zucchero
Energia e dolcezza
Che vita sarebbe senza zucchero? Eppure fino all’Ottocento gran parte della popolazione non conosceva che il miele. Lo zucchero è un’importante fonte di energia per l’organismo: estratto dalla barbabietola o dalla canna, oggi è una merce di primaria importanza negli scambi internazionali e nell’economia dei paesi industrializzati e del Terzo Mondo
Il termine generico di zucchero si riferisce a un particolare glicide, o carboidrato, che è contenuto nel succo di molti vegetali ma principalmente in quello della canna e della barbabietola: il saccarosio. È un disaccaride – i glicidi sono detti anche saccaridi – perché la sua molecola è formata da quelle di altri due saccaridi: glucosio e fruttosio. Come alimento è un’importante fonte di energia poiché l’organismo lo scinde nei due saccaridi semplici, che vengono rapidamente ossidati durante il metabolismo con produzione di energia, acqua e anidride carbonica. Ed è perciò che questi glicidi sono consigliati per gli atleti, per gli anziani e per i bambini. La concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia) è regolata dall’ormone insulina prodotto dal pancreas, la cui carenza porta al diabete.
In commercio si trova lo zucchero bianco – raffinato –, lo zucchero grezzo – semiraffinato, di colore bruno per la presenza di melassa –, lo zucchero integrale – ancora più scuro, non sbiancato chimicamente.
Per molti secoli lo zucchero è stato una rarità. In Europa il dolcificante tradizionale è stato il miele fin oltre il Medioevo, mentre in Oriente lo zucchero – estratto allora soltanto dalla canna – era conosciuto fin da tempi antichi. La canna da zucchero venne introdotta nel bacino del Mediterraneo dagli Arabi; con la scoperta dell’America la pianta fu esportata nelle Antille dove il clima era più adatto alla sua coltivazione, che avveniva sfruttando il lavoro degli schiavi.
Adoperato per lo più in medicina, come spezia e come conservante, per il suo elevato costo era usato con estrema parsimonia da famiglie reali, nobiltà e curia, che a volte lo lasciavano in eredità come un bene tra i più preziosi. Nel 16° secolo era impiegato anche come sontuosa decorazione – si racconta di colossali dolci di zucchero realizzati da Gian Lorenzo Bernini per l’aristocrazia pontificia. Quando nell’Ottocento lo zucchero divenne più economico, crebbe la sua importanza alimentare e diventò un affare redditizio per i mercanti.
Nel 1747 il chimico tedesco Andreas Marggraf scoprì che si poteva estrarre lo zucchero anche dalla barbabietola. L’idea non ebbe una vasta applicazione industriale fino al 1806, quando con il blocco continentale Napoleone Bonaparte proibì il commercio con gli Inglesi – e quindi anche l’importazione dello zucchero di canna – e ordinò la coltivazione della barbabietola. Per tutto l’Ottocento la Francia rimase il principale produttore di zucchero da barbabietola, superata in seguito dalla Germania. In Italia gli zuccherifici si diffusero solamente alla fine dell’Ottocento, e inizialmente puntarono più alla raffinazione di zucchero importato che alla coltivazione delle barbabietole.
Oggi circa il 70% dello zucchero proviene dalla canna. I maggiori produttori di zucchero (canna o barbabietola) sono Brasile, Unione Europea, India e Cina. Attualmente in Europa lo zucchero è prodotto in tutti gli Stati membri – con eccezione del Lussemburgo – con quote maggiori per Francia e Germania seguite da Italia, Polonia e Gran Bretagna.
Per limitare le calorie fornite dallo zucchero e la sua capacità di favorire la carie dentaria, sono stati prodotti dolcificanti a basso contenuto calorico e non dannosi per i denti. L’utilizzo di sostituti dello zucchero nella fabbricazione di alimenti è stato regolato dal Parlamento europeo nel 1994. Gli edulcoranti sono divisi in due categorie: gli intensivi (aspartame, ciclammato e saccarina) e i polioli (sorbitolo, mannitolo, xilitolo). I primi si trovano perlopiù nei prodotti dietetici mentre i secondi nelle gomme da masticare e nelle caramelle senza zucchero. Poiché sono assimilati agli additivi alimentari, per gli edulcoranti intensivi è stata stabilita una dose massima consigliata, tuttavia anche l’eccessivo consumo di polioli può causare effetti collaterali.