aria
ària s. f. [lat. aëra, accus. alla greca di aer aëris masch., gr. ἀήρ]. – 1. Miscuglio gassoso di azoto (per i 4/5) e di ossigeno (per circa 1/5), con piccole quantità di altri gas, che costituisce l’atmosfera terrestre (a. atmosferica), nei cui strati inferiori sono presenti anche particelle solide (pulviscolo atmosferico), varî tipi di microrganismi, vapor d’acqua, anidride carbonica; ha basilare importanza per la respirazione degli animali e delle piante, per i processi di ossidazione, di combustione. In partic., nel linguaggio scient.: a. compressa, aria la cui pressione è stata aumentata al di sopra di quella atmosferica, generalmente mediante compressori, per l’uso in macchine operatrici, per l’avviamento e alimentazione di motori, ecc.; a. liquida, aria portata allo stato liquido mediante raffreddamento al di sotto della sua temperatura critica (-140,6 °C) e successiva forte compressione: si presenta come un liquido mobile, incolore, simile all’acqua, che, a pressione atmosferica, bolle a circa -190 °C e che quindi, in condizioni ordinarie, evapora rapidamente; in seguito a sua distillazione frazionata si ottengono azoto, ossigeno e gas rari. Nel linguaggio corrente, con particolare riferimento alla quantità di gas irrespirabili o agli odori che impregnano l’aria spec. in alcuni ambienti: a. pura, sana, buona, aperta, libera, o al contr. a. corrotta, inquinata, viziata, cattiva, malsana, chiusa; a. condizionata, cui vengono conferite determinate caratteristiche di purezza, temperatura e umidità per immetterla, con appositi impianti, in un determinato ambiente. In rapporto al movimento, al godimento dell’aria, alla ventilazione: a. stagnante; manca l’a. in questa stanza; rinnovare l’a., dare a. a un ambiente, farci entrare l’aria libera; servitù d’a., servitù di discussa ammissibilità, che tende a consentire che un edificio riceva aria attraverso aperture maggiori e più favorevolmente disposte delle pure e semplici luci; dare a. a un vestito o altro, esporlo all’aria libera, dove c’è movimento d’aria; filo d’a., un vento leggerissimo: c’era appena un filo d’a.; non c’è un filo d’a., quando non alita il più leggero venticello; corrente d’a. (o semplicem. corrente), lo stesso che riscontro, quando l’aria penetra da due aperture corrispondenti: c’è troppa corrente (d’a.) qui; non stare alla corrente d’a. se sei sudato; colpo d’a., infreddatura o flussione prodotta da una corrente d’aria fredda; avere paura dell’a., starsi riguardato dalle correnti per timore d’infreddature o di altri malanni (in senso fig., temere di tutto e di tutti). Sono comuni inoltre le frasi: vivere, stare all’a. aperta, all’aperto, fuori degli ambienti chiusi; prendere una boccata d’a., uscire all’aperto, a respirare aria libera; ora d’a., il tempo concesso ai detenuti da trascorrere all’aperto, all’interno del carcere; campare d’a., vivere d’a., mangiare pochissimo o nulla; e per indicare la massima segretezza: che non lo sappia neppure l’a.!; noi ce n’andavamo via subito, tutti insieme, di nascosto, lontano, in luogo che né anche l’a. non l’avrebbe saputo (Manzoni). Come esclam. scherzosa o seccata: aria!, via di qua, lèvati o levatevi dai piedi! (con altro tono, indica desiderio di uscire da un ambiente dove ci si sente a disagio, spec. per ragioni morali). Per la locuz. fig. vendere a. fritta, v. fritto. 2. Nome generico con cui è indicata talora l’atmosfera terrestre e particolarm. la parte bassa, dove avvengono i fenomeni biologici. 3. In meteorologia, con particolare riferimento alla pressione e alla temperatura, tipo di massa d’aria: a. artica, che si genera sulla calotta polare e tende a dilagare sulle zone contermini originando i fronti freddi; a. intermedia (o temperata), che si trova alle medie latitudini e che, con lo spostamento delle masse d’aria contigue, può spostarsi di molto in latitudine; a. tropicale (o subtropicale), quella che prende origine in una zona immediatamente a nord o a sud dell’equatore e determina i fronti caldi; a. equatoriale, la massa d’aria localizzata lungo una striscia comprendente l’equatore termico terrestre. Con riferimento analogo, nel linguaggio corrente: a. fine, leggera, grave, pesante e a. calda, tiepida, fredda, gelata, ecc.; e in quanto faccia presentire un mutamento nelle condizioni atmosferiche: c’è a. di temporale, stasera; sul lago, c’era a. di burrasca, di tempesta (per l’uso fig. di queste espressioni, v. burrasca e tempesta). 4. Per estens., clima: a. di mare, caratterizzata da un’elevata umidità e contenente tenuissime particelle spec. saline e iodiche, che le conferiscono un odore particolare; a. di montagna, caratterizzata da scarsa umidità, temperatura per lo più bassa, scarsità di anidride carbonica e ricchezza di essenze di piante resinose e aromatiche; mutare o cambiare a., trasferirsi altrove, andare a vivere in clima diverso (anche fig.: v. cambiare). Quindi, in alcune espressioni fig., condizioni favorevoli, momento adatto: qui non è (o non spira, non tira) a. buona per lui, gli eventi o le persone non gli sono favorevoli, corre qualche rischio (e, in frasi allusive, è ricercato dalla polizia): noi siamo amici del convento: e io ci sono stato in certi momenti che fuori non era troppo buon’a. per me (Manzoni); non mi pare sia a., non mi pare opportuno, non credo sia il caso. Con altro uso fig., la particolare atmosfera che si determina in un ambiente o che lo caratterizza: l’a. s’era fatta pesante nel gruppo dei presenti, e tutti si sentivano a disagio; era felice di sentirsi di nuovo immerso nell’a. (o avvolto dall’a.) di Parigi. 5. a. In contrapp. alla terra, lo spazio libero verso il cielo, l’altezza: sollevarsi in a., sparare in a., guardare in a.; a mezz’a., a media altezza, né troppo in basso né troppo in alto; fig., parole, discorsi a mezz’a., reticenti, non espliciti. Più determinatamente, lo spazio in cui si vola, quindi talora per aeronautica, aviazione: maresciallo dell’A.; le forze di terra, di mare e dell’aria. Per le espressioni a.-a., a.-terra, terra-a., v. le voci. b. Locuzioni fig.: camminare col naso in a., guardando in alto, distrattamente; stare, mettersi, sdraiarsi a pancia all’a., supino; mandare a pancia all’a., far cadere riverso. Riferendosi a cose, mandare all’a., far sfumare, impedire il compimento; andare all’a., non effettuarsi; buttare all’a., mettere sossopra, in disordine; prov., solo i cenci (o gli stracci) vanno all’a., sono sempre i poveri, o quelli che contano meno, che hanno meno potere, ad avere la peggio; fare, fabbricare castelli in a., vagheggiare cose impossibili, fantasticare; c’è qualcosa in a. o per a., accennando a cose o progetti che stanno maturandosi; è ancora in a., di cosa tuttora indecisa; discorsi, parole campate in a., senza fondamento; parlare all’a., inutilmente, senza essere ascoltato; capire, intendere le cose per a. (più com. a volo), capirle subito, prima ancora che siano dette esplicitamente. 6. A. aperta, espressione, che traduce il francese plein-air, usata dai pittori dell’Ottocento e particolarm. dagli impressionisti per indicare gli effetti pittorici nella piena luce solare, diretta o indiretta. 7. a. Espressione del volto, aspetto, apparenza: avere un’a. mite, benigna, semplice, burbera, preoccupata, melensa, ironica; stava là con una cert’aria!; cos’è quest’a. da funerale? Nella critica d’arte dei sec. 16° e 17°, a. di viso, a. di testa, locuzioni usate per designare l’atteggiamento e l’espressione che un artista ha dato al volto d’una figura: dipinse a fresco ... una sant’Eufemia con bella e graziosa a. di viso (Vasari). b. Avere l’a. di ..., avere qualche rassomiglianza: tuo zio ha l’a. di un colonnello a riposo; o dare l’impressione di: aveva l’a. di aspettare qualcuno, ha l’a. di voler piovere; quindi, spesso parere, sembrare: ha l’a. di un galantuomo, di un buon figliuolo. c. Con altro sign., prendere, darsi un’a., affettare una certa maniera d’essere: si dà l’a. di un grande artista; spesso al plur., darsi delle a., prendere delle a., darsi importanza. 8. a. In musica, motivo melodico, spec. se composto per essere cantato: intonò alcune strofette, sull’a. degli stornelli fiorentini. b. In senso più proprio, composizione melodica, sia vocale sia strumentale, in forma chiusa, costruita secondo varî ma determinati schemi strofici, che può tanto stare isolata a sé, quanto servire da elemento integratore del melodramma, dell’oratorio, della cantata, della suite e del concerto strumentale (nell’opera lirica spesso deputata all’espressione degli affetti, in contrapposizione al recitativo): tipica la forma a tre strofe (A-B-A′), l’ultima delle quali ripete di solito con variazioni ornamentali (fioriture) la prima, forma che si usa denominare «aria col da capo», o anche (dal suo più illustre cultore, Alessandro Scarlatti) «a. alla Scarlatti»; a. di bravura, aria col da capo in cui si consente al cantante d’improvvisare varianti alla terza strofa. 9. Arie: nella scenotecnica teatrale dei sec. 18° e 19°, elementi di scenario in tela, dipinti a travature di soffitti, pergolati, cieli nuvolosi o sereni, che, nel palcoscenico tradizionale, sono sospesi alla graticciata e servono a coprirne la visibilità agli spettatori; le arie, che collegano le quinte poste sullo stesso piano, sono sostituite, nel palcoscenico moderno, dal panorama o dalla cupola (v. anche cielo, n. 5 b). 10. Nell’equitazione d’alta scuola, ognuno degli speciali esercizî che deve eseguire il cavaliere: a. basse, nelle quali il cavallo si muove presso terra; a. alte, nelle quali esso si distacca maggiormente dal suolo; mezz’aria, tipo di salto che sta fra il terra-terra e la corvetta. 11. In fonderia, tirata d’a. (o semplicem. aria), l’insieme dei canalicoli che attraversano le forme e le anime da fonderia per agevolare l’eliminazione dei gas e vapori che si sprigionano durante e dopo la colata. 12. Nel linguaggio corrente, con riferimento alla carburazione nei motori a combustione interna, s’intende con aria ogni dispositivo a comando manuale per fornire una miscela proporzionalmente meno ricca di aria e più ricca di benzina, azionato quasi esclusivamente in fase di avviamento e con motore freddo: comando dell’a., lo starter e anche il dosatore della miscela per marcia lenta; tirare l’a.; marciare con l’a. tirata. 13. Anticam., ogni sostanza naturale o artificiale esistente allo stato aeriforme: a. alcalina, l’ammoniaca gassosa, che possiede proprietà alcaline; a. comburente, l’ossigeno; a. infiammabile, l’idrogeno; a. fossile, quel poco di aria rimasta racchiusa nei minerali e nelle rocce all’atto della loro formazione. Nell’uso letter. ant. si trova anche usato, sia pure raram., al masch., sull’esempio del lat. aër e del gr. ἀήρ: Di tal strida e furore è l’aria pieno (Boiardo). Dim. ariétta (v.); spreg., non com., ariùccia; pegg. ariàccia (spec. nel sign. di aria viziata e fig., nel linguaggio fam., di atmosfera tesa: oggi in ufficio tira un’ariaccia).