arraffatutto
s. m. e f. e agg. inv. Chi o che si prende tutto. ◆ stavolta è la strapazzata Italietta dello sci alpino a prendersi una sonora, incredibile, clamorosa rivincita su quegli arroganti arraffatutto degli austriaci. (Repubblica, 17 dicembre 2000, p. 54, Sport) • [Clemente] Mastella, però, racconta un’altra storia. Vuole fare dell’Udeur una forza di centro moderato, capace d’intercettare i voti di confine, scrollandosi di dosso l’immagine del partito arraffatutto in nome di un nuovo ruolo all’interno dell’alleanza. (Enzo D’Errico, Corriere della sera, 29 novembre 2004, p. 9, Politica) • Il portiere paratore ferma nella gola il grido al tifoso quasi trionfante, e quanto al tifoso partigiano del portiere stesso, questi festeggia lo scampato pericolo: ed è pur sempre un festeggiamento di serie B. Il portiere subisce l’iniziativa altrui, i suoi colpi di mano sono per bloccare, non per rubare: non interessano la società dell’arraffatutto. (Gian Paolo Ormezzano, Stampa, 4 novembre 2005, p. 17, Cronache Italiane).
Composto dal v. tr. arraffare e dal pron. indef. tutto.
Già attestato nella Repubblica del 17 gennaio 1990, p. 26, Spettacoli (Romano Giachetti), usato come s. m.