amore. Finestra di approfondimento
Sfumature dell’amore - Attorno all’a. e all’amare ruota la maggior parte della letteratura, dell’arte, della musica e dello spettacolo contemporanei: non è dunque difficile immaginare l’elevatissima frequenza di queste due parole, che spesso rendono poco rilevanti i loro pur numerosi sinonimi. Più che di vero e proprio a., sarebbe talora più appropriato parlare di affetto (nutriva dell’affetto profondo per i suoi amici), attaccamento (aveva un notevole attaccamento ai genitori), predilezione (quando si sceglie tra più opzioni: tra tutti i compagni la sua predilezione andava ad Alfredo) o trasporto (con un’intensità maggiore rispetto ai termini precedenti: la baciai con finto trasporto [I. U. Tarchetti]). Se l’amore per una persona è passeggero, anche se intenso, si parla di infatuazione, o, fam., di cotta o di sbornia. Grandi parole si spendono spesso sulla distinzione tra l’attrazione o la passione (per lo più sessuali; ma il secondo termine è spesso riferito anche a cose per le quali si nutre un notevole interesse: passione per la musica, per il calcio e sim.) e l’a. (che comprende entrambe le sfere fisica e affettiva, a meno che non sia a. platonico, che esclude la prima).
Verso il divino - Più marcati rispetto all’a. e non limitati soltanto alle persone, sono l’adorazione, la venerazione, il culto e l’idolatria. Gli ultimi due termini sono quasi esclusivamente limitati alla sfera religiosa, benché non manchino esempi (talora iron. o spreg.) tra esseri umani: l’eroe della cavalleria, il cavaliere, è l’uomo che si sforza di realizzare in terra la verità e la giustizia, di cui è immagine la donna, suo culto e a. (F. De Sanctis); la disprezzava per la sua perfida idolatria a un giovinastro frivolo e scostumato (I. Nievo). L’adorazione, invece, pur nascendo in seno alla religione (il lat. adorare deriva da orare «pregare»), si riferisce spesso estens. all’amore intenso e devoto tra due persone: la felicità del professore, la sua adorazione per Ester vorrebbero un poema (A. Fogazzaro). Analogam., venerazione è spesso riferito alla religione, ma non mancano esempi d’uso estens. che intendano un amore o un’ammirazione totale e talora cieca: la nobiltà è un carattere indelebile, che merita sempre venerazione e rispetto (C. Goldoni).
Amore e passione - Sul piano dell’attrazione sessuale, oltre ad attrazione, a. sostituisce talora (anche con intento eufem.) ardore, concupiscenza, desiderio, eccitamento, eccitazione, fiamma, frenesia, fuoco, passione, voglia, voluttà. Con a. si designa spesso la persona amata, detta anche, forse con minore coinvolgimento e maggiore formalità, amato, innamorato, fidanzato, spasimante. A. è anche una delle centinaia di parole o perifrasi con le quali gli innamorati sogliono appellarsi l’un l’altro: a., quando torni? Ricordiamo almeno i concorrenti fam. caro, micio, passerotto, stella e tesoro. Anche una cosa o una persona graziosa (non necessariamente amata) possono fregiarsi del titolo di a. (quelle sue scarpette erano un a.), con i sinon. bellezza, bijou (detto per lo più di oggetti), delizia (spesso di ambienti), meraviglia, splendore (spesso di abito), tesoro (quasi solo di persona). Non molto lusinghiero è, spesso, parlare di una singola relazione amorosa come di un a. (anche al plur.: ha avuto molti a.): si tratta infatti ora di amorazzi (spreg.), ora di avventure (nel senso di brevi e occasionali incontri amorosi), di filarini (storie d’amore infantili e poco serie), di flirt o legami o relazioni (poco più che avventure), di storie (forse oggi il termine meno marcato della serie) e di tresche (talora scherz.).
Tipi diversi di a. sono quello (con sfumatura positiva) verso il prossimo e quello (considerato negativo) verso le cose, il potere, il denaro e sim. Nel primo caso si parla preferibilmente di altruismo, carità, generosità, misericordia, solidarietà. Nel secondo di brama, bramosia o sete (per lo più di potere o di successo); oppure di cupidigia, fame, ingordigia o smania (per lo più di soldi).
Amare, piacere e voler bene - Per amare valgono in gran parte le stesse osservazioni fatte per a. Amarsi ha talora il senso eufem. di «avere rapporti sessuali» (s’amarono ripetutamente sul sedile della macchina), con i sinon. meno marcati andare a letto, congiungersi, fare l’amore, fare sesso, e quelli più marcati e volg. chiavare, fottere, scopare, trombare e molti altri. Molto diversi, in ital., sono i sign. di amare e amarsi, da quelli di volere (o volersi) bene e di piacere: si vuole bene a un amico, a un parente o a un animale per il quale si nutra dell’affetto, mentre si ama un fidanzato, un coniuge o un amante per il quale si nutra del trasporto (fisico e psichico). Se ci piace una persona, infine, ciò di solito non implica un particolare coinvolgimento: mi piace per il suo carattere, per il suo corpo. Nella lingua del cinema doppiato dall’ingl. (e da lì, talora, anche nella lingua com.), tuttavia, i tre concetti vengono a volte confusi. L’abuso del verbo amare e del sost. a., per l’appunto soprattutto nel linguaggio cinematografico, si spiega anche con la maggior estensione semantica dell’ingl. to love e love (che coprono anche, in parte, l’area dei nostri piacere, piacersi e volere [o volersi] bene, basti pensare all’informale formula conclusiva delle lettere: love and kisses, letteralm. «amore e baci», o much love, letteralm. «molto amore», laddove l’ital. preferirebbe qualcosa come un abbraccio, affettuosamente, saluti affettuosi e sim.) e con la frequente, ancorché errata, trad. dell’ingl. to like (v. tr., a differenza del v. intr. ital. «piacere») con l’ital. amare (di analoga costruzione ma differente sign.).