aristocrazia
aristocrazìa s. f. [dal gr. ἀριστοκρατία, comp. di ἄριστος «ottimo» e -κρατία «-crazia»]. – 1. a. Nel sign. originario e più proprio, la prevalenza, il governo dei più meritevoli, intesi questi come coloro che sono moralmente e intellettualmente i migliori o i più valorosi, identificati poi, in un secondo tempo, con i nobili, quelli cioè che, per diritto di sangue, appartengono alla classe più elevata della società, nella quale costituiscono un gruppo privilegiato. Nel pensiero antico, nella teoria della tripartizione delle forme di governo (di uno, di pochi, di molti, cioè, rispettivam., monarchia, oligarchia, democrazia), l’aristocrazia rappresenta la forma non deviata dell’oligarchia (che, soprattutto in Platone e Aristotele, è il governo in favore e nell’interesse dei ricchi anziché della comunità). b. La classe stessa dei nobili, dei patrizî, che detengono il potere. 2. estens. a. L’insieme delle famiglie nobili di un luogo: appartenere all’a.; i rappresentanti più in vista dell’a. della capitale. A. nera, nel linguaggio corrente, l’aristocrazia clericale, in quanto il nero è riferito al clero; in senso proprio e originario, quella parte dell’aristocrazia romana, che dopo il 20 sett. 1870 non accettò l’abolizione del potere temporale pontificio e rifiutò di collaborare col governo del Regno d’Italia (così denominata per la sua volontà di considerarsi in lutto per la violenza commessa a danno della S. Sede). b. Nobiltà di antica data: l’a. di quella famiglia risaliva alle crociate. 3. Nobiltà in genere, spec. quella che viene conferita dall’eccellenza delle facoltà spirituali contrapposta perciò alla nobiltà di nascita: l’a. dell’arte, dell’ingegno, della cultura. Spesso con sign. concr., l’insieme delle persone che prevalgono e si distinguono nel campo dell’arte, ecc.: all’inaugurazione della mostra era presente tutta l’a. intellettuale della città. 4. Maniere, abitudini proprie della nobiltà, signorilità: comportarsi, trattare con aristocrazia.