ZUCCHERO (XXXV, p. 1033; App. II, 11, p. 1142; III, 11, p. 1149)
Produzione mondiale dello zucchero. - Dopo la notevole espansione della produzione saccarifera mondiale registrata negli anni Cinquanta (la produzione del 1959 risultava essere circa il doppio di quella del 1948) si è assistito, nel corso del periodo 1960-1978, a un ulteriore aumento quantitativo dell'ordine del 59% circa, sostenuto dal vivace accrescimento della domanda, specie nei paesi a economia avanzata dove i rapidi incrementi di reddito hanno contribuito al miglioramento del tenore di vita e quindi della razione alimentare.
La produzione totale di z. è stata di 105,1 milioni di t nel 1978. La produzione di z. da canna si è accresciuta più rapidamente di quella di z. da barbabietola. Tale fenomeno trova la sua logica nella maggiore competitività dello z. da canna: la barbabietola fornisce un prodotto piuttosto costoso, considerato sia il più basso tenore zuccherino che le numerose operazioni colturali richieste e la conseguente incidenza del costo del lavoro notevolmente elevato nell'area geografica di diffusione. Del resto la politica protezionistica, generalmente perseguita dai paesi produttori di z. da barbabietola, oltre che quella di contingentamento della produzione, adottata dai principali paesi produttori di z. da canna, ha fatto sì che il divario quantitativo tra le due produzioni non risultasse ancor più sensibile.
Ne consegue che i maggiori incrementi di produzione sono stati realizzati in quelle aree geografiche ove predomina la coltura della canna, e che perciò risultano alterati a vantaggio di queste ultime i rapporti di partecipazione alla produzione mondiale. È infatti aumentata la quota di produzione asiatica (1960: 23,6; 1974: 30,7%), africana (1960: 3,8%; 1974: 6,1%), e dell'Oceania (1960: 2,5%, 1974: 3,5%) mentre risulta ridotto l'apporto relativo dell'Europa (1960: 23,3%; 1974: 16,8%), delle Americhe (1960: 37,5%; 1974 34,2%) e dell'URSS (1960: 9,3%; 1974: 8,7%).
Considerando anche lo z. non centrifugato, principale produttore mondiale risulta l'India che ha realizzato un incremento di produzione, dal 1962 al 1974, di oltre il 42%. Tuttavia, escludendo lo z. non centrifugato, principale produttore risulta il Brasile che, con un incremento pari al 109%, nel periodo 1960-74, ha superato la tradizionale supremazia produttiva di Cuba, la quale, con un quantitativo pressoché pari a quello del 1960, occupa il secondo posto nella graduatoria mondiale dei paesi produttori. Da segnalare, infine, i notevoli progressi conseguiti dalla produzione saccarifera messicana, argentina, filippina, sudafricana e australiana, che in media hanno raddoppiato il quantitativo prodotto.
Commercio mondiale dello zucchero. - Il commercio mondiale dello z. (tab. 1) ha registrato un notevole incremento (la quantità media annualmente commerciata negli anni 1960-77 è stata del 50% circa superiore a quella degli anni 1948-59) conservando in sostanza le stesse caratteristiche assunte nel passato: gli scambi commerciali di z. da barbabietola hanno avuto una diffusione prevalentemente europea mentre lo z. da canna, oltre alla commercializzazione locale, ha alimentato flussi transcontinentali. Principale esportatore mondiale, con quantitativi stabili e non dissimili dalla media 1950-59, si è confermata Cuba che da sola copre circa un quarto del commercio d'esportazione. Notevolissimi gl'incrementi registrati dall'esportazione brasiliana e in minor misura da quella australiana, filippina e francese. Dal lato dell'importazione le quote più rilevanti sono state assorbite dai paesi a economia avanzata: SUA, Giappone, Regno Unito e URSS rappresentano da soli oltre il 51% dell'intero commercio d'importazione.
Produzione saccarifera italiana. - La produzione italiana di z. (tab. 2), per intero di origine bieticola, ha subito fasi alterne legate a vari fenomeni concomitanti i cui termini possono essere tuttavia ridotti ai seguenti nodi: mancanza di concorrenzialità, sul mercato mondiale, dello z. da barbabietola nei confronti dello z. da canna; mancanza di concorrenzialità della produzione bieticola italiana nei confronti delle analoghe coltivazioni europee; sottoutilizzo e mancanza di concorrenzialità dell'industria saccarifera italiana; aumento notevole e poco previsto dei consumi interni.
Nel 1960, grazie alla continua espansione della superficie destinata alla bieticoltura e ai notevoli incrementi di produzione saccarifera, si erano costituite delle enormi giacenze di z. che avevano provocato il crollo del relativo prezzo. Per farvi fronte venne introdotto il contingentamento della produzione di bietole la cui coltivazione si ridusse tuttavia al di sotto del previsto per le difficoltà di remunerazione dei capitali investiti. L'aumento del consumo e l'esaurimento delle scorte determinarono di conseguenza un forte aumento delle importazioni. Come rimedio gli appositi organismi ministeriali, negli anni 1964 e 1965, rivalutarono a più riprese i prezzi amministrati, sicché la coltura e la produzione poté di nuovo espandersi, fino ai livelli già raggiunti negli anni 1959 e 1960, con conseguente contrazione delle importazioni. Tuttavia con il 1966 ha preso l'avvio la regolamentazione comunitaria della produzione bieticola e saccarifera, fondata prevalentemente sul principio del prezzo unico nell'ambito della CEE (in tutti i paesi membri, e più marcatamente in Italia, erano in vigore norme protezionistiche) con l'eccezione dell'Italia alla quale veniva accordata una proroga che consentisse il recupero del ritardo rispetto agli altri paesi membri. Infatti le condizioni del mercato agricolo italiano erano tali che la remuneratività della coltura e della produzione di z. non sempre si era mantenuta all'altezza dei crescenti costi di produzione, soprattutto del lavoro, attraverso un aumento della produttività che risultava assai più elevata nei paesi partners. Ne è conseguito un nuovo perdurante ridimensionamento che, connesso al massiccio aumento della domanda interna, ha determinato un deficit commerciale di proporzioni notevoli (tab. 3), quasi per intero colmato dalle produzioni saccarifere francese e della Rep. Fed. di Germania.
Le difficoltà accennate hanno contribuito a una diversa distribuzione territoriale della bieticoltura e di conseguenza dell'attività industriale saccarifera. Il ridimensionamento ha colpito in via prioritaria quelle aree ove condizioni ambientali poco favorevoli e strutture agricole inadeguate rendevano marginale la produzione. L'attività saccarifera italiana, che già alla fine degli anni Cinquanta risultava abbastanza concentrata territorialmente, ha esaltato nel corso degli ultimi anni tale caratteristica per cui nel 1974 la sola regione Emilia-Romagna ha coperto oltre il 54% della produzione nazionale. Notevolmente contratto risulta l'apporto quantitativo della regione veneta, che pur resta il secondo per importanza, dove per le favorevoli condizioni ambientali la coltivazione di bietole è stata sostituita dalla maiscoltura meglio incentivata dalla Comunità Europea. In generale ridimensionamento appare inoltre la produzione nella totalità delle regioni meridionali e segnatamente nella Calabria, dove la produzione nel 1974 si era ridotta ad appena un quinto di quella avutasi nel 1960.