addio
addìo interiez. e s. m. [dalla locuz. a Dio, sottint. «ti raccomando» o sim.]. – 1. interiez. a. Forma di saluto usata per accomiatarsi definitivamente: a. e buon viaggio; a. a tutti!; Addio, mia bella, addio, inizio dell’inno «Addio del volontario» di C. A. Bosi da lui composto nel 1848, un tempo molto popolare, e ripetuto, con tono scherzoso, ancora oggi; ormai disus. come congedo epistolare: a. di cuore; termino con un cordiale a.; rafforzato: addio addio; addio, mille volte addio. Oggi è usato generalmente tra persone che si danno del tu; non sempre così in passato. Può essere rivolto talora anche a esseri inanimati che si lascino con rammarico o per lungo tempo: A., monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo (Manzoni); Addio, cipressi! addio, dolce mio piano! (Carducci). Solo in Toscana si adopera anche col sign. di «arrivederci»: a. a più tardi; a. a domani; a. a presto; talora si insiste sulla differenza: non ti dico a., ma arrivederci; a. si dice a chi muore (spec. per esprimere, a chi parte, la speranza di rivederlo). Locuzioni: dire a. a qualcuno, salutarlo nel separarsene: Era già l’ora che volge il disio Ai navicanti ... Lo dì c’han detto ai dolci amici a. (Dante); andarsene senza neanche dire a., senza salutare, in modo brusco o villano; dire a. per l’ultima volta, a chi muore o, da parte di chi muore, ai superstiti; dire a. alla propria casa, al proprio paese, allontanarsene; dire a. al mondo, ai piaceri, ai divertimenti, al quieto vivere, ecc., rinunciarci, non pensarci più; e di cosa ormai trascorsa: è da tempo che ho detto a. alla giovinezza. b. In qualche caso esprime rimpianto per cosa che si considera perduta: a. le mie fatiche!; a. pace in famiglia; con questo fracasso, a. sonno; anche assol.: se non riesco questa volta, a.! (è finita, non ci riesco più); con altro senso: rispondigli di no, e a. (e tronca lì, non se ne parli più, o sim.). 2. s. m. a. Saluto, commiato, distacco: l’a. non fu molto cordiale; Lasciâr nelle sale del tetto natio Le donne accorate, tornanti all’a. (Manzoni); l’a. di Lucia nei Promessi Sposi; il giorno dell’a., della separazione; lettera, lezione d’a., di congedo; serata d’a., quella in cui una compagnia dà l’ultimo spettacolo; passo d’a., il saggio finale degli allievi delle scuole di ballo annesse ai grandi teatri eseguito con orchestra e dinanzi al pubblico (ogni licenziando partecipa così per la prima volta a uno spettacolo con un numero virtuosistico personale); il «valzer d’a.» di Chopin; l’ultimo a., il supremo a., la separazione finale tra il morente (o il defunto) e i superstiti; dare un a., dare l’a., a un luogo, a una cosa, separarsene per sempre: è andato in pensione e ha dato un a. alla scuola; dare l’a. alle scene, ritirarsi dal teatro. Anche plur., gli addii, gli ultimi saluti, la separazione: Nel mestissimo giorno degli addii (Gozzano); «Gli addii» (nell’ediz. originale, in fr., Les adieux), titolo della sonata in mi bemolle maggiore op. 81 di Beethoven. b. Poesia recitata dalla prima attrice nel prendere congedo dal pubblico al termine di una serie di recite; in uso spec. nel sec. 18° e al principio del 19°, era composta dal poeta della compagnia o da un autore noto (Goldoni, Gozzi, ecc.) per favorire un’attrice di grido. ◆ Un esempio interessante della parola, nel suo valore consueto ma con la consapevolezza del valore originario, è offerto dal Tommaseo in una lettera ad Antonio Rosmini del 19 marzo 1832: Addio di cuore, e pregatelo per il vostro Tommaseo.