ammettere
amméttere v. tr. [lat. admĭttĕre, comp. di ad- e mĭttĕre «mandare»] (coniug. come mettere). – 1. a. Far entrare, introdurre presso qualcuno: a. alla propria presenza, a. alla presenza del comandante; a. il pubblico a un’udienza. b. Ricevere, accogliere, riconoscendo idoneo: a. in collegio, agli esami, al liceo; è stato ammesso a frequentare il corso d’informatica; in partic., assumere una persona a far parte di un’organizzazione o istituzione o categoria, con i sign. quindi di iscrivere, accogliere come socio, o, meno spesso, di nominare, eleggere: a. in un’associazione, in un’accademia, e anche in un istituto di cura o di ricovero. 2. a. Permettere, concedere: non a. ragioni, non a. discussioni; è ammesso il contraddittorio. b. Riconoscere, consentire: a. il proprio errore, a. di aver torto; a. in giudizio le proprie responsabilità; a. la buona fede dell’avversario; ammetto che sia così. c. Supporre: ammettiamo ch’egli accetti. ◆ Part. pass. ammésso, usato spesso in costruzioni assolute, col sign. di «posto che»: anche ammesso che tu abbia ragione ...; ammesso e non concesso, lo stesso che dato e non concesso (v. concedere); mi dispiace che il mio vaso di orchidee le arriverà per il suo funerale ammesso e concesso che riescano a riconoscerla nelle macerie (Aldo Busi); e come agg.: espressioni non ammesse nel buon uso linguistico; o sost.: tutti gli ammessi alle prove orali.