antisagoge
antiṡagòge s. f. [dal lat. tardo antisagoge, gr. ἀντεισαγωγή, comp. di ἀντί «contro» e εἰσαγωγή: v. isagoge]. – Artificio retorico che consiste nel trarre da un’affermazione, ammessa come vera, un’induzione diversa da quella che logicamente ci si dovrebbe attendere; così per es. nel passo di Cicerone: «difficilis ratio belli gerendi: at plena fidei, plena pietatis». Boccaccio l’usò con molta finezza, per raggiungere effetti d’umorismo, nel ritratto di ser Ciappelletto: «Egli essendo notaio, avea grandissima vergogna quando un de’ suoi strumenti, come che pochi ne facesse, fosse altro che falso trovato» (dove si sarebbe aspettata invece la conclusione «fosse trovato falso»). E Machiavelli, con procedimento simile, parlando di papa Alessandro Borgia (Principe, XVIII): «non fu mai uomo che avessi maggiore efficacia in asseverare, e con maggiori giuramenti affermassi una cosa, che la osservassi meno».