a2
a2 prep. [lat. ad] (radd. sint.). – Si fonde con l’articolo dando luogo alle preposizioni articolate al, allo, alla, ai (a’ nella forma tronca), agli, alle; davanti a parola che comincia con la vocale a (più raramente con altre vocali) può assumere, almeno nello scritto, la forma eufonica ad: passiamo ad altro, dare ad intendere, ad onor del vero; seguita da parola con consonante scempia iniziale ne produce, conforme all’etimologia, il rafforzamento fonetico, espresso dall’ortografia nelle parole composte (es. appena), altrimenti sottinteso (per es. a casa ‹a kkàsa›); nell’italiano ant. non rafforzava se apostrofata (a’, per ai): a’ tuoi amici, a’ vostri parenti. Esprime relazioni molteplici e introduce perciò varî complementi, di cui ci limitiamo a ricordare i più importanti. 1. Serve a determinare il punto in direzione del quale si svolge un’azione o un movimento, sia reale, sia figurato. Indica cioè: a. Moto verso luogo o verso persona o cosa: tutti i fiumi vanno al mare; andare alla stazione, all’ufficio, al mercato; presentarsi al direttore; andare o mettersi a tavola; avere un invito a pranzo, a cena; per il movimento fig.: prolungare all’infinito; venire alla conclusione, giungere a un accordo; scendere a patti, a compromessi; avviamento alla filosofia; introduzione allo studio dei classici; condannare a morte, all’ergastolo, e analogam. a due anni di carcere, ecc. In poesia, come sinon. (ma più suggestivo e sfumato) della prep. verso: «Mirando il cielo, ed ascoltando il canto Della rana rimota alla campagna» (Leopardi); o ancora: «il sereno Rompe là da ponente alla montagna» (Leopardi). In matematica: nove alla quarta, abbreviazione per nove elevato alla quarta potenza (in simbolo: 94). Talora si ha ellissi del verbo, come nelle locuzioni a me!, a noi!, alla malora!, al ladro!, al diavolo!, all’armi!, al fuoco! e sim., sottintendendo andare, venire, dare addosso e sim. b. Destinazione, scopo, vantaggio: destinato a grandi imprese; nato a grandi fortune; dire a propria discolpa; dannoso al fegato; utile alla salute; bere, brindare alla salute di qualcuno (e, sottintendendo il verbo: alla salute!); inclinazione, attitudine: tendenza all’ozio, allo studio; aspirazione alla virtù; portato alla contemplazione; abile al servizio militare; assegnazione a un compito, a un ufficio, a una funzione (con valore anche di compl. predicativo): eleggere, chiamare a giudice. c. Termine: donare ai poveri; dar da mangiare agli affamati; consegnare al fattorino. d. Contrapposta alla preposizione da, indica passaggio da un luogo a un altro, da una condizione a un’altra: trasferito da Roma a Bari; promosso da colonnello a generale, dalla seconda alla terza liceale; contare da cento a mille; da servitore a padrone. 2. Con verbi di quiete indica soprattutto stato in luogo, residenza, situazione nello spazio: abita alla periferia della città; è domiciliato a Torino; è impiegato all’Ufficio del catasto; a cinque chilometri da Napoli; a due miglia di distanza; a lato, a fianco; trovarsi insieme a una festa; al principio, alla fine di un discorso, di un capitolo, di una riunione, ecc.; in altri casi, prossimità o ubicazione: ponte a S. Trìnita, magazzini al Corso; Praia a Mare, San Vito al Tagliamento. Con diverso sign., ma con simile funzione distintiva, in denominazioni di locali pubblici: un’osteria all’insegna del «Gallo d’oro»; (ristorante) Al Cavallino. 3. Introduce complementi di tempo più o meno determinato: al mattino, alla sera (anche la mattina, la sera); a notte inoltrata; alle due, alle cinque; a Natale, a Pasqua; a colazione, ai pasti; al sabato (= ogni sabato); e per indicare l’età: s’è sposato a quarant’anni; è stato svezzato a quattro mesi; in locuz. particolari: ieri a otto, domani a otto; verremo tutti domenica a quindici. 4. Altre relazioni: a. Causa: al rumore si svegliò; a quelle parole pianse; riconoscibile al gesto, all’accento. b. Strumento, mezzo, anche estens.: andare a piedi, a cavallo; barca a remi, a vela, a motore; mulino a vento; fatto a mano, a macchina; giocare a carte, ai dadi, al pallone o a pallone (per estens.: giocare al calcio o a calcio, al tennis e più spesso a tennis; vincere alla lotteria, perdere alle corse); al clarinetto, Sam «Sleepy» Washington! Al banjo, Oscar Delaguerra! Alla tromba, Tim Tooney! (Alessandro Baricco); fare alle o a fucilate, ai pugni o a pugni; e similmente: fare a chi le dice più grosse, a chi l’indovina, a chi arriva prima, ecc. Dal sign. di mezzo a quello di situazione, condizione: osservare una stoffa alla luce del sole; passeggiare al chiaro di luna; lavorare al lume di candela (anche in espressioni fig.: agire alla luce del sole, regolarsi a lume di naso); e quasi al sign. di modo: prendere a calci, a male parole; andare avanti a spintoni, ecc. c. Modo, maniera: camminare a occhi bassi; suonare a orecchio; vendere a contanti, acquistare a credito (e, come compl. di qualità: camicia a righe); anche per indicare forma di governo: reggersi a monarchia, a repubblica; similmente, per indicare peso, misura, prezzo, velocità: vendere all’ingrosso, al minuto; comprare a buon prezzo, a due euro l’etto; raccogliere l’uva a quintali, far quattrini a palate; viaggiare a cento chilometri l’ora, ecc. Soprattutto frequente in locuzioni avv.: a caso, a fatica, a capofitto, a precipizio; a tutto spiano; e con prep. articolata: alla cieca, alla carlona; anche per qualificare una moda, uno stile, un costume: ragionare all’antica, vestire all’americana, filare all’inglese, pagare alla romana; e con nomi proprî: alla Pompadour, alla Luigi XIV (sottintendendo alla moda, all’uso di); nel linguaggio gastronomico: risotto alla marinara, spinaci all’agro, bistecca alla fiorentina o alla Bismarck, pizza alla napoletana, carciofi alla giudia; spaghetti al burro, gelato alla crema, uova al tegame, bistecca ai ferri, pollo allo spiedo, ecc. d. Ordine distributivo: a due a due, a tre a tre; quindi anche continuità: a goccia a goccia, a passo a passo, a grado a grado, ad ora ad ora; o contiguità: faccia a faccia, viso a viso. e. Relazione o limitazione: star bene a soldi, a roba, a viveri; bello all’aspetto; essere coraggioso a parole; a mio, a suo parere; a nostro giudizio. 5. Seguita da verbi all’infinito, introduce proposizioni: finali (o che comunque contengono un’idea di moto, proprio o fig.): Fatti non foste a viver come bruti (Dante); mandare a studiare, a lavorare; dare a copiare una lettera, dare un abito a lavare; dare a credere, darla ad intendere; causali: ho fatto male a dargli retta; condizionali: a volere esser giusti, ...; a dire il vero, ...; a sentir lui, ...; a pensarci prima, non ci sarei andato; temporali: al vederlo, al sentirgli dire ciò (e spec. con infiniti sostantivati: all’uscire dalla chiesa, al suo primo apparire, al sorgere o al calar del sole). È com., in dipendenza da verbi come cominciare e sim., per indicare azioni incipienti o imminenti: cominciare a parlare, mettersi a lavorare (e analogam. al lavoro), accingersi a partire (o alla partenza); e in dipendenza da continuare e sim., per esprimere persistenza: continuò a chiacchierare, seguitava a dar noia. In parecchi casi, esprime rapporti che sono più tipici della prep. da: sottrarre al pericolo; strappare alla morte; attingere acqua al pozzo; con valore di compl. d’agente, spec. in dipendenza dai verbi fare e lasciare, in frasi come far cucire un vestito al sarto, far fare a qualcuno brutta figura, lasciar fare agli altri, ecc.; quest’uso fu molto più frequente, e anche più largo, nella lingua antica: Sentendo fender l’aere a le verdi ali (Dante); la fa uccidere e mangiare a’ lupi (Boccaccio); quel giusto Greco ch’ingiustamente fu accusato di impietà a l’ingrato popolo ateniese (T. Tasso). 6. Si unisce comunem. ad avverbî che esprimono posizione o prossimità, per formare prep. composte (o locuz. prepositive): sopra e sotto a, davanti e dietro a, vicino a, ecc.; ad aggettivi e locuzioni che esprimono o sottintendono una comparazione: simile, uguale a, in confronto e in paragone a; ed entra come elemento connettivo di numerose locuzioni sia avverbiali sia d’altra funzione e significato (oltre a quelle modali già indicate al precedente n. 4 c): tutto è andato a meraviglia; a patto, a condizione di, a forza o a furia di, a dispetto di, ecc. 7. Con valore pleonastico (o apparentemente tale), nell’uso fam. e region. merid., soprattutto in alcune esclamazioni (beato a te!; poveretti a noi!) e davanti a un infinito retto da altro verbo: che non vi senta più a bisticciare tra voi; e intanto mi tocca a andar con lui! (Manzoni); infuriava il colera, e il duca, per non sentirne a parlare, s’era fatto taciturno e solitario (F. De Sanctis); ebbi desiderio di uscire sul pianerottolo, di guardarlo a scendere le scale (Deledda).
◆ Di norma, i pronomi cui e loro, in funzione di compl. di termine, non sono preceduti dalla prep.: dite loro; Voi cui Fortuna ha posto in mano il freno (Petrarca); ma nella lingua corrente, anche scritta, è com. l’uso con prep.: a loro ci penso io; è la persona a cui voglio più bene. Raramente, e solo nell’uso ant., si trova lui in funzione di dativo senza prep.: Rispuos’io lui con vergognosa fronte (Dante).
◆ Davanti a verbi all’infinito, in antichi testi si trova omessa (rispetto a quello che è il normale uso odierno) la prep. a, spec. davanti a parola con a- iniziale, e in dipendenza dal verbo aiutare: cominciarono i cittadini accusare l’un l’altro (Compagni); aiutano governare quello regno (Machiavelli).