annodare
v. tr. [der. di nodo; cfr. lat. tardo innōdare] (io annòdo, ecc.). – 1. Unire, congiungere insieme con uno o più nodi: a. due nastri, due funi, due pezzi di spago; a. le scarpe, legarle annodando i lacci. Meno com., a. un filo, una fune, un nastro, farci uno o più nodi: ho annodato il fazzoletto per ricordarmi ciò che debbo fare (più spesso ho fatto un nodo al fazzoletto); com., invece, annodarsi la cravatta. Nell’intr. pron., di fili, nastri e sim., imbrogliarsi formando dei nodi: la matassa s’è tutta annodata. 2. fig. Stringere, iniziare un rapporto: a. amicizie, a. una relazione con qualcuno; unire, collegare: a. la trama, l’azione, l’intreccio di un romanzo, congiungere insieme le varie parti. Raro, a. una persona, legarla strettamente a sé o ad altri: se alcuna ascosa Simpatia t’annoda a lei (Prati). Intr. pron., riferito alla lingua, al parlare, imbrogliarsi: le parole mi si annodavano in bocca; balbettando come se le parole gli si annodassero giù per la gola (Fucini). ◆ Part. pass. annodato, anche come agg.: si era messo sulla testa un fazzoletto rosso annodato sotto il mento. In geometria, si dice annodata una curva chiusa, che non può essere trasformata in un cerchio mediante una deformazione continua, senza tagliare sé stessa. In araldica, attributo delle pezze onorevoli che al centro formano un nodo; della coda del leone biforcata e passata in croce di s. Andrea; dei serpenti con il corpo ravvolto e allacciato in spire.