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ZOLFO

di Eugenio Mariani - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)
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ZOLFO (XXXV, p. 976; App. II, 11, p. 1137; III, 11, p. 1147)

Eugenio Mariani

Fra i minerali non metallici lo z. ha una posizione di primo piano per l'importanza delle sue applicazioni (acido solforico, solfiti, vulcanizzazione della gomma).

La produzione mondiale di z. nelle varie forme (z. nativo, raffinato, di ricupero, da solfuri, ecc.) si è accresciuta notevolmente raggiungendo 51 milioni di t nel 1974, 52 milioni nel 1976 e nel 1977 quasi 53 milioni. Questa produzione è ripartita nelle varie forme nel modo indicato nella tab. 1.

Sotto la denominazione di z. Frasch s'indica quello che si ottiene direttamente a elevato grado di purezza col sistema omonimo, e si produce principalmente in SUA, Messico, Iraq. Esso costituisce percentualmente una frazione elevata della produzione mondiale.

Lo z. nativo raffinato è quello che proviene da minerali solfiferi più o meno ricchi e si estrae, di solito, per via termica. I paesi maggiori produttori, attualmente, sono URSS e Polonia; in quest'ultimo paese, dove sono state accertate disponibilità dell'ordine dei 100 milioni di t, la produzione è passata dal 1970 al 1977 da circa 400.000 t/anno a oltre 4 milioni di t/anno, in gran parte esportate.

Lo z. di solfuri (piriti) e delle altre forme (gas di arrostimento di minerali di zinco, di rame, di piombo o da recupero da gas di combustione contenenti SO2) è una quantità pressoché costante; la pirite che rappresenta la voce maggiore proviene soprattutto da URSS, Spagna, Italia, Romania, Giappone, ecc.

Particolare importanza ha la quota dovuta a z. di ricupero proveniente dall'utilizzazione dell'H2S che accompagna i gas naturali o è presente nei gas di raffinazione dei petroli (le due fonti contribuiscono in maniera all'incirca uguale). Questa fonte è oggi la più importante, come indicano anche i dati della tab. 1; essa inoltre ha consentito a diversi paesi prima importatori di divenire oggi esportatori di z. (per es. Francia e Canada) e ha consentito ad altri di sopperire largamente ai propri fabbisogni di z. senza ricorrere a importazioni (Germania, Giappone, Iran, SUA). Questa fonte di z. è in costante aumento: in Canada la sua produzione è passata da 2,250 milioni di t nel 1967 a 6,6 milioni di t nel 1976; in Francia da 1,64 milioni di t nel 1965 a 1,82 milioni nel 1977; in SUA da 1,275 milioni di t nel 1965 a 3,5 milioni nel 1977.

Nella tab. 2 la produzione, dal 1960 in poi, è ripartita secondo le varie zone di provenienza; si vede che i maggiori produttori sono SUA, URSS, Canada, Polonia.

Dello z. consumato si calcola che circa l'85 ÷ 90% sia destinato alla preparazione di acido solforico, il rimanente 15 ÷ 10% comprende gli usi diretti (antiparassitario in agricoltura, coloranti, gomma).

Nella tab. 3 sono riportati i principali consumi, percentuali, di z. nel 1976 nei paesi del mondo occidentale. Le previsioni fanno pensare a un consumo di z. nelle varie forme nel 1980 e 1985 rispettivamente di 60 e 73 milioni di t (cfr. tab. 1).

Gl'incrementi di produzione dovrebbero provenire soprattutto dal Medio Oriente (z. di ricupero dall'idrogeno solforato del gas naturale e dei gas di raffineria) e dai paesi del Comecon (soprattutto URSS e Polonia). Negli SUA è prevedibile un maggior ricupero d'idrogeno solforato da gas naturale, mentre per quanto rigurda z. Frasch non sono da prevedere incrementi perché alcuni dei giacimenti in sfruttamento tendono all'esaurimento. Anche le produzioni del Canada non dovrebbero aumentare.

Dai dati che precedono risulta l'importanza del sistema di ricupero dello z. dall'idrogeno solforato; questo è contenuto nel gas naturale e nei gas di raffineria in quantità più o meno piccola (da meno dell'1% ad alcune unità %); in ogni caso esso va separato dai gas che lo contengono con sistemi per via secca o per via umida (cioè facendo passare il gas su uno strato assorbente di materiale solido o attraverso una soluzione acquosa); entrambi i sistemi possono trattenere l'idrogeno solforato trasformandolo direttamente in z. o rimettendolo in libertà come gas ricco in idrogeno solforato.

Fra i sistemi che trattengono l'idrogeno solforato e lo ossidano direttamente a z. si possono ricordare quello per via secca, analogo al metodo usato per desolforare il gas di distillazione del carbon fossile (cfr. XVI, p. 419), e specialmente quelli per via umida basati sull'uso di soluzioni assorbenti a base di sale sodico dell'acido antrachinondisolfonico (processo Stratford), di politionato ammonico (processo Feld), di arsenito e arseniato alcalino (processo Gianmarco -Vetrocoke).

Il gas da trattare si lava in una torre con una delle soluzioni sopra citate la quale trattiene l'idrogeno solforato; la soluzione passa in una seconda torre, di ossidazione, dove incontra una corrente d'aria che rigenera la soluzione mentre libera zolfo.

I sistemi che trattengono l'idrogeno solforato e lo rimettono in libertà in forma concentrata si basano sul lavaggio del gas con soluzioni capaci di fissare l'idrogeno solforato sotto forma di composti labili che per debole riscaldamento si decompongono rigenerando la soluzione e rimettendo in libertà l'idrogeno solforato; possono essere costituite da soluzioni acquose di ammoniaca, di fosfato potassico (processo Shell), di amminoacidi (processo Alkazid), di fenato sodico (processo Koppers), di etanolammine (processo Girbotol).

Dall'idrogeno solforato rimesso in libertà in forma concentrata si passa poi a z. attraverso la reazione di ossidazione parziale proposta da Claus fino dal 1880 circa:

che deve avvenire a bassa temperatura (≈ 300 °C) in presenza di catalizzatore (bauxite, ecc.). La reazione è esotermica e per evitare che il calore sviluppato innalzi troppo la temperatura del catalizzatore (ciò che porta a rendimenti sfavorevoli) occorre far passare sul catalizzatore il gas con velocità limitata. Per poter far reagire volumi maggiori di gas la reazione [1] è stata suddivisa nelle due:

la cui somma dà appunto la reazione [1]; però la reazione [2], che è quella che sviluppa maggior calore, si fa avvenire in una caldaia ricuperando gran parte del calore di reazione; i gas che si formano, raffreddati, si mescolano con altro idrogeno solforato per dare la reazione [3] a contatto del catalizzatore che questa volta può essere attraversato dai gas a elevata velocità data la debole esotermicità della reazione [3].

Secondo realizzazioni più recenti si fa bruciare l'idrogeno solforato con l'aria stechiometrica richiesta dalla reazione [1]; solo una parte dell'idrogeno solforato trova l'aria necessaria per bruciare secondo la reazione [2]; i gas dopo parziale raffreddamento attraversano un reattore catalitico dove la trasformazione in z. avviene in maniera pressoché completa in base alla reazione [3].

Z. può essere ottenuto dai gas di scarico di centrali termoelettriche, o simili, dove si bruciano forti quantitativi di combustibili solidi o liquidi che sempre contengono z. il quale compare nei gas di scarico sotto forma di anidride solforosa, SO2. Si hanno vari sistemi per ricuperarla, per es. il lavaggio con soluzioni alcaline. Dati i forti quantitativi di gas da trattare, la loro temperatura piuttosto alta, la bassa concentrazione in anidride solforosa, il ricupero di questa presenta diverse difficoltà tecnico-economiche; inoltre l'anidride solforosa eventualmente ricuperata si preferisce usarla per produrre direttamente acido solforico anziché trasformarla in zolfo.

Mentre fino a pochi anni fa lo z. veniva spedito allo stato solido, in pezzi o in polvere, oggi molto di esso viene convogliato allo stato fuso attraverso condotti riscaldati, sia a vapore sia elettricamente; si sfrutta la proprietà dello z. di presentare, allo stato fuso, un minimo di viscosità in corrispondenza di 155 ÷ 160 °C. Per trasporti a più grande distanza si usano anche autocisterne o navi cisterna con serbatoi riscaldati, dove lo z. viene introdotto allo stato fuso, in partenza, e così viene estratto all'arrivo. In qualche caso oggi, quando si deve trasportare lo z. in polvere, si preferisce agglomerarlo in piccole sferette (spruzzando lo z. fuso in ambiente freddo) perché così si riducono le perdite dovute allo sviluppo di polvere.

L'Italia, che per molti anni è stata esportatrice di z., oggi importa quasi tutto lo z. elementare consumato; infatti le miniere di z. sono state quasi tutte chiuse per accordi comunitari; ne rimangono in esercizio solo alcune in Sicilia, oltre al deposito di orgine vulcanica nei pressi di Aprilia e a pochi impianti di z. di ricupero presso raffinerie di petrolio.

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