ZUCCARI, Ottaviano, Taddeo e Federico
Pittori, oriundi da S. Angelo in Vado (Marche). Ottaviano, mediocre artista (un suo affresco del 1555 si vede nella parrocchiale di Candelara), fu padre a Taddeo (1529-1566) e a Federico (1542-43-1609), che tennero il campo della pittura manierista ed eclettica. Taddeo sentì segnatamente il Correggio, Raffaello, Michelangelo e la pittura umbra. Le sue opere accusano facilità inventiva, ma senza particolari accenti d'originalità; hanno composizioni affollate che gravitano troppo sui primi piani, anche per lo scarso lontanare di fabbriche e paesi di sfondo; un organismo cromatico tipico ma non avvincente; tipi talvolta caratteristici benché irradianti scarsa simpatia umana. Nel 1551 egli cominciò la decorazione della villa di papa Giulio a Roma, con la collaborazione del fratello, la quale, se si verificò fin dall'inizio del lavoro, obbliga ad anticipare la data di nascita comunemente accettata per lui; quindi condusse con l'aiuto di Federico, del Tempesta e di altri artisti la vasta ornamentazione della Villa dei Farnese a Caprarola, nella quale gli spiriti dell'arte sua notevolmente si rianimano. Lavorò poi nella Sala Regia in Vaticano, in S. Marcello al Corso (storie di S. Paolo) e nella chiesa della Trinità dei Monti a Roma.
Federico svolse un'attività anche più brillante. Egli avviò le formule manieristiche alla luce dell'arte del Veronese e dei Bassano. Le sue composizioni hanno una salda e chiara architettura che non turba la loro facilità decorativa, spesso anche non comuni schemi e vasti scenarî; rivelano inoltre brio decorativo, senso di misura, talvolta gusto della tavolozza. Lavorò a Firenze eseguendo l'ampio affresco del Giudizio Universale nella cupola di S. Maria del Fiore, che non giova al suo nome, a Roma (Sala Regia e Cappella Paolina in Vaticano) a Venezia nel Palazzo Ducale (Sala del Maggior Consiglio: Il Barbarossa prostrato dinanzi al papa), in Spagna, dove stette dal 1583 al 1585, in Olanda, in Inghilterra. A Roma fondò l'Accademia di S. Luca, e la ospitò nella casa da lui bizzarramente architettata e vagamente decorata in via Gregoriana a Trinità dei Monti. Scrisse varî trattati sull'arte.
V. tavv. CLVII e CLVIII.
Bibl.: G.Vasari, Le Vite, ed. Milanesi, VII, Firenze 1881; H. Voss, Die Malerei der Spätrenaissance in Rom und Florenz, Berlino 1920; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, v, Milano 1932, cap. 4° W. Körte, Der Palazzo Z. in Rom, Lipsia 1935; C. Aru, in Rassegna Marchigiana, XI (1933).