angoscia
angòscia s. f. [lat. angŭstia: v. angustia] (pl. -sce). – 1. Respiro affannoso: quella angoscia Che m’avacciava un poco ancor la lena (Dante). 2. Stato di ansia e di sofferenza intensa che affligge l’animo per una situazione reale o immaginaria, accompagnato spesso da disturbi fisici e psichici di varia natura: dare, provocare a.; trascorrere ore d’a.; stare in a.; l’a. de le genti Che son qua giù, nel viso mi dipigne Quella pietà che tu per tema senti (Dante); poi ricadeva ancora senza sentimenti, poi si riaveva di nuovo, per rivivere a nuove angosce (Manzoni); O graziosa luna, io mi rammento Che, or volge l’anno, sopra questo colle I0 venìa pien d’angoscia a rimirarti (Leopardi). Nell’uso corrente il termine indica in genere uno stato più spinto e più grave dell’ansia: distinzione non accolta se non in parte nel linguaggio della psichiatria, psicologia e psicanalisi, anche perché in altre lingue (come l’inglese e il tedesco) non sussiste tale duplicità di termini, preferendosi trattare e denominare questo stato come ansia, anche se talvolta persiste qualche incertezza. 3. Nella filosofia esistenzialistica, stato di turbamento metafisico che deriva all’uomo dalla riflessione sulla propria esistenza nel mondo (a. esistenziale).