analogia
analogìa s. f. [dal lat. analogĭa, gr. ἀναλογία, «relazione di somiglianza, uguaglianza di rapporti, proporzione matematica», der. di ἀνάλογος «analogo»]. – 1. Rapporto di somiglianza tra due oggetti, tale che dall’eguaglianza o somiglianza constatata tra alcuni elementi di tali oggetti si possa dedurre l’eguaglianza o somiglianza anche di tutti gli altri loro elementi. Più genericam., nell’uso com., il rapporto che la mente coglie fra due o più cose che hanno, nella loro costituzione, nel loro comportamento, nei loro processi, qualche tratto comune: a. di gusti, di caratteri, di idee fra due persone; due teorie che hanno a. fra loro; c’è molta a. fra l’arabo e l’ebraico; avere a., essere in a.; il criterio dell’analogia. 2. Con accezioni specifiche. a. In diritto, procedimento mediante il quale, in assenza di norme che disciplinino espressamente un caso, il giudice (o altro interprete del diritto) applica le norme previste per casi simili o materie analoghe. b. In filosofia, il termine è stato variamente inteso nell’età classica e nella scolastica: per Aristotele, è identità del rapporto che unisce due a due i termini di due o più coppie; per Euclide equivale a proporzione matematica; per gli scolastici consiste essenzialmente nell’attribuzione di un medesimo predicato a persone o cose o concetti che non sono tra loro uguali (nel qual caso l’uso del predicato sarebbe univoco) né diversi (uso equivoco del predicato) ma analoghi (per es., è per analogia che si può applicare il verbo «vivere» sia agli animali sia alle piante). Ragionamento per analogia, operazione mentale consistente nell’affermare di un essere ciò che si è osservato in un essere simile c. In linguistica, il termine è usato con due valori diversi: con riferimento alle lingue classiche, armonia o regolarità di rapporti tra gli elementi linguistici, che i grammatici greci della scuola alessandrina (analogisti) considerarono come principio fondamentale della lingua, in opposizione ai grammatici della scuola di Pergamo (anomalisti) che tale principio vedevano invece nell’irregolarità o anomalia. In linguistica storica, l’influenza assimilatrice esercitata da forme linguistiche dotate di una particolare forza attrattiva; così, per es., il dittongo -ie- nelle forme mietiamo, mietete è dovuto all’analogia con le forme mieto, mieti, ecc. in cui esso, perché accentato, era regolare; risposto, nascosto, rimasto (in luogo di risposo, nascoso, rimaso) sono tutti modellati su posto. d. In letteratura, procedimento proprio di tendenze poetiche moderne come l’ermetismo e la «poesia pura», per cui al rapporto tradizionale della comparazione viene sostituito il rapporto di identità (con la soppressione, in pratica, del come o di altro esplicito legame comparativo); così nei due versi di G. Ungaretti: «Le mani del pastore erano un vetro Levigato da fioca febbre». e. In biologia, identità o somiglianza di funzioni tra organi diversi per origine e morfologia (per es., in zoologia, i polmoni dei mammiferi, le branchie dei pesci e le trachee degli insetti; in botanica, le lamine fogliari, i fillodî di alcune alghe, le foglioline del muschio, il tallo dei licheni, formazioni tutte adattate alla fotosintesi). f. In fisica, si parla di analogia tra due fenomeni fisici differenti quando essi sono retti da equazioni identiche cosicché la teoria di uno è valida anche per l’altro, a parte, naturalmente, il diverso significato dei simboli che compaiono nelle equazioni descrittive.