aggettivo
(ant. adiettivo e addiettivo) s. m. [dal lat. tardo adiectivum (nomen), der. di adicĕre «aggiungere», traduz. del gr. ἐπίϑετον (ὄνομα)]. – Parte del discorso che esprime gli attributi di qualità, quantità, ecc. della persona o della cosa indicata dal sostantivo a cui è riferita; si hanno pertanto a. qualitativi (bello, rosso), a. quantitativi (molto, poco), a. possessivi (mio, tuo) e così via; fare grande uso di aggettivi; adoperare sapientemente gli a.; è un pittore e basta: senza aggettivi! In quanto si vuol determinare che un oggetto possiede una determinata qualità in maggiore o minor misura di un altro, o di tutti gli altri di una certa categoria, ovvero che un attributo è presente più che un altro nello stesso oggetto, l’aggettivo è passibile di determinazione morfologica o sintattica comparativa (v. comparazione). ◆ Avv. aggettivaménte (v. la voce).
Grammatica. – Gli aggettivi si distinguono comunemente in qualificativi e indicativi; gli indicativi a loro volta comprendono i possessivi, i dimostrativi, gli indefiniti, gli interrogativi e i numerali. Rimandando per tutti gli indicativi alle singole voci, ci limitiamo qui a considerare i qualificativi, che formano del resto la parte numericamente più notevole. Per la morfologia, che è analoga a quella del sostantivo, si hanno due paradigmi: 1°) sing. m. -o, f. -a; plur. m. -i, f. -e (per es. alto, alta, alti, alte); 2°) sing. m. e f. -e; plur. m. e f. -i (per es. felice, felici). Rimangono fuori gli a. pari, dispari e impari, invariabili per tutti i generi e numeri. Gli aggettivi in -co possono avere il plur. in -ci o -chi (scettico-scettici, carico-carichi), mentre quelli in go hanno tutti normalmente -ghi (largo-larghi); il femm. conserva sempre la consonante velare (scettiche, cariche, larghe). Gli aggettivi composti si comportano come se fossero semplici, modificando solo la terminazione del secondo componente: fiori variopinti, uniformi grigio-verdi, analisi storico-linguistica. Sono invariabili gli aggettivi composti di preposizione e avverbio (dabbene, dappoco e sim.) o di preposizione e sostantivo (anticarro e sim.), alcuni aggettivi denotanti colore che in origine siano sostantivi (come rosa, viola, ecc.), o quando sono uniti in coppie tali che il secondo termine limita il sign. del primo (camicetta bianco avorio, occhi azzurro intenso). Come il sostantivo, anche l’aggettivo può avere forme alterate: caro, carino, caruccio, ecc. (v. alterazione). Notevole è nell’aggettivo qualificativo la possibilità di assumere la funzione di sostantivo, sia per l’ellissi più o meno avvertita del sostantivo che dovrebbe determinare (per es. i ricchi, i poveri, il prossimo, i mobili, il buio, il tricolore, il sotterraneo, e spec. giornale, sottana, invettiva, scorciatoia, sonnifero, sommergibile, ecc., che ormai sono sentiti come veri e proprî sostantivi); sia con valore neutro (unire l’utile e il dilettevole, amante del vero e del bello, ecc.), sull’analogia di quanto avveniva in greco e in latino, dove il nominativo neutro acquistava sign. astratto: τὸ καλόν, pulchrum «la qualità di bello, la bellezza». È da rilevare anche l’uso dell’aggettivo in funzione di avverbio, come nelle espressioni rigare dritto, parlar piano, dir chiaro e tondo; e la formazione di locuzioni avverbiali con aggettivi sostantivati preceduti dalla preposizione: all’antica, alla svelta, all’improvviso, con le buone, con le cattive. Considerati sotto l’aspetto lessicale, numerosi sono gli aggettivi derivati da temi verbali o nominali, la cui formazione è avvenuta, e continua ad avvenire, come possibilità sempre aperta, mediante suffissi per la maggior parte di origine latina. I suffissi più vitali sono: a) per quelli derivati da verbi: -àbile, -ìbile, -évole, con valore passivo se tratti da verbi transitivi (pensabile, temibile, deplorevole), attivo se tratti da verbi intransitivi (deperibile, cedevole); -ivo (informativo, conclusivo); -òrio (divisorio, circolatorio); b) per quelli derivati da sostantivi: -ale (statale, orizzontale); -ano e -iano (popolano, foscoliano); -are (polmonare, rettangolare); -àrio (ferroviario, monetario); -ato (pepato, costumato, e più spesso con prefisso negativo: sfacciato, sgarbato, spietato); -ésco (principesco, manesco); -ése (in aggettivi etnici, come ungherese, piemontese, bolognese); -ico (nordico, nevrastenico); -ièro (costiero, veritiero); -ile (maschile, mercantile); -ino (cittadino, triestino); -ìstico (calcistico, futuristico); -ìzio (prefettizio, cardinalizio); -óso (pietoso, misterioso); -uto (orecchiuto, occhialuto). Meno produttivi sono i suffissi -ardo e -ìccio (testardo, massiccio), mentre i suffissi -ace, -àceo, -eo, -ìaco, -ulènto si trovano quasi esclusivamente in aggettivi derivati dal latino (capace, erbaceo, ferreo, paradisìaco, polverulento). Con l’aiuto di prefissi si formano inoltre aggettivi di sign. contrario: traducibile-intraducibile, logico-illogico, leale-sleale, attento-disattento. ◆ Per la funzione che l’aggettivo può assumere nella frase, e le variazioni semantiche che può subire a seconda della posizione rispetto al sost., v. attributo.