alterazione
alterazióne s. f. [dal lat. tardo alteratio -onis]. – 1. a. L’alterare o l’alterarsi; mutamento, modificazione: a. nella struttura, nella sostanza; a. d’aspetto; a. morfologica; a. delle rocce, l’insieme dei processi che trasformano la struttura o la composizione chimica e mineralogica delle rocce, sia superficialmente per l’azione chimica e meccanica degli agenti esogeni, sia in profondità per opera degli agenti endogeni; a. superficiale di metalli e leghe, la corrosione operata su questi materiali da agenti atmosferici o da altre cause. b. Modificazione fraudolenta di cose, materiali o no, che ne risultano perciò alterate nel valore o falsate: a. di monete, riduzione del loro contenuto di metallo nobile mediante limatura, tosatura, abrasione, erosione, o addirittura rifusione delle monete stesse per rimettere in circolazione altre dello stesso valore nominale ma di peso o titolo inferiore; a. di uno scritto, di un documento; a. di stato, reato di chi mediante la sostituzione di un neonato ne altera lo stato civile, o di chi, nella formazione di un atto di nascita, modifica lo stato civile di un neonato con false certificazioni, false attestazioni o altre falsità. 2. L’alterarsi per uno stato di turbamento, di eccitazione: a. del volto, per sdegno, ira o altro; in partic., stato fisico o psichico anormale: a. del polso; a. del battito del cuore; era visibile in lui l’a. prodotta dall’affronto subìto. Nel linguaggio com., avere un po’ d’a., qualche linea di febbre (ma anche nel linguaggio dei medici: lieve a. febbrile). 3. In musica, modificazione dell’altezza di una nota allo scopo di alterare i rapporti tonali: a. ascendente, indicata mediante il segno di diesis, a. discendente, indicata col segno di bemolle. 4. In linguistica, ogni modificazione diacronica che si verifica nell’aspetto fonico di un vocabolo, di una desinenza, ecc. In grammatica, particolare tipo di derivazione mediante suffissi, i quali modificano il significato fondamentale del vocabolo non sostanzialmente (come avviene per es. nella coppia carta-incartare), ma solo nella quantità, nella qualità o nel tono (carta-cartina-cartaccia; gatto-gattino).
Grammatica. – Secondo che si voglia esprimere accrescimento, diminuzione, peggioramento, ecc., si hanno in ital. varî suffissi: a) accrescitivo: -óne, f. -óna (naso-nasone; casa-casona); b) diminutivi: -ino, -étto, -èllo, -ettino, -ellino, -iccino, -erèllo, -arèllo, ecc. (cappello-cappellino; vaso-vasetto; vecchia-vecchiarella, ecc.); c) vezzeggiativi: -ùccio, -uzzo, che sono spesso anche spregiativi (cavallo-cavalluccio; via-viuzza); d) sempre spregiativi sono -ùcolo, -ónzolo (maestro-maestrucolo; prete-pretonzolo); e) peggiorativi: -àccio, -astro (strada-stradaccia; poeta-poetastro). Nel linguaggio affettivo fam. anche i nomi di persona possono subire alterazioni (Battistino, Bicetta, Beppone, ecc.). Nella formazione dei sostantivi alterati, oltre all’alterazione morfologica, si ha spesso cambio di genere, limitatamente però agli accrescitivi e ai diminutivi: una stanza - uno stanzone; la febbre - un febbrone; il sapone - la saponetta; la villa - il villino, ecc. In qualche caso, gli alterati assumono un significato diverso da quello del vocabolo originario (come avviene per es. in cartone e cartuccia rispetto a carta). Meno frequente è l’alterazione negli aggettivi: caro-carino; lungo-lunghetto; dolce-dolciastro; goloso-golosone-golosaccio, ecc.; gli aggettivi alterati con suffisso accrescitivo o peggiorativo sono per lo più sostantivati: un villanzone, un ignorantaccio. Più rari sono i verbi alterati: canticchiare, vivacchiare, leggiucchiare (da cantare, vivere, leggere) e sim., nei quali il suffisso ha funzione attenuativa o leggermente peggiorativa (cantare sottovoce, vivere stentatamente, leggere di quando in quando e con poco impegno).