appellare
v. tr. e intr. pron. [dal lat. appellare, propr. «rivolgere la parola»] (io appèllo, ecc.). – 1. tr., letter. a. Chiamare per nome, nominare o denominare: questa, che ’l vulgo appella morte (T. Tasso); spec. nel passivo e intr. pron., chiamarsi, avere nome, esser denominato: In mezzo mar siede un paese guasto ... che s’appella Creta (Dante); uno nobile uomo, il quale appellato fu Nicostrato (Boccaccio). b. Chiamare a sé, far venire, invocare: de’ Greci ... i più valenti appella (V. Monti). c. Incitare: te fremendo appella Ai fatti illustri il popolar favore (Leopardi). 2. intr. pron. a. Fare appello, rivolgersi a qualcuno per averne aiuto e sim.: appellarsi alla generosità altrui, al buon cuore dei cittadini. b. Nel linguaggio giur., appellarsi (o appellare) da una sentenza, contro una sentenza (meno com. di una sentenza), o assol. appellarsi, adire in giudizio di appello; talora anche con uso trans.: appellare una sentenza, un’ordinanza. Per estens., appellarsi a un’autorità, a un superiore; appellarsi all’elettorato; mi appello alla tua coscienza, al tuo senso di giustizia. ◆ Part. pres. appellante, anche come agg. e sost. (v. la voce).