ablativo2
ablativo2 agg. e s. m. [dal lat. ablativus (casus), der. di ablatus, part. pass. di auferre «portare via»; cfr. il gr. ἀϕαιρετικός]. – 1. Caso della declinazione latina, che nell’ordine dei paradigmi flessionali fu collocato dai grammatici antichi al sesto posto (donde l’altro nome ch’esso ebbe di sextus casus). Sintatticamente, l’ablativo latino esprimeva molteplici relazioni (spesso con l’aiuto di preposizioni quali ab, cum, de, ex, in, prae, pro, sine, sub, ecc.); tra le più frequenti, lo stato in luogo e il moto da luogo, il tempo, il mezzo, il modo, la compagnia, il difetto e l’abbondanza, la materia, la limitazione. In età moderna la denominazione è stata estesa dai linguisti occidentali anche a casi di altre lingue indoeuropee, aventi funzione simile all’ablativo latino e morfemi almeno in parte affini a quelli utilizzati dal latino per questo caso: si parla perciò di un ablativo anche, ad es., per il sanscrito, e per l’indoeuropeo ricostruito. 2. A. assoluto: costrutto proprio della sintassi latina con cui vengono espressi alcuni tipi di prop. subordinate (temporali, causali, concessive, ipotetiche), quando siano o possano essere sciolte da ogni legame sintattico diretto con la prop. reggente. In esso il soggetto e il predicato, che è un participio oppure un sostantivo o un aggettivo, vengono posti nel caso ablativo; per es.: confecto punico bello secundo ... (terminata la seconda guerra punica); adhuc eo loquente ... (mentre egli parlava ancora); Cicerone consule ... (durante il consolato di Cicerone); me invito ... (contro la mia volontà), ecc. La costruzione latina dell’ablativo assoluto è simile a quella del genitivo assoluto in greco.