adultocentrico
(adulto-centrico), agg. Che pone al centro dei propri interessi chi è adulto; fatto a uso e consumo degli adulti. ◆ Più in generale, dice [Livia Pomodoro], le critiche sono dovute a «una visione adulto-centrica dei problemi», e l’esempio più lampante è quello delle coppie che presentano le loro domande di adozione «non perché disponibili a dare una famiglia a chi non ce l’ha, ma in quanto si sentono titolari del diritto ad avere in ogni modo quel figlio che la natura non gli ha dato; e molto spesso arrivano qui dopo essere stati devastati da tentativi di procreazione assistita andati a vuoto». (Giovanni Bianconi, Corriere della sera, 30 luglio 2000, p. 1, Prima pagina) • È una generazione anfibia. Disposta (costretta) a muoversi su diversi terreni. Cui, per diventare davvero visibile, manca una vera rappresentanza generazionale. Dei giovani che interpretino i giovani. Che parlino ai giovani. [Luca] Casarini e [Vittorio] Agnoletto, per non parlare di [Fausto] Bertinotti, hanno altre età. Altri linguaggi. Altre storie. Ragazzi del 68, del 77, dell’89. Professionisti della militanza. Testimoni, anch’essi, di una società adultocentrica, dove le chiavi del potere, anche nell’antagonismo organizzato, restano saldamente in mano alle generazioni più vecchie. (Ilvo Diamanti, Repubblica, 14 ottobre 2001, p. 1, Prima pagina) • Padre [Enrico] Masseroni, che aveva celebrato poche ore prima i funerali di Francesco Barbonaglia a Costanzana, ha detto nell’omelia: «Non riesco a tacere un interrogativo che non raramente sorge dentro di me di fronte a questa catena, pubblicizzata dai media, di episodi della nostra storia nazionale recente, che vede il bambino “vittima” ai margini di una società adulto-centrica, con i suoi miti di efficienza e di consumo ma povera di tenerezza». (Liza Binelli e Enrico De Maria, Stampa, 15 maggio 2007, Vercelli, p. 64).
Composto dal s. m. adulto e dall’agg. centrico.
Già attestato nella Repubblica del 22 febbraio 1994, p. 33, Cultura (Laura Lilli).