articolo
artìcolo s. m. [dal lat. articŭlus, dim. di artus -us «articolazione, arto, membro»]. – 1. Parte variabile del discorso che si premette al sostantivo o a parti del discorso sostantivate, precisando se si tratta di un essere od oggetto individuato (che è la funzione propria dell’a. definito o determinativo) o di un essere o oggetto non individuato (a. indefinito o indeterminativo). A. partitivo, la preposizione articolata formata da di + il, lo, la, ecc. (cioè del, dello, della, ecc.), usata in funzione partitiva, come per es. nelle frasi «dammi dei soldi», «ci vorrebbero degli uomini decisi», «sono soltanto delle supposizioni». 2. a. Una delle suddivisioni (la più piccola tra quelle numerate nel testo, secondo l’uso italiano) in cui è distinta una legge, un regolamento; ciascuno dei punti fermati in un accordo, in un contratto e sim.: l’a. 1° della Costituzione; l’a. 22, comma 3° (anche a. 223); l’a. 773 del codice civile. b. Nell’uso contabile, la scrittura di un fatto amministrativo redatta nel libro giornale, e anche una suddivisione di voci di bilancio di aziende di erogazione. Nel bilancio dello stato, a. di bilancio, suddivisione eventuale del capitolo di bilancio, che non risulta dalla legge del bilancio stesso (la quale si limita appunto ai capitoli). c. A. di fede: verità di fede, parte essenziale di una dottrina religiosa; per estens., qualsiasi affermazione od opinione in cui si creda ciecamente: quello che dice il medico è per lui a. di fede. 3. Scritto di un giornale, di una rivista, e sim., che tratti un particolare argomento: scrivere, pubblicare, leggere un a.; a. di cronaca, di attualità; un a. di economia, di scienza, di letteratura; a. di fondo (espressione modellata sul fr. article de fond), rubrica principale di un quotidiano, che è stampata, in Italia, nelle prime colonne della prima pagina e affronta problemi di attualità, impegnando la responsabilità della direzione (è detto anche editoriale o, meno spesso, a. editoriale, calco dell’ingl. editorial); per a. di spalla, a. di taglio, a. (o pezzo) di colore, v. spalla, taglio, colore. Per estens., si chiamano spesso articoli anche le singole voci (o lemmi) di un’opera enciclopedica. 4. a. In commercio, tipo, genere di mercanzia: articoli da viaggio, articoli sportivi, ecc.; un negozio di articoli da toletta; è un a. che va molto; articoli di esportazione, manufatti destinati ad essere esportati all’estero. b. Talora fig., detto di persona, col sign. di «tipo» e sim.: ma sai che sei un bell’articolo! 5. a. ant. Parte di un arto, articolazione, giuntura. b. In zoologia, porzione di un organo, che è separata dalle altre per mezzo di un’articolazione (per es., le falangi delle dita, o i pezzi di cui sono composte le antenne e gli arti dei crostacei e degli insetti). c. In botanica, porzione di un organo vegetale distinta per mezzo di una strozzatura da altre parti simili contigue, come si ha nei fusti e rami di garofano, fico d’India, ecc. 6. ant. Momento, circostanza e sim., spec. nella locuz. in a. di morte, che traduce il lat. eccles. in articulo mortis «nel momento della morte», nel momento cioè in cui si ha la certezza morale che la morte (propria o d’altra persona) è ormai inevitabile. ◆ Dim. articolino, articolétto; spreg. articolùccio; accr. articolóne; pegg. articolàccio (riferiti tutti per lo più ad articoli di giornali).
Grammatica. – In italiano, come in altre lingue europee moderne, l’articolo determinativo si sviluppa per una differenziazione e un indebolimento di pronomi dimostrativi; così, in tutte le lingue romanze, l’articolo ha origine dal pron. dimostrativo latino ille, illa, illud (il sardo su, sa deriva invece da ipsum, ipsam); da un antico pronome dimostrativo derivano anche il ted. der, die, das e l’ingl. the. Nelle lingue romanze e germaniche, esiste inoltre un articolo indeterminativo, la cui forma è la stessa del nome del numero uno. ◆ A. determinativo. Nella lingua ital. le forme dell’articolo determinativo sono: il e lo per il sing. masch., la per il sing. femm., i e gli per il plur. masch., le per il plur. femm. Le coppie il-i, lo-gli hanno identico valore morfologico, e la ripartizione delle loro funzioni è determinata dal contesto fonetico. Nella sintassi italiana moderna, lo, gli si usano: a) davanti a vocale e a semiconsonante (di norma, con elisione della vocale dell’articolo, rappresentata nella scrittura dall’apostrofo, per l’ in ogni posizione, per gl’ solo davanti a i-, uso peraltro ormai poco com.), es. l’altro, l’inchiostro, l’uomo, gli altri, gl’inchiostri, gli uomini; b) davanti alle consonanti gl(i), gn, sc(i), z, che tra vocali non sono mai scempie (e che quindi nella pronuncia, in contrasto con la scrittura, fanno sillaba per metà con la vocale precedente), es. gli gliommeri, gli gnocchi, gli sci, lo zoccolo, lo zotico; c) davanti ai gruppi consonantici s + cons., ps-, pn-, x, e pochi altri più rari, es. lo specchio, lo strano, gli sbagli, gli sfratti, lo pseudonimo, lo pneumotorace, lo bdellio, lo xenofobo; d) nel plur. gli dei. Inoltre si usa lo nella locuz. per lo più, per lo meno, dov’è un residuo della regola vigente nella lingua antica, che voleva sempre lo dopo parole terminanti in consonante e l’ammetteva anche in altre posizioni dalle quali oggi è scomparso del tutto: Lo giorno se n’andava (Dante). Si usano il e i in tutti i casi non enumerati sopra, e cioè: a) davanti a consonante semplice (che sia tale nella pronuncia oltre che nella scrittura), es. il ballo, il rosso, i balli, i rossi; b) davanti a un gruppo costituito da una fricativa labiale o un’esplosiva più una liquida (f, p, t, c, v, b, d, g seguite da l oppure da r), es. il plettro, il grande, i plettri, i grandi. Non mancano oscillazioni e incertezze, soprattutto davanti a i- semiconsonante (per es. l’iodio, il iodio, e più spesso lo iodio; l’Yemen, il Yemen, e più spesso lo Yemen; ma al plur. sempre gli, senza apostrofo: gli iatagan, gli Iugoslavi), davanti a gruppi consonantici poco comuni nella lingua italiana (es. lo pneumatico, gli pneumatici, e ormai sempre più frequenti il pneumatico, i pneumatici), davanti a consonanti iniziali di voci straniere, che siano male assimilabili o pronunciate in maniera diversa (es. il Heine, lo Heine, l’Heine). Il femm. la si elide quasi sempre davanti a vocale (l’anima, l’uva); meno com. è l’elisione di le: le anime o l’anime, le uve o l’uve; né l’uno né l’altro si elidono mai davanti a semiconsonante (la iena, le uova). L’articolo determinativo si fonde inoltre con alcune preposizioni (per es. dal=da il, nel=in il, ecc.), dando luogo a preposizioni articolate. Quanto all’uso, se il sostantivo è preceduto da un aggettivo, l’articolo si premette a questo: il lieto giorno, i bei dipinti, le lunghe e tormentate notti; ma s’inserisce fra l’agg. e il sost. nelle formule: tutto il giorno, tutt’e due gli occhi, ambedue gli ostacoli e sim. Si omette in molte locuz. del tipo aver fame, aver sete, perder tempo, non aprir bocca, ecc., in proverbî e sentenze (per es., carta canta e villan dorme), e con alcuni nomi di parentela preceduti immediatamente dall’agg. possessivo: mio padre, tua madre, suo fratello, mia moglie (ma con i plurali e con loro e proprio l’articolo è espresso: i miei fratelli, le sue nipoti, il loro padre, il proprio figlio). Coi nomi proprî di persona è limitato per il femm. all’uso familiare regionale (la Giovanna; ma non la Giovanna d’Arco); anche per il masch. resta d’uso solo regionale (settentr. il Carlo), anche in unione col cognome (il Giuseppe Rossi). Quando il cognome è solo, l’uso dell’articolo è oscillante: con riferimento a uomo, è frequente nel linguaggio burocr. e nelle citazioni di personaggi recenti o di media notorietà (il Rossi, il Brambilla; il Chiabrera, il Cattaneo), mentre per i personaggi di grande notorietà può essere omesso, e in taluni casi è del tutto insolito (il Petrarca, il Boccaccio, o Petrarca, Boccaccio, ma di norma senza articolo Colombo, Mazzini, Garibaldi, Verdi, Puccini, ed è escluso in modo tassativo nella menzione di personaggi illustri comunem. designati col solo nome o prenome: Virgilio, Dante, Tiziano); in genere, l’articolo è omesso nel nominare persone che si conoscono tra di loro, come i compagni di classe, i colleghi di ufficio e sim.; con riferimento a donne, l’articolo viene usato soprattutto per ragioni di chiarezza (la Duse, la Deledda), ma oggi si preferisce ricorrere al solo cognome, senza l’articolo. Dei nomi geografici escludono l’articolo alcune isole (Candia, Capri, Cipro, Corfù, Creta, Malta, Rodi e la maggior parte delle isole minori) e i nomi di città (con eccezioni come l’Aia, l’Aquila, La Spezia, l’Avana, il Cairo, la Mecca, e tutti quelli che sono usati come denominazioni di squadre sportive, spesso con cambiamento di genere: la Roma, il Napoli, il Torino, ecc.); i nomi di continenti, nazioni (con l’eccezione di Israele, Monaco, San Marino, sempre senza articolo) e regioni lo escludono solo in alcune costruzioni, per es. tutta Europa; la repubblica di Francia; recarsi in Toscana. Davanti a sostantivi designanti tempo, l’articolo ha il valore della prep. articolata nel e, secondo i casi, della prep. di: partì il giorno seguente; nacque l’anno 1818; la mattina, la sera, l’estate, ecc.; o significa «per ogni»: guadagna 1500 euro il mese. ◆ A. indeterminativo. Ha solamente il sing., e le sue forme sono: per il masch., un e uno, che davanti a consonante si usano rispettivamente negli stessi casi di il e di lo mentre davanti a vocale si usa un, sempre senz’apostrofo (un libro, un cristallo; uno spigolo, uno gnomo; un amico, un uscio); per il femm., una, che davanti a vocale di regola si elide (una casa, una spazzola, un’isola, un’amica). Davanti a semiconsonante, il masch. è sempre un davanti a u- (un uomo, un uovo), mentre si hanno oscillazioni di uso davanti a i- (un iato, uno iato; un iugoslavo, uno iugoslavo); in tutti i casi una per il femm. (una iena, una uosa).