ancorare
v. tr. [der. di àncora] (io àncoro, ecc.). – 1. a. Ormeggiare un galleggiante affondando l’ancora o agganciandolo a qualcosa: a. la nave; a. la barca a uno scoglio; a. «a ruota», quando si affonda una sola ancora e quindi, col vento, la nave ruota attorno ad essa; a. con due ancore, afforcare. Rifl., ancorarsi, gettare l’ancora: la flotta s’è ancorata a poca distanza dal porto; ci ancorammo in una piccola rada. b. Usi fig.: ancorarsi a una certezza, afferrarsi saldamente; ancorarsi in un posto, in un ufficio, fermarcisi stabilmente, non volersene più staccare; e col senso di fondare, appoggiare e sim., spec. nel passivo: considerazioni giuridiche solidamente ancorate alle testimonianze. 2. a. Provvedere all’ancoraggio di una struttura: a. i cavi di un ponte sospeso; a. i pali telefonici. b. Provvedere all’ancoraggio di un alpinista. 3. fig. Nel linguaggio finanz., rapportare stabilmente il valore di una moneta all’oro o al valore dell’unità monetaria, più solida, di un altro stato con cui si abbiano attivi rapporti di scambio; più genericam., ammettere la convertibilità di una moneta in oro o in divisa estera. ◆ Part. pass. ancorato, anche come agg., nelle varie accezioni: una nave ancorata al largo; uno spirito inquieto, non ancorato a nessuna certezza; moneta ancorata all’oro, alla sterlina.