ascensore sociale
loc. s.le m. Processo che consente e agevola il cambiamento di stato sociale e l’integrazione tra i diversi strati che formano la società. ◆ Certo, essere giovane in una società in crescita, come quella degli Anni Cinquanta e Sessanta, è altro dal vivere nella società ereditaria dei Novanta, dove l’ascensore sociale è in panne e i figli ereditano, con i beni, anche il mestiere e lo status dei padri. Certo, la prima generazione a non aver fatto politica non ha conosciuto la scuola dove si formavano le capacità - di parlare in pubblico, di entrare in relazione con gli altri, non ultima la capacità di lavoro - indispensabili ad assumere una leadership. (Aldo Cazzullo, Stampa, 21 agosto 1999, p. 20, Società e Cultura) • Viviamo in un sistema capitalista, piaccia o no è questo il nostro orizzonte. Solo che capitalismo è nome che copre tutto, da sistemi in cui la mobilità sociale è elevata, a quelli in cui un cerbero autoritario tiene bloccato l’ascensore sociale che permette il ricambio. Il Pd opti per la schumpeteriana distruzione creatrice, declinando le posizioni nei temi pratici, e spiegandone i motivi. (Salvatore Bragantini, Corriere della sera, 26 giugno 2007, p. 42, Economia) • c’è persino Daniela Bongiorno, la moglie di Mike, assieme al figlio più piccolo: «Walter [Veltroni] è un amico e il Pd è una cosa nuova». La Bovisa Jazz band e l’Inno di Mameli, il leader del Pd che ripercorre la storia della città, «cuore della modernità», parla di fabbriche nate in uno stanzino, di «ascensore sociale che ha come propulsore il rischio» e cita i suoi «figli migliori»: il commissario Luigi Calabresi, l’avvocato Giorgio Ambrosoli: «Altro che giuramento a Pontida, l’Italia migliore è qui». (Rodolfo Sala e Goffredo De Marchis, Repubblica, 11 aprile 2008, p. 2).
Composto dal s. m. ascensore e dall’agg. sociale, ricalcando l’espressione fr. ascenseur social.
Già attestato nel Corriere della sera del 26 aprile 1995, p. 15 (Josette Alia).