ancora
ancóra (tronc. ancór) avv. [prob. dal fr. ant. encore, che è il lat. hinc ad hōram «di là fino a quest’ora»]. – 1. a. Anche ora, anche allora; indica la continuità nella durata di un’azione, di un fatto, di una situazione, e si adopera con verbi di tempo presente, passato o futuro: sono a. stanco del viaggio; ci ripensi a.?; portavo a. i calzoni corti; quando tornerai sarò a. qui. Con usi e sign. diversi: per ora: non è a. giunto il momento; per quel tempo: ero a. troppo inesperto; fin qui, sinora: non gli ho a. parlato; fino allora: non l’avevo a. conosciuto. b. Di nuovo, un’altra volta (o più altre volte), per indicare ripetizione di atti: tornerò a. a trovarti; vedremo se oserà a. molestarti; ripeti a. la lezione, finché non la saprai bene; rileggi a. questo passo (specificando: rileggi a. una volta, a. due volte); E viene a Roma ... Per mirar la sembianza di colui Ch’ancor lassù nel ciel vedere spera (Petrarca). Anche da solo, come esclam.: ancora!, invitando a ripetere, a continuare in ciò che uno dice o fa, o, con altro tono, volendo esprimere insofferenza per cosa sgradita che si ripete o continua. c. Dell’altro, un altro poco; ha chiesto a. soldi; c’è a. inchiostro nella penna?; e in genere per indicare aggiunta: a. un quarto d’ora e ho finito. 2. Come cong., col sign. di anche, persino, spec. per rafforzare un comparativo: ancor più, ancor meglio; grida a. più forte (oppure, ma soltanto nell’uso letter. e ormai raro, in locuzioni come ancor tu sei contro di me e sim.). 3. ant. Come cong. concessiva, sebbene, quantunque (cfr. ancorché): Ch’i’ ti conosco, ancor sie lordo tutto (Dante).