ed infine, dal 500 circa in poi, cQme una sfera cava che circonda la sfera terrestre e che, vista dal di fuori, si presenta come un globo celeste sorretto - secondo la mitologia - da Atlante. Le costellazioni degli Elleni sono in parte certamente più antiche delle fonti che le citano per la prima volta; accanto a definizioni che sono degli ἃπαξ linguistici, a concetti tipicamente greci e ispirati principalmente dalla mitologia, si trovano iconografie che potrebbero risalire a popolazioni precedenti, provenienti dall'Antico Oriente o dall'Egitto; in ultima analisi però i Greci concepirono le costellazioni secondo i loro principi formali trasfondendovi il loro spirito. In Omero sono citati: l'Orsa (= Carro), le Pleiadi, le Hyadi, Boote, Orione ed il "Cane di Orione", la cui stella più importante è indicata da Esiodo in poi con il nome di Séirios (= Sirio). Fondamentali per l'individuazione delle costellazioni sono il VII ed il VI sec.; di volta in volta le nuove scoperte saranno state registrate nell'Astronomia attribuita ad Esiodo o a Talete. A stare alla tradizione, Talete avrebbe ripreso l'Orsa Minore (o il Piccolo Carro) dai Fenici; Cleostrato di Tenedo (520 circa) avrebbe già conosciuto lo Scorpione ed avrebbe introdotto l'Ariete, il Sagittario e gli Haedi, mentre i miti sulle Orse, sulla Capella, la Corona ed il Capricorno vengono ricondotti ad Epimenide. Nel 500 circa erano note le costellazioni dello Z. con le chele dello Scorpione che occupavano ancora il posto della Bilancia. Nel V sec. esistevano già la maggior parte dei segni celesti, ivi comprese le creazioni tipicamente greche quali le costellazioni di Perseo e del suo gruppo, e ben presto da Eudemo, Metone e Democrito, furono anche connessi alle Episemasie (previsioni metereologiche) nei calendari astronomici. A Omopide di Chio, di poco più giovane di Anassagora, e attribuita dalla tradizione (che a tal proposito cita del resto anche Anassimandro e Pitagora) la scoperta dell'inclinazione dell'eclittica. Eudosso di Cnido (375 circa) fissò definitivamente nei suoi Phainomena le immagini delle costellazioni esistenti, che ebbero una risonanza vastissima per la versione poetica dell'opera fatta più tardi da Arato di Soli (275 circa); Ipparco ne criticò determinati particolari. Eudosso conosce anche il sistema con 12 segni zodiacali; la ripartizione dell'intero circolo in 360 gradi di 60 minuti e 6o secondi ciascuno sembra sia venuta a conoscenza dei Greci appena durante l'ellenismo e pare si debba a Hypsikles (prima metà del II sec. a. C.). Dopo Arato vengono aggiunte soltanto poche costellazioni: la Chioma di Berenice (scoperta dall'astronomo Conone), la Corona australe, la Bilancia (III sec. a. C.), il Tirso del Centauro, il Kerykeion (probabilmente II sec.), il Thronus Caesaris e l'Antinous (II sec. d. C.). Il catalogo definitivo delle costellazioni greche è dovuto a Tolomeo che nella sua σύνταξις μεγάλη (chiamata dagli Arabi Almagesto) elenca complessivamente 1022 stelle che fanno per lo più parte delle 48 costellazioni note nell'antichità: 12 dello Z., 21 dell'emisfero boreale e 15 dell'emisfero australe.
Fra i pianeti ben presto fu osservata Venere, che come stella vespertina ci è nota fin da Omero con il nome di Espero; le denominazioni di "Stella di Kronos", "Stella di Zeus", "Stella di Ares", ecc., denominazioni cui si affiancarono - non senza l'influsso delle concezioni astrologiche - quelle di Phainon, Phaeton, Pyroeis, Phosphoros, Stilbon, furono usate principalmente dagli astronomi alessandrini.
I Romani non aggiunsero nulla di importante alla sfera celeste dei Greci. Certamente anch'essi concepirono a modo proprio alcune costellazioni, ad esempio septemtriones (7 buoi in luogo dell'Orsa Maggiore), suculae (porcellini in luogo delle Hyadi), vergiliae (fasci di stelle in luogo delle Pleiadi), iugulae (la Cintura d'Orione); conoscevano Venere come vesperugo (Stella della sera) e come iubar (Stella del mattino), definivano Sirio canicula (anche per altre costellazioni erano usati diminutivi) e alla Galassia davano il nome di Via lactea. Per il resto però adottarono le definizioni greche latinizzandole, come risulta chiaramente dai nomi dello Z. e dei pianeti. Dotati assai meno dei Greci di fantasia astrothetica, gli scienziati romani fecero propria l'uranografia greca, che era divenuta d'uso corrente, adattandola inoltre all'astrologia che durante l'ellenismo ebbe un enorme sviluppo e tramandandola all'intero ambito europeo.
b) Accanto alla Sphaera graecanica era la Sphaera barbarica ossia una rappresentazione del cielo comprendente nomi immaginari non greci. Citata nei testi per la prima volta probabilmente nel III sec. a. C., era nota a Critodemo, a Cicerone, a Nigidio, a Dorotheos, ed a Manilio fino a che, nel I sec. a. C., Teucro di Babilonia ne diede la versione definitiva. Anche se i segni della Sphaera barbarica compaiono di rado e singolarmente presi sono spesso di dubbia interpretazione, ebbero una risonanza tutt'altro che insignificante nell'astrologia indiana, araba e più tardi latina del Medioevo.
c) Con la denominazione di Dodekaoros, ossia periodo o meglio cerchio di 12 ore, Teukros (I sec. a. C.), Kamateros ed altre fonti indicavano uno Z. con 12 figure; inizialmente i simboli delle 12 ore (ogni simbolo abbraccia cioè 2 ore) vennero tracciati sulla sfera celeste ripartendola in 12 strisce a forma di foglia di alloro che andavano da un polo all'altro, ma che indicavano in effetti anche le costellazioni, come è testimoniato dal liber Hermetis Trismegisti. Questi 12 animali rappresentano dunque, accanto allo Z., un sistema pratico per stabilire le ore e - iniziando con l'Ariete - corrispondono alle parti dello Z. nell'ordine seguente: Gatto, Cane, Serpente, Scarabeo, Asino, Leone, Caprone, Toro, Sparviero, Scimmia (Cinocefalo), Ibis, Coccodrillo. Sorprendente il fatto che la maggioranza di questi animali - ad eccezione del Gatto, dello Scarabeo, dello Sparviero e con il Pollo in luogo dell'Ibis - si ritrovino nello Z. asiatico-orientale, che risale alla stessa epoca del Dodekaoros ellenistico. La lastra di marmo di Daressy, oggi al Cairo, presentava questa combinazione a rilievo: nel cerchio esterno le 12 immagini dello Z., in quello interno gli animali del Dodekaoros, al centro i busti del Sole e della Luna. Il Dodekaoros ricompare poi nel cerchio interno della cosiddetta Tabula Bianchini di cui restano solo alcuni frammenti (Louvre, v. vol. Iv, p. 1040, fig. 1231).
4. Le rappresentazioni figurate nell'antichità. a) Non tratteremo di singole stelle o del cielo stellato a meno che non siano in relazione con l'astrothesia. Le une e l'altro sono infatti un antichissimo motivo decorativo, che rispecchia già fin dai tempi più remoti, concezioni religiose per lo più connesse al culto dei morti e principalmente alla sopravvivenza sulle stelle. Raffigurazioni di questo tipo si incontrano nella storia dell'arte di tutta l'antichità, si vedano il cielo stellato della cappella funebre di Hasheptsowe a Deir-el-Baḥrī (1500 circa) o la cupola della tomba di Galla Placidia a Ravenna (450 d. C. circa). Compaiono sulla veste stellata di una divinità e successivamente sulla toga picta dei trionfatori e degli imperatori romani, per giungere alle simboliche pietre preziose dei paramenti del Sommo Sacerdote ebraico. Numerose le forme di queste stelle: aste incrociate, svastiche, a tre punte (triskeles), stelle a cinque raggi (e più fino a 16), rosette, rosette con foglie lanceolate, cerchi, cerchi con punti, ed infine - dai manoscritti della tarda antichità in poi - stelle di forma naturalistica (punti o macchioline luminose); il loro uso è vastissimo. Anche frasi poetiche, ad esempio in Platone (Rep., x, 616 C) sulla luminosità d'una fascia celeste (v. anche Cic., Rep., 6, 3: si intenda più verosimilmente la Via Lattea che non lo Z.) verranno considerate nel nostro assunto. Per maggiore chiarezza si distingueranno le raffigurazioni note solamente dalle fonti letterarie da quelle effettivamente conservate.
b) Notizie sulle costellazioni antiche. S'è fatta l'ipotesi che la descrizione dello scudo, in Omero (Il., xviii, 484 ss.) dipenda da una rappresentazione figurata del cielo realmente esistita; in ogni caso è ovvio che questa non poteva comprendere lo Z. e che doveva essere ben diversa dalle raffigurazioni ellenistico-romane dello Scudo d'Achille (v. achille). Non è possibile stabilire se sullo scudo di Tideo decorato con il cielo stellato, citato da Eschilo (Sept., 387 s.), fossero raffigurate anche le costellazioni; in Euripide (Jon, 1146 s.), si accenna ad un tessuto usato come tetto di una tenda, su cui erano raffigurati: Urano, Helios, Espero, la Notte (accompagnata dalle costellazioni), le Pleiadi, Orione, l'Orsa (con la coda verso il polo), la Luna piena, le Hyadi e l'Alba. Anche il passo euripideo potrebbe essere esattamente interpretato soltanto qualora fosse possibile porlo a confronto con raffigurazioni realmente esistenti. Già nel IV sec. a. C. anche nell'ambito della gastronomia si ricordano immagini di costellazioni usate come motivi decorativi di pietanze (Alexis, frg., 261; emisferi con Pesci, Haedi, Scorpione), precursori delle celebri pietanze della cena di Trimalcione di Petronio (Satyr., 35; cfr. anche Anthol. Gr., ix, 821). Abbiamo poi notizie di innumerevoli raffigurazioni di immagini zodiacali, ad esempio sul manto regale di Demetrio Poliorcete (Duris, F. Gr. H., II A, 76 frg. 14 Jacoby) o sul cappello di Menedemos di Eretria (Diog. Laert., vi, 102). Il tempio di Tyche a Delo era certamente decorato con un immagine del cielo stellato (II sec. a. C. ?). Raffigurazioni di costellazioni si trovano nella sala da pranzo di Nerone (Suet., Nero, 31), nel palazzo di Domiziano (Mart., vii, 56) e nell'oroscopo imperiale del palazzo di Settimio Severo (Cass. Dio, lxxvi, 11). Anche in case private esistevano raffigurazioni del genere, come è testimoniato in Petronio (xxx, 3 ss.) e nella leggenda di Sebastiano (Acta Sanct., 20 genn., II, p. 638, 54; v. anche sopra, s. v. stabiae, fig. 568). Furono inoltre le terme a prestarsi a questo genere di decorazione, forse anche quelle di Costantino a Costantinopoli, cfr. anche la descrizione di un cielo stellato cristiano in Giovanni di Gaza (i, 187 ss., p. 143, Friedl.). Infine i segni dello Z., comparivano non soltanto sugli orologi (come risulta da un'iscrizione rinvenuta presso Alessandria (Cat. gén. Ant. Egypt. Inscr. Gr. et Lat., n. 185) o dalla descrizione di orologio ad acqua in Vitruvio (Arch., ix, 8, 8) ma anche su coppe d'argento (Anacreonte, 3, Anthol., ix, 541).
In un gruppo a parte si possono raccogliere le notizie sulle raffigurazioni astronomiche. Sulla sfera celeste inventata dai Greci forse intorno al VI sec. (Anassimandro?), Eudosso fissò verso il 375 le immagini già esistenti e vi aggiunse i 5 paralleli, i coluri, l'ellittica ed i 12 segni zodiacali, facendone per la prima volta un vero e proprio strumento astronomico. Sulle sfere scientifiche le costellazioni erano viste dall'esterno, cioè invertendo la loro posizione rispetto all'osservatore posto sulla terra; scarsa era l'importanza attribuita alla loro configurazione, erano infatti indicati esclusivamente i loro contorni (Tolomeo, Synt., viii, 3). Con ogni probabilità l'esemplare di Archimede, portato a Roma nel 212 a. C. (Cic., Rep., i, 21), doveva essere una sfera di questo tipo e così pure la cosiddetta Sfera di Billaros, portata a Roma da Lucullo (Strab., xii, 3, ii). Probabilmente dalle raffigurazioni della sfera sarà nata in seguito la planisfera che in un certo senso è lo sviluppo in piano della superficie della sfera stessa ma si ricollega contemporaneamente alle concezioni molto più antiche del cielo come un tetto o una vòlta a forma di scudo; forse già Anassimandro conosceva carte astronomiche di questo tipo senz'altro note ad Eudosso. Tolomeo (Planisphaerium, i ss., conservato solo nella traduzione latina dall'arabo) ci dà notizie della cosiddetta proiezione stereografica da un punto della superficie del globo alla depressione equatoriale. Oltre che per planisferi ed emisferi singole raffigurazioni servivano ad illustrare papiri e libri che trattavano d'astronomia, e soprattutto i Phainomena di Arato e le sue traduzioni latine (Cicerone, Germanico, Avieno) e fastosi calendari (Calendario del 354).
d) Antiche raffigurazioni di costellazioni conservate. Grazie ai monumenti, conservatisi per lo più casualmente, è possibile tracciare in grandi linee lo sviluppo delle raffigurazioni della sfera celeste e dello Z. nell'antichità. Queste si possono raggruppare secondo il loro carattere astronomico, religioso e decorativo (cfr. Cumont, in Dict. Ant., v). Si cercherà di raggrupparle secondo i principi formali della rappresentazione che dipendono in parte dall'uso cui erano destinate; essendo impossibile darne qui un elenco completo, ci si riferirà anche per le esatte documentazioni dei singoli monumenti, al catalogo che verrà pubblicato dalla Pauly-Wissowa, alla voce Zodiakos.
Raffigurazione dell'intera sfera. Non si è conservato alcun esemplare di antica sfera astronomica, quantunque ne esistesse ancora una nell'XI sec. d. C. Possiamo comunque farcene un'idea grazie alla sfera dell'Atlante Farnese (Napoli, Museo Naz.) destinato probabilmente a decorare una biblioteca e databile all'età di Adriano, ma che potrebbe risalire ad un modello della seconda metà del I sec. a. C. (a giudicare dal thronus Caesaris); le immagini sono eseguite a rilievo ma senza eccessiva fedeltà all'astrothesia, i diversi paralleli ed i coluri sono fortemente aggettanti. Frammenti di globi del genere si trovano a Berlino ed a Larissa (perduto). Esistevano probabilmente raffigurazioni pittoriche dell'intera sfera ma sono andate perdute tranne due monumenti caratteristici: l'immagine del cielo in una tomba del I sec. d. C. ad Athribis in Egitto rappresenta l'oroscopo di due defunti; concezioni classiche ed egiziane si alternano nella composizione; sia lo Z. che i pianeti sono rappresentati due volte. La cupola dipinta delle terme protoislamiche di Quṣayr῾Amra nella Transgiordania (700 circa), pur rappresentando un prezioso esempio dell'antica sfera in cui però sulla superficie concava della vòlta le costellazioni, forse tratte da un planisfero, sono dipinte come viste dall'interno della sfera celeste - risente dell'influsso orientale e soprattutto è in pessimo stato di conservazione. I due tipi di rappresentazione or ora citati della sfera celeste su un globo (ossia una superficie convessa, con le costellazioni viste in posizione invertita) e su una cupola (ossia una superficie concava, con un'astrothesia fondamentalmente naturale, in cui l'osservatore è posto idealmente al centro della sfera) costituiscono il punto di partenza teorico per i cosiddetti planisferi (tavole o carte del cielo stellato); gli esemplari conservati ci riportano all'ambito della scultura; innanzi tutto il cosiddetto Z. del tempio di Ḥatḥōr di Denderah in Egitto, oggi al Louvre, che risale all'età tiberiana circa ma che si ispira a un modello ellenistico più antico. Alla solita disposizione lungo una linea delle costellazioni usuale in Egitto per lo meno fin dal II millennio (testimoniato ancora nel periodo ellenistico-romano da scene dipinte sui soffitti di Esnah [portico del Grande Tempio e templi nelle regioni settentrionali] e dal cosiddetto Z. rettangolare del pronao di Denderah) si sostituisce qui il cerchio zodiacale, di influenza essenzialmente greca. Quanto all'interpretazione delle immagini, lo Z. di Denderah va considerato un prodotto del sincretismo ellenistico: oltre allo Z., prevalentemente greco si notano costellazioni prettamente egiziane ad esempio l'Orsa Maggiore in forma di coscia di toro ed alla periferia i 36 Decani, nel loro aspetto di divinità del tempo. Più primitivo ed ancora più difficile da interpretare è il cosiddetto Z. di Atene databile al III o al IV sec. d. C. che risale probabilmente al medesimo modello da cui dipende lo Z. di Denderah. Della sfera celeste classica abbiamo soltanto un piccolo frammento della zona settentrionale del cielo che apparteneva al Quadrante dell'orologio bronzeo di Salzburg; lungo il bordo sono raffigurati i Pesci, l'Ariete, il Toro, i Gemelli e sulla superficie il Triangolo, Andromeda, Perseo, l'Auriga (con gli Haedi).
Lo Zodiaco. Volendo caratterizzare lo Z. senza inserirvi particolareggiatamente i vari segni delle costellazioni lo si indicò inizialmente con una fascia più o meno larga che circondava la superficie di una sfera oppure la sua proiezione piana; più tardi con una fascia incrociata che doveva rappresentare l'equatore celeste e lo Z. e che a volte si riduceva a semplici linee incrociate (numerosi esempi su monete); infine in luogo dello Z. si trova anche un anello che incornicia un disco rotondo. Verranno però qui trattati soltanto quei monumenti in cui lo Z. compare in una chiara iconografia.
Nei cosiddetti Globi Zodiacali soltanto la fascia zodiacale è coperta di immagini mentre le restanti parti sono prive di figurazioni o al massimo presentano stelle o altre rappresentazioni che in ogni caso non indicano costellazioni. L'esemplare più importante è il globo di marmo dei Musei Vaticani (Sala dei Busti 341), sulla cui parte anteriore sono raffigurati in bassorilievo varie immagini dello Z., dall'Ariete (in alto) fino ai Pesci (in basso), circondati da 27 stelle a otto punte. Il globo di Arolsen (si ignora dove oggi sia conservato) contiene in una fascia di cm 4,5 di larghezza che lo circonda, le 12 raffigurazioni nell'usuale sequenza - dall'Ariete fino ai Pesci - (da sinistra a destra) ma vi si possono riscontare alcune divergenze dalle immagini più comuni dello Z. (Gemelli, Aquario, Vergine); la calotta superiore è decorata da un'aquila con la folgore, quella inferiore da un fascio di fulmini alato; se è esatto il restauro di un vaso di Ruvo in cui compare Atlante che sorregge il globo (con il Capricorno, l'Aquario ed i Pesci?) allora esso si può considerare il più antico esempio di questo genere (IV sec. a. C.) giacché tutti i restanti esemplari, ivi compresi i due globi citati, appartengono all'età imperiale romana, epoca in cui i globi zodiacali di questo tipo erano usati frequentemente come oggetti ornamentali. Va citato il globo a rilievo (con i Pesci, l'Ariete, il Toro), sorretto dal Genio sulla base della Colonna di Marco Aurelio (Vaticano), ed il globo (con lo Scorpione, l'Ariete, il Toro, cioè con una selezione di segni spiegabile soltanto astrologicamente), posto sotto il busto di Commodo-Ercole (Musei Capitolini).
Molto più numerose le rappresentazioni dello Z. su superfici piane già in età ellenistica testimoniate nei fregi. Gli esempî più antichi (II sec. a. C.) potrebbero essere considerati i frammenti del Sagittario-Scorpione e dell'Ariete-Toro, rinvenuti a Pergamo. L'ipotesi di C. Robert che anche sul grande Altare di Pergamo nel gruppo della Notte e delle Moire, sul lato settentrionale, fossero raffigurate alcune costellazioni, è tutt'ora discutibile. Il fregio della Piccola Metropoli ad Atene, la cui datazione è molto controversa ma che risale certamente al I sec. a. C., presenta assieme ai segni dello Z. quelli dei rispettivi mesi e delle stagioni (mancano l'Aquario ed i Pesci; la Bilancia è raffigurata come la Corona = le chele dello Scorpione). In maniera alquanto diversa compaiono le immagini dello Z. a rilievo, separate da listelli verticali, abbinate al calendario suddiviso in mesi, del cosiddetto Menologium rusticum Colotianum a Napoli: su ogni lato di questo blocco quadrangolare sono elencati di volta in volta 3 mesi in colonne scritte mentre le immagini zodiacali corrono lungo il bordo superiore di ciascun lato. La tabella si adegua alla successione delle raffigurazioni zodiacali scolpite sul monumento, mentre in altri esemplari (per es. Calendario del 354) risulta spostata di una immagine (si adottava per tutto il mese il segno o della prima o della seconda metà del mese romano), e ricorda al tempo stesso le divinità protettrici. Che le immagini zodiacali fossero direttamente usate per indicare i mesi, è testimoniato dal calendario mobile (v. mesi) di Roma, oggi andato perduto; una singolare combinazione di segni presenta il mosaico di Hellin (Spagna orientale) non ancora sufficientemente studiato sotto questo profilo; più frequenti invece i segni del mese senza lo Z., per esempio nel mosaico circolare di Cartagine (v. vol. iv, p. 1045, fig. 1236); a tutte queste fonti risale la combinazione mesi-Z. tanto frequente nel Medioevo. Tra i fregi raffiguranti lo Z. si ricordino ancora le raffigurazioni allineate in file sovrapposte sul frammento di un parapegma in terra sigillata da Rottweil (Stoccarda), le singole figure (Toro, Vergine, Sagittario, Capricorno) del caratteristico fregio dalla Sinagoga di Kefar Bir'im ed il frammento con lo Scorpione di Narbona. Diamo qui una tabella delle corrispondenze.
Tabella
Molto spesso lo Z. è rappresentato come un anello che incornicia una scena. In questo caso l'anello è diviso in tanti riquadri che racchiudono le singole immagini dello Z. orientate secondo il verso del perimetro (raramente secondo il verso del raggio) del cerchio e susseguentisi in senso orario (da sinistra a destra, cioè come viste dall'esterno del globo), o in senso anti-orario (da destra a sinistra, conformemente alla reale sequenza delle immagini viste dalla Terra). La composizione a forma d'anello si prestava particolarmente ad interpretazioni simboliche e religiose, perché lo Z. non solo indicava l'orbita dei pianeti (fra i quali nell'antichità venivano compresi anche il sole e la luna) e simboleggiava tutta la vòlta celeste, ma sottintendeva anche in grandi linee tutti i riferimenti astrali. Questo tipo di composizione risale al I sec. d. C. e perdura tenacemente durante il Medioevo.
Mentre la struttura dello Z. è sempre la medesima e l'iconografia delle parti subisce solo varianti di poco conto, osservando le scene raffigurate al centro del cerchio zodiacale potremo constatare come i temi più svariati vengano accoppiati allo Z. e quanto numerosi siano i tipi del materiale usato. Il circolo zodiacale con al centro la figura di Helios si trova in un mosaico di Münster-Sarnsheim (Bonn), su un medaglione di una tazza calena, su una scodella di Odessa, in alcuni mosaici della tarda antichità da Beth Alpha e Na'aram (Palestina); con al centro Helios e Selene su una moneta alessandrina del II sec. d. C., su una gemma (Firenze) e su uno scudo rotondo di uno dei contorniati riferiti a Traiano (posteriore al 410 d. C.); con al centro i busti dei 7 Pianeti sul soffitto dell'àdyton del tempio di Bēl a Palmira (prima età imperiale), su una moneta alessandrina del VII anno di regno di Antonino Pio e su una gemma (i Pianeti su carri in una gemma di Parigi). Sulla scorta dei motivi che compaiono al centro dello Z. possiamo dunque elencare una serie di divinità, prima fra tutte Zeus Kosmokràtor, tanto più che anche cronologicamente è il primo ad essere testimoniato: monete del II e III sec. d. C., a partire dai conî adrianei, particolarmente importanti gli esemplari di Nicea (Bitinia), Perinto e Tium (ovviamente le gemme di tipo affine risentono l'influenza di raffigurazioni di questo genere). Inoltre al centro del circolo zodiacale compaiono: Zeus ed Hera (moneta da Amastris), Zeus e Serapide (conio alessandrino di Antonino Pio, gemma di Parigi), Serapide e Iside, Artemide (moneta da Tolemaide, Fenicia), Astarte, Pan, Medusa (su monete e gemme; sia detto in linea di massima che per un gran numero di gemme con lo Z. l'attribuzione all'antichità è problematica). Eseguito a rilievo lo Z. circonda la Tyche di Khirbet el Tannūr (ora a Cincinnati: v. vol. v, fig. 440) e diverse scene del culto di Mithra: il Sacrificio del Toro (scene cultuali di Londra e Siscia [Zagabria]; probabilmente vanno integrati in tal senso i frammenti di Catania, Friedberg, Salona, Stockstadt) e la Natività fra le rocce (Treviri, Altbachtal), un motivo che ricompare con lo Z. in forma ellittica sul rilievo di Borcovicium (Housesteads) e sulla lastra del dio Phanes a Modena. Per i frammenti è spesso difficile ricostruire la raffigurazione centrale, come per il frammento di un rilievo rinvenuto nel 1960 a Palmira o i resti dei mosaici di Avenches (Berna) ed Isfyia. Si deve inoltre sempre tener presente che si tratta di una decorazione riservata solo ai bordi, v. ad esempio una tazza sacrificale con Z. (Roma). Un particolare tipo di composizione a cerchio s'incontra nell'Altare di Gabii (Louvre); questo presenta nella parte superiore circolare i busti di 12 divinità che, poiché sono messe in rapporto con i 12 segni zodiacali (che in parte non seguono l'ordine tradizionale) raffigurati lungo il bordo verticale del disco, possono essere interpretate soltanto come le divinità protettrici, le tutelae, dello Z. (cfr. tabella). Un rilievo di Argo (British Museum) testimonia una variante del cerchio zodiacale in cui la scena principale (donna Selene?, 7 stelle = Pianeti) è circondata in basso da figure zodiacali (dalla Bilancia al Sagittario) disposte lungo una retta mentre i restanti segni proseguono verso l'alto formando un arco. Quando l'interno del cerchio era incavato a forma di coppa vi si collocava probabilmente la statuetta di una divinità; questo era certamente il caso dello Z., per altro fortemente restaurato, sorretto da Atlante, di Villa Albani con Zeus, e probabilmente di altri simili esemplari rotondi di Roma (Museo delle Terme) e di Berlino.
Se il cerchio zodiacale dei monumenti finora citati simboleggia in ogni caso almeno lo spazio cosmico, il nesso religioso compare con evidenza anche maggiore nelle scene di Apoteosi, ad esempio nella raffigurazione di ànodos (piuttosto rozza nell'esecuzione) del disco di terracotta di Brindisi (che del resto presenta lo Z. con 11 immagini - senza Bilancia - e risale possibilmente al I sec. a. C.) e nell'Apoteosi di Ercole nel rilievo del lato settentrionale della colonna di Igel (tomba dei Secundini, III sec. d. C.). La concezione della sopravvivenza nelle stelle implicita in queste rappresentazioni, è chiaramente espressa anche nei sarcofagi dove i busti dei defunti sono circondati dallo Z.: sarcofagi delle stagioni (stagioni e Z. sono dunque intimamente connesse anche nell'iconografia) di Dumbarton Oaks (già a Roma, Pal. Barberini), di Pisa e di Sassari (i sarcofagi di questo tipo ma con l'ampio cerchio privo di raffigurazioni potrebbero eventualmente entrare a far parte della tematica zodiacale). Il tipo di composizione risale probabilmente alle corrispondenti raffigurazioni dell'apoteosi dell'imperatore come risulta chiaramente da un frammento di una tavoletta di terracotta a Parigi in cui Traiano è raffigurato come Kosmokràtor e da una gemma con l'apoteosi di un imperatore (Mâcon).
Lo Z. circolare compare comunque anche in raffigurazioni che appartengono alla prassi della vita di ogni giorno. Notevole fra i graffiti dell'Oratorio di S. Felicita (Roma) un calendario (citato più sopra, ora perduto), un "parapegma improprio" (A. Rehm), o un lunario (S. Erikssen); in alto erano rappresentati i busti di 7 pianeti raffigurati come divinità dei giorni della settimana (cominciando da sinistra con Saturno), sotto questi compariva un cerchio con un foro centrale circondato da un anello privo di raffigurazioni ed infine da un largo cerchio zodiacale suddiviso in 12 settori (che iniziava a destra in alto con l'Ariete e procedeva in senso antiorario) in cui a ciascuna immagine era accoppiata la lettera iniziale del suo nome latino [dunque A(ries), T, G, K, (sic!)], mentre lungo il bordo esterno erano praticati fori (3 per ogni settore figurato) per infilarvi un bastoncino che segnasse con precisione le stagioni e le fasi. Al centro di un ben conservato anello a rilievo di una base di Tunisi (Museo del Bardo) si potrebbeprobabilmente immaginare una meridiana. La Tabula Bianchini di Roma (Louvre, cfr. vol. Iv, p. 1040, fig. 1231), definita a volte impropriamente un planisfero, presenta al centro le costellazioni circumpolari (le 2 Orse, il Drago), inoltre 5 anelli: nel primo compaiono i 12 animali del Dodekaoros nel secondo e nel terzo lo Z., ripetuto dunque due volte, una volta forse con riferimento ai mesi e una volta agli anni, nel quarto i Decani e lungo il margine esterno i pianeti come Decanprosopa; la tavola potrebbe essere stata usata come scacchiera astrologica (W. Gundel) o come calendario (Stern), le due interpretazioni non si eschidono necessariamente a vicenda. Possiamo aggiungere ancora le raffigurazioni dello scudo d'Achille con lo Z. di forma circolare in un dipinto di IV stile da Pompei, Reg. ix, ins. 5, 2 (Napoli) con Teti che ammira lo scudo presentatole da Efesto (riteniamo con L. Curtius che il modello della scena risalga al IV sec. a. C.; lo Z., giacché comprende la Bilancia, è stato aggiunto successivamente, forse appena nel I sec. d. C.) - e probabilmente anche i resti di raffigurazioni dal motivo affine (Pompei, Reg. ix, ins. 1, 7), da escludere comunque tutti i restanti monumenti di questo genere; in un frammento ora perduto della Tabula Iliaca di Bologna, dove le immagini zodiacali - al contrario dei dipinti ora citati - erano racchiuse in altrettanti settori (dubbia l'ipotesi che sul frammento capitolino, Sala delle Colombe 83 A, tra il bordo e l'arco esistessero immagini dello Z.). Con diretta rispondenza a questo motivo figurativo lo Z. circolare (dall'Ariete al Leone) si incontra sulla parte visibile dello scudo che compare su un medaglione d'oro di Alessandro il Grande, da Abukir (Berlino), che del resto - se effettivamente assieme allo Z. risale al III sec. a. C. - può essere citato come la più antica raffigurazione dello Z. che ci sia pervenuta. Anche quando è rappresentato in forma di arco di circonferenza - per lo più si tratta di un semicerchio - lo Z. sta ad indicare la vòlta celeste. È usato sia in monumenti a carattere profano: la cornice del fornice dell'arco onorario di Dativius Victor a Magonza (oggi ricostruito), sia religiosi: nel culto di Mithra (v.) è frequente come coronamento della grotta cultuale o dell'immagine sacra (e non soltanto nell'ambito germanico): i rilievi di Heddernheim (Wiesbaden), Osterburken (Karlsruhe), Gross-Krotzenburg, Rückingen (Hanau) e Dura-Europos ed il dipinto (accanto al quale si ravvisano pure i resti di lino Z. più antico) nel Mitreo Barberini (Roma); frammenti con il medesimo motivo provengono per esempio da Dieburg e Roma (Museo delle Terme). In molti mitrei, per esempio quello sotto S. Clemente in Roma, potrebbero anche essere esistiti originariamente. Mentre su tutti i monumenti fin qui citati lo Z. compariva completo, in altri casi. nell'arco era raffigurato soltanto parte dello Z.: si ricordi anzitutto il dittico consolare con l'apoteosi d'un imperatore (probabilmente Costanzo Cloro) a Londra, dove a destra in alto si vedono nell'arco le immagini zodiacali dalla Bilancia ai Pesci; altri esempi sono costituiti da alcuni sarcofagi (con il Giudizio di Paride a Villa Medici, Roma; con Marte e Rhea Silvia a Palazzo Mattei, Roma; di quest'ultimo però è discutibile l'antichità), monete (II sec. d. C.) e gemme (che comunque difficilmente si possono far risalire con sicurezza all'antichità).
Il tipo dello Z. ad anello in cui le immagini erano probabilmente applicate sul lato esterno si può considerare strettamente affine a quello a cerchio e ad arco. Si accompagna spesso alla figura di Aion o a divinità della sua cerchia, che vengono posti al centro dell'anello zodiacale. Siffatti temi in parte non presentano singole figure zodiacali, si vedano il mosaico di Aion ad Antiochia (Casa di Aion: arco), un aureo di Adriano (anello), alcune monete dal II sec. d. C. fino a Costantino o un mosaico di Ostia, in cui sull'anello zodiacale sfilano le Ore. Che in ognuno di questi casi si tratti dello Z. è dimostrato da altri esempi di inequivocabile interpretazione in cui l'anello è visto per lo più di scorcio: i mosaici di Hippo Regius (Bône, con 6 immagini zodiacali) e Sentinum (Monaco, con 12 figure sull'anello, in parte erroneamente integrate), la patera d'argento di Parabiago (Milano, immagini dall'Ariete alla Bilancia, cfr. vol. I, p. 175, fig. 261) e il mosaico di Haidra (Tunisi, Museo del Bardo) riprodotto qui per la prima volta, sul cui anello zodiacale si possono riconoscere le immagini dell'Ariete, del Toro, dei Gemelli, del Cancro. Un anello zodiacale parzialmente visto di scorcio si trova sull'erma di Helios al Louvre, anche questa riprodotta qui per la prima volta.
Il motivo dello Z. a forma di arco, di cerchio o di anello, fu raffigurato anche su oggetti d'uso comune e sulle vesti, per simboleggiare il rapporto tra colui che li portava sulla sua persona ed il cosmo. Infatti lo Z. o parte di esso compare sul balteo, la larga fascia che passava sulla spalla destra e sul petto (del resto in alcuni casi ornato anche di stelle) di un torso (Helios? Apollo?) del Vaticano (Chiaramonti xii, i), sul rilievo della Virtù di Villa Medici (Roma) e su un frammento dell'Antiquarium di Roma. Nelle raffigurazioni dell'Artemide Ephèsia è tipico l'uso dello Z. per caratterizzare la sua veste cosmica: la mantellina era ornata da parecchie immagini zodiacali frammiste a quelle delle Ore: 6 (dal Toro alla Bilancia) sulla statua di Coo, 5 (dall'Ariete al Leone) su statue di Napoli, Roma (Vaticano) e Tuscania; 4 (singolare la scelta: Sagittario, Cancro, Vergine, Leone) a Roma (Mus. Cap., v. vol. i, p. 692, fig. 888); 3 (Ariete, Cancro, Scorpione) a Roma (Museo Torlonia) e a Wilton House; oppure in altri casi è raffigurato soltanto il Cancro - particolarmente popolare a quanto sembra - per esempio sulle statue di Dresda, di Londra, di Marsiglia, di Parigi, di Roma (Villa Albani), e di Verona. A volte le Ore mancano completamente, ad esempio sulla statua di Tripoli che presenta addirittura 9 figure, la statua di Roma (Villa Albani, con la falce lunare e le immagini dall'Ariete al Leone) e quella di Monaco con le figure dal Toro allo Scorpione, esclusa la Bilancia, sul corpetto. Se nel Calendario del 354 il Cesare Gallo († 354) è rappresentato con una veste su cui si possono identificare le immagini zodiacali della Vergine e forse anche dei Pesci e del Capricorno, allora nonostante le notevoli incertezze che gravano su questo monumento (cfr. vol. iv, p. 1040) lo si potrà non solo considerare un pezzo sicuramente antico ma testimonierà anche un altro tipo di veste cosmica.
Distingueremo in due gruppi le immagini zodiacali isolate che ci sono pervenute. Anzitutto si possono raggruppare le figure isolate piò o meno vagamente connesse ad altri simboli dello Z. ma non collegate alle composizioni a cerchio, ad arco, ad anello ecc. di cui abbiamo parlato finora. Ad esempio nella raffigurazione di Mithra di Sidone le 12 immagini dello Z. circondano la scena centrale in ordine sparso. Nella statua di Arles le 12 figure sono scolpite sul corpo di Aion fra le spire del serpente, e sulla statua della Biblioteca Vaticana compaiono l'Ariete e la Bilancia (sul petto), il Cancro ed il Capricorno (sulla coscia). Nel mosaico che ricopre i podi del Mitreo delle Sette Sfere a Ostia, le singole immagini sono allineate in due file ed intervallate da spazi vuoti; a destra, dalla Bilancia ai Pesci (= inverno), a sinistra dall'Ariete alla Vergine (estate). Lungo i bordi del mosaico di Monnus a Treviri correva un fregio con le immagini zodiacali racchiuse entro cornici trapezoidali (conservati soltanto il Leone e resti del Cancro). Singole immagini entro cornici alternativamente esaedriche e circolari, disposte a cerchio, circondano i 7 pianeti (ripetendo il motivo del soffitto di Palmira) sul mosaico di Bir-Chana a Tunisi (Museo del Bardo); mancano i Gemelli ed il Leone mentre la Vergine e l'Aquario sono parzialmente conservati. Un motivo affine (singole figure racchiuse da cornici circolari ed ovali) ricompare negli stucchi, oggi perduti, di un soffitto della Villa Adriana presso Tivoli. Tutte le 12 immagini si incontrano su un icosaedro di Monaco dove 4 figure sono incise addirittura due volte, e su un ornamento d'argento costituito da 12 singoli elementi. Su una dedica in bronzo ad Asklepios (Roma, già Museo Kircheriano) sono raffigurate le immagini del Cancro, dello Scorpione e dei Pesci, su una gemma di Firenze ancora il Cancro, i Pesci, lo Scorpione. Sono state inoltre rinvenute varie figure isolate che certamente dovevano appartenere a gruppi più vasti: i piccoli bronzi di Lüttich (Ariete, Leone, Scorpione, Pesci), le tavolette di piombo di Ostia (Gemelli, Vergine, Leone, Scorpione, Sagittario) ed i rilievi d'argento di Marengo (Ariete, Gemelli, Capricorno, Pesci).
Le immagini a sé stanti formano l'altro gruppo ma le testimonianze sono così copiose che ci limiteremo qui solo a brevi cenni generali. La più antica raffigurazione di una figura zodiacale è probabilmente quella del Toro (insieme alla costellazione di Argo) su un vaso attico di Berlino del V o del IV secolo. Famoso è il Leone della tomba di Antioco I di Commagene, a Nemrud Dagh (Tauro), della prima metà del I sec. a. C. poiché come rappresentazione dell'oroscopo contiene al tempo stesso la Luna ed i pianeti Giove, Marte e Venere (considerati stelle con accanto le denominazioni greche). Il Capricorno, poiché è la costellazione di Augusto, occupa una posizione di rilievo sulla Gemma Augustea di Vienna (nel cui settore inferiore si nota anche lo Scorpione, costellazione sotto cui nacque Tiberio), ed anche altrove questo simbolo compare spesso, per esempio su una pietra tombale recentemente rinvenuta a Oberndorf sul Meno o su un capitello da poco rinvenuto a Puteoli, e così dicasi per un aureus di Vespasiano di Brugg-Vindonissa). Il Cancro oltre che sulla veste di Artemide Ephèsia compare anche - per lo più connesso alla Luna, la cui sede astrologica è nel Cancro - sui rilievi dei sarcofagi con Endimione (per esempio Monaco, Parigi, Roma, Musei Capitolini). Lo Scorpione è l'unica costellazione raffigurata sulla fascia zodiacale del globo del kàntharos di Berthouville a Parigi. Come insegne delle legioni sono testimoniati: l'Ariete, il Toro, il Leone (non sempre di sicura identificazione) ed il Capricorno. Sulle monete infine le singole immagini sono per lo più chiaramente caratterizzate dall'aggiunta d'una stella: Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Scorpione, Sagittario, Aquario, Pesci, ai quali si aggiungono anche la Vergine e l'Ariete ripresi dalle raffigurazioni delle monete alessandrine del II sec. d. C.
5. Cristianesimo. Nella pittura delle catacombe e sui monumenti funebri le stelle hanno sempre rivestito simbolicamente un ruolo di grande importanza, sembra però che le costellazioni vere e proprie non siano state raffigurate. Più volte furono proposte modifiche - che però non ebbero seguito - alla tradizionale simbologia figurativa; i priscillianisti ad esempio volevano sostituire le raffigurazioni zodiacali con i 12 Patriarchi. Reminiscenze di concezioni di questo tipo si possono ravvisare nelle raffigurazioni dei 12 Apostoli accompagnati ciascuno da una o più stelle (sarcofagi a Manosque e Palermo), e forse anche nelle teste degli Apostoli su di una lampada (Ginevra). Interessanti sono anche le descrizioni che Giovanni di Gaza (VI sec.) fa del cielo raffigurato nelle terme invernali della sua città, in cui comparivano figure cristiane e figure greche, e l'immagine dell'Universo, ma con figure diverse, di Cosma Indicopleuste con il sistema circolare dello Zodiaco. Anche se il Cristianesimo ha ripreso le concezioni antiche sulle costellazioni, iconograficamente però la cosa risulta con evidenza solo nei manoscritti medievali (v. paragrafo 8 e tav. a colori).
6. India. Con le stazioni lunari (Nakṣatra) gli Indiani hanno dato il loro caratteristico contributo alla concezione figurativa del cielo; si tratta di una serie di 27 o 28 gruppi di stelle fisse o stelle isolate, situate in vicinanza del cerchio dell'eclittica (per esempio Krttikāh, le "intrecciate" = η Tauri, viste anche in forma di un coltello con 6 stelle). Queste 28 stazioni lunari si diffusero verso occidente: sono testimoniate in età ellenistica nell'ambito medio-iranico e nel bacino del Mediterraneo orientale (probabilmente anche il Dodekaoros và inteso come una trasformazione delle stazioni lunari); vanno almeno ricordate brevemente la loro diffusione nell'Estremo Oriente e la loro concordanza con il cerchio cinese delle stazioni lunari. In Europa giunsero appena durante il Medioevo, principalmente per opera degli Arabi. Quanto allo Z. vero e proprio gli Indiani lo debbono ai Greci, dai quali lo ripresero probabilmente nella prima età imperiale romana; le sue immagini vennero da loro chiamate ràśí, massa (di stelle), ksétra, "segni zodiacali" e simili; le singole denominazioni (come per esempio meṣá = Ariete) sono tradotte in indiano. Nelle epoche successive fino a giungere all'astronomia Tamil, lo Z. rivestì nell'astronomia indiana un ruolo paragonabile a quello dello Z. classico, ma né di esso né delle stazioni lunari esistono raffigurazioni.
7. Arabia. Probabilmente grazie a rapporti diretti con l'ambito cultuale mesopotamico, già anticamente gli Arabi conobbero determinate stelle e alcune immagini zodiacali; a quell'epoca risalgono denominazioni quali al-gawza "che stanno al centro" (più tardi tradotte attaw'aman = Gemelli). Relativamente presto divennero note anche le stazioni lunari indiane. Però lo Z. vero e proprio con i suoi motivi iconografici si diffuse solo nel IX sec. d. C., il periodo in cui furono più intense le ricerche scientifiche degli Arabi, e fu ripreso dal mondo greco (conservando così le denominazioni pre-scientifiche al-hamal, al-asad, al-aqrab per l'Ariete, il Leone, e lo Scorpione). Determinante per la terminologia e per la concezione figurativa divenne il catalogo delle stelle di as-Sufi del X secolo. Non esistono raffigurazioni molto antiche. Il già citato affresco della cupola di Quṣayr ῾Amra del primo periodo islamico (700 d. C. circa), testimonia magistralmente l'assimilazione dell'antica rappresentazione del cielo.
8. I manoscritti medievali sono importanti per la conoscenza delle antiche raffigurazioni di costellazioni. Grazie ad una tenace tradizione figurativa le miniature dei manoscritti - specie quelle delle rielaborazioni latine di Arato (Cicerone, Germanico, Avieno) e delle opere di Igino - ci consentono fin dall'epoca carolingia di farci un'idea delle illustrazioni (perdute) degli antichi "libri" (volumina si citi come esempio il Pap. Eudoxi, Louvre, n. i, del 150 a. C. circa, dove è visibile il cerchio zodiacale ancora senza immagini figurate, ma con leggende [col. 25] - e i codices).
Nelle illustrazioni antiche dei volumi di età imperiale romana comparivano principalmente immagini isolate; per esempio nel manoscritto di Germanico a Leida, Cod. Leidens. Voss. lat.: Q. 79 (sec. IX), su sfondo azzurro carico ed esattamente conformi agli schemi di Tolomeo (v. tavv. a colori); del resto però, come per esempio per l'Aquario (fol. 48v) l'esecuzione è di gran lunga superiore ai semplici schizzi delle illustrazioni astronomiche; s'è fatta perciò l'ipotesi che le figure risalgano ad una edizione di lusso di età augustea (A. W. Byvank) o del IV o V sec. (G. Thiele, E. Bethe). A modelli antichi si ispirano ovviamente anche le raffigurazioni del Cod. 3307 provenienti da Prüm-Eifel, ora a Madrid (sec. IX in W. Neuss); notevoli le immagini della "Phillippicus Klasse" cosiddetta dal Cod. Phillipp., 1830 (sec. IX) di Berlino, mentre i disegni del Cod. A. N., iv, 18 di Basilea (proveniente da Fulda, 8oo circa) sono qualitativamente inferiori. Dei vari simboli del Calendario del 354 si sono conservati soltanto 8 delle 12 figure zodiacali in medaglioni (Cod. Vat. Barb., xxxi, 39, fol. 13, cfr. come modello vol. iv, p. 1040). Inoltre nel tardo Cod. Vat. Gr., 1087 (sec. XV) si sono conservate le immagini più affini alle rappresentazioni ellenistiche (A. Rehm, W Gundel); anche queste testimoniano il tenace perdurare della tradizione figurativa.
Il motivo dello Z. circolare perdura ininterrottamente dall'antichità in poi. Compare per esempio nel manoscritto di Tolomeo di Roma, Cod. Vat. 1291, fol. 9r (v. Tav. a colori, vol. iv, p. 1046) in forma di fascia circolare suddivisa in 12 settori che ricorda le immagini dei mesi, una iconografia che si potrebbe far risalire ad un modello del 300 d. C. circa. In modo alquanto diverso le immagini zodiacali sono collegate con le immagini dei mesi (queste in medaglioni d'oro) sul cerchio che circonda un planetario (Cod. Leidens. Voss. lat., Q. 79, fol. 93v, e similmente a Boulogne sur Mer, Cod. Bonon., 188, fol. 30v). Anche più frequentemente lo Z. compare senza le figure dei mesi, disposto a cerchio attorno ad una scena centrale - spesso si tratta del Sole - per esempio nel Cod. San. Gall., 250, fol. 515r, (sec. IX), salterio di Utrecht, fol. 36r (sec. IX), Cod. Parisin., lat. 7028, fol. 154r (sec. XI) e in epoca più tarda nel Cod. M., d. 2, fol. 42, di Tubinga. Questo Z. a forma di anello divenne nell'alto Medioevo, assieme all'anno, ai mesi, ai pianeti, agli elementi, ecc. una componente essenziale della concezione simbolica dell'Universo e delle sue raffigurazioni (cfr. per esempio il rosone nella cattedrale di Losanna [sec. XIII] o il Cod. di Stuttgart hist. fol. 415, fol. 17v [sec. XII]). Anche l'antico motivo dello Z. a fascia perdura nel Medioevo in particolare nelle raffigurazioni dei globi celesti (sui quali ovviamente è visibile solo una parte dello Z.) per esempio nel Cod. San. Gall., 250, fol. 472 (sec. IX), Cod. Parisin., lat. n. a. 1614, fol. 95v (sec. IX), Cod. Dc., 183, fol. 13 (sec. IX-X) di Dresda.
Per avere una visione unitaria dell'insieme si usavano - forse, già nei libri antichi - i planisferi. Anche se le tavole astronomiche conservatesi risalgono appena all'età carolingia, si collocano comunque sulla scia della tradizione figurativa antica. La più antica raffigurazione della sfera di Arato è testimoniata dal Cod. A. N., iv, 18, fol. i di Basilea (800 circa); lo Z. si presenta con li immagini (senza la Bilancia che è sostituita dalle chele dello Scorpione, come nelle rappresentazioni del cielo nei Fenomeni di Arato, non così nel Germanico) ma è comunque dovuta ad un pessimo copista. Seguono le raffigurazioni dei cieli nel Cod. Monac. Clm., 210, fol. 113v (818 d. C. circa; lo Z. è messo in evidenza da un cerchio) di Monaco, nel Cod. Phillipp., 1830, fol. ii, p. (sec. IX) di Berlino - per quel che riguarda le immagini, certamente il planisfero meglio conservato, in cui le immagini zodiacali sono collegate da un cerchio dell'eclittica - nel manoscritto di Avieno, Cod. Bonon., 188, fol. 20r (sec. X) di Boulogne sur Mer colorato, ed i planisferi strettamente affini del Cod. Bern. 88 (1000 circa) di Berna e nel Cod. Harl., 647, fol. 21v (poco dopo il 1000) di Londra. Si aggiungano ancora le raffigurazioni di emisferi. In queste lo Z. può comparire come cerchio esterno (per esempio Cod. M., d. 2, fol. 323° di Tubinga). È probabile che in epoca carolingia sia stata ideata la suddivisione dello Z. secondo i colori equinoziali in un emisfero settentrionale ed un emisfero meridionale ciascuno con 6 immagini di modo che il polo si sposta dal centro verso la periferia del cerchio, cfr. per esempio gli emisferi nei codici del IX sec. (Vat. Gr., 1291, fol. 2v, 4v; Parisin. lat., n. a. 1614, fol. 81v San Gall., 902; Dresd. Dc., 183, fol. 8v) e in quelli di epoche successive (Cod. Vat. Regin. lat., 1324, fol. 23v; Vat. Gr., 1087, fol. 309v, 310v).
9. Tipologia delle raffigurazioni dell'antico Zodiaco. Ci si riferirà alle raffigurazioni di z. completi pervenuteci, senza stabilire alcun nesso con la tradizione letteraria di astrothesia (come in Ptolem., Synt., 7.8). Poiché sono testimoniate numerose varianti, spiegabili in parte secondo il punto di vista scelto dall'osservatore (sulla sfera concava o sul globo convesso), in parte dovute a differenti concezioni figurative (per es. per il Capricorno), a errori dell'artista o dell'artigiano (per es. in una sequenza errata) oppure inspiegabili, sarà impossibile fare un quadro completo, ma ci si limiterà soltanto all'essenziale.
1. - L'Ariete, reso a figura intera, balza da oriente verso occidente, la testa è girata indietro verso il Toro; in altri monumenti è raffigurato mentre corre o cammina, senza volgersi indietro. A volte ha tra il petto e la vita una cintura o un cerchio (Tabula Bianchini) che probabilmente corrisponde al coluro equinoziale. - 2. - Il Toro, reso a figura intera o per metà (protome) ha la testa bassa e corna imponenti e si volge per solito, contrariamente alle restanti immagini, da O a E, ossia verso i Gemelli (è visto dunque dal retro e presenta i posteriori oppure la mezza figura dalla parte del taglio). È rappresentato stante, in corsa, con la zampa anteriore destra piegata, o adagiato; singolare la testa di toro vista frontalmente (Planisfero di Atene). - 3. - I Gemelli sono raffigurati come giovanetti senza attributi (Disco di Brindisi) con o senza vesti. Poggiano le braccia l'uno sulle spalle dell'altro (sul Globo Farnese logicamente visti di schiena) oppure (a volte) stanno uno di fronte all'altro. Se hanno la lancia e la stella rappresentano i Dioscuri, se hanno la clava, la pelle di leone e la cetra impersonano Ercole e Apollo, con la dava e la lyra sono Anfione e Zeto; possono essere assimilati a Trittolemo e a Giasone e alle divinità di Samotracia. Come uomo e donna sono rappresentati separatamente (Tabula Bianchini, Tavola Daressys, certamente anche nel Calendario del 354 [manca la figura]). - 4. - Il Cancro è raffigurato per lo più come un grande granchio marino (granciporro); la testa e le chele, talora smisuratamente lunghe sul tipo di quelle dello Scorpione, sono rivolte per lo più verso O. - 5. - Il Leone è raffigurato in genere a figura intera, volto da E a O, ossia verso la Vergine ed in direzione contraria all'eclittica, in corsa, raramente in atto di avanzare lentamente (Tondo da Denderah) oppure stante; è visto di profilo, rare volte di fronte. - 6. - La Vergine è raffigurata per lo più adagiata in tutta la sua lunghezza con la testa verso E, abbigliata con lunghe vesti, spesso alata (sul Globo Farnese vista di schiena); raramente è ignuda e accovacciata (Globo Arolsen). Multiformi i suoi attributi: una o più spighe (assimilata a Demetra, a Kore, ecc.), un cestello con frutta, faci (assimilata ad Iside), la bilancia (assimilata a Dike), la spada, il ramoscello, il caduceo; a volte però questi attributi non si possono identificare con esattezza. - 7. - La Bilancia - secondo la concezione antica a volte rappresentata dalle chele dello Scorpione (Disco di Brindisi) è sorretta sporadicamente dalle chele dello Scorpione (Globo Farnese), per lo più però da un portatore o Genio - che a sua volta può essere circondato dalle chele dello Scorpione (soffitto di Palmira) - o da una portatrice talvolta raffigurata dall'immagine zodiacale della Vergine. Più rare le raffigurazioni della Bilancia come oggetto a sé stante, ossia come una bilancia da commerciante con il giogo e i due piatti, librata in aria o stante. - 8. - Lo Scorpione, le cui chele in origine smisuratamente lunghe riempivano lo spazio riservato alla Bilancia (v. sopra), è infine - con le chele rimpicciolite - confinato nel settore dello Z. che gli compete; è raffigurato al naturale salvo determinate varianti e spesso è rappresentato assieme al portatore di serpenti (Ophiuchos). - 9. - Il Sagittario è concepito in tre diversi modi: a) come un centauro barbato che scocca una freccia, talora con due teste e due code, che per lo più corre veloce con panneggi fluttuanti (di qui nasce forse la concezione del Sagittario alato), a volte stante e senza panneggi. b) Come un sileno con due zampe o un satiro con zoccoli e coda equini, nell'atto di scoccare la freccia dall'arco (Globo Farnese), eventualmente a due teste (umana e di sparviero) con una duplice corona, visto di profilo. c) Come un essere astrale dalle sembianze umane (giovinetto sull'Altare di Gabî), spesso addirittura come una figura femminile. - 10. - Il Capricorno è concepito di preferenza come un essere ibrido tra la capra ed il pesce, con la coda di pesce dritta (specie sui monumenti dell'età augustea), con la coda a spire di serpente o con la parte posteriore fatta in modo da non svelare la sua natura di pesce. Più raramente si presenta come uno stambecco o un becco, a volte come un essere mezzo uomo e mezzo capra, cioè come Aigipan. - 11. - L'Aquario è di solito un giovinetto stante ignudo o con un mantello, in alcuni casi con un berretto frigio; versa l'acqua da uno o da due vasi, a volte al di sopra delle sue spalle; è raffigurato in movimento, librato in aria, inginocchiato, mentre procede nell'acqua ed anche giacente (come dio dei fiumi?). Rare le rappresentazioni non antropomorfe come vaso; caratteristica quella composta da due vasi sul Planisfero di Atene con l'acqua che sgorga da un vaso o da entrambi. - 12. - I Pesci hanno per lo più l'aspetto di carpe, le loro bocche (Globo Arolsen) o anche le loro code (Globo Farnese) sono collegate dalla fascia; essi nuotano in direzioni opposte o anche parallelamente uno sopra all'altro per lo più volgendosi i dorsi nel senso della fascia; raramente sono disposti in direzione S-N.
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