anguriaro
s. m. Venditore di angurie. ◆ Oggi la colpa è dell’anguriaro (che poi a fine estate diventa «pomodoraro»), domani di strani ambulanti. Troppo spesso la musica a tutto volume, le bancarelle, i tavolini disturbano la quiete pubblica e, in alcuni casi, anche il transito e la sosta delle auto. (Alice Cavaglià, Stampa, 26 marzo 1999, Torinosette, p. 99) • Si sa come siamo noi milanesi, sempre lì a lamentarci della nostra città, a fare inutili polemiche. Ieri, per esempio, era la prima domenica davvero semideserta di questo agosto. E noi avevamo poca voglia di uscire, perché una serie di notizie sconfortanti ci aveva intristito. La principale era quella sulla rivolta degli anguriari, duramente colpiti da una manovra in due tempi di Comune e Asl: il primo che concede le licenze, la seconda che le revoca. (Fabrizio Ravelli, Repubblica, 9 agosto 2004, Milano, p. II) • «È il terzo furto in una settimana. Così non possiamo andare avanti. È inaccettabile che l’anguriara sia sempre presa di mira dai soliti balordi. Bisogna potenziare la sicurezza in Campo Marzio». L’altra notte, il chiosco in legno aperto alla fine giugno in viale Dalmazia [a Vicenza] e specializzato nella vendita di angurie, meloni e bibite fresche, è stato nuovamente assaltato». (Roberto Cervellin, Gazzettino, 19 luglio 2007, p. 2).
Derivato dal s. f. anguria con l’aggiunta del suffisso -aro.