anglofonia
s. f. L’esprimersi in inglese, il parlare inglese. ◆ «New global, global greens». Niente di meglio di un pizzico di globale anglofonia per rilanciare l’azione dei verdi, specie se per l’occasione si lega la proposizione dei temi cari agli ambientalisti, dall’elettrosmog agli Ogm, alla presenza di un testimonial come Jeremy Rifkin. (Roberto Fuccillo, Repubblica, 28 ottobre 2001, Napoli, p. II) • Pensiamo all’anglofonia, e riflettiamo su una collocazione geografica: in Africa, in India, nei Caraibi, l’inglese si è imposto al seguito della conquista, mentre era già la lingua madre degli emigranti in Australia o in Canada (in quest’ultimo insieme al francese). (Claudio Gorlier, Stampa, 30 aprile 2005, Tuttolibri, p. 2) • alcune di quelle lingue, minoritarie in Italia, sono maggioritarie in altri Paesi (tedesco, sloveno, catalano) e quindi si possono considerare «seconde lingue» a tutti gli effetti: insomma, consolidandone la conoscenza si acquista una carta in più per la vita e il lavoro. Altre (friulano, sardo con le sue varietà) sono invece (ebbene sì!) lingue puramente locali, che non si usano da nessun’altra parte del mondo. Considerarne la pratica come un arricchimento è a dir poco un po’ esagerato: avere insieme «più sardofonia e più anglofonia» (come profetizza l’assessora regionale sarda all’Istruzione) non è un progresso, è solo patetico. (Raffaele Simone, Messaggero, 1° ottobre 2007, p. 15).
Composto mediante la giustapposizione dei confissi anglo- e -fonia.
Già attestato nella Repubblica del 19 febbraio 1986, p. 8, Inchieste (Vittorio Zucconi).