affondare
v. tr. e intr. [lat. mediev. affundare, comp. di ad- e fundus «fondo2»] (io affóndo, ecc.). – 1. tr. a. Mandare a fondo, sommergere: a. una nave, un’ancora, un galleggiante. b. Immergere, far penetrare: a. l’aratro nel terreno, a. i piedi nel fango, a. le radici nella terra; affondò avidamente i denti nella carne; affondava il viso nel guanciale bagnato di lacrime (Verga). c. non com. Rendere più fondo scavando: a. una buca, un fossato; fig.: mi disse parlando rado e affondandomi ad ogni parola un solco nell’anima (Fucini). 2. intr. (aus. essere) Andare a fondo, immergersi: la nave affondò in pochi minuti; i piedi affondavano nella neve; in questo fango ci si affonda; fig.: anche i più onesti affondarono in quel marasma; molti sono affondati nei peggiori vizî. Anche con la part. pron.: l’aratro s’affondava nella terra; la barchetta s’affondò lentamente. ◆ Part. pass. affondato, anche come agg., immerso, sprofondato: teneva le mani affondate nelle tasche; dormiva con la faccia affondata nel cuscino; parlava adagio, affondato in una grande poltrona di pelle; una chiesetta quasi affondata nella valle; strade e stradette, ... ogni tanto affondate, sepolte tra due muri (Manzoni).