asino
àsino s. m. (f. -a) [lat. asĭnus, der. da un vocabolo preindoeuropeo affine al sumerico anśu «asino», come il gr. ὄνος «asino»]. – 1. Quadrupede da soma e da basto, detto anche ciuco o somaro: è un perissodattilo della famiglia equidi, che ha molte analogie col cavallo, rispetto al quale ha dimensioni in genere minori, orecchie più lunghe (che costituiscono una delle sue caratteristiche più note), zoccoli più piccoli e stretti, e colore del mantello quasi uniforme. L’a. selvatico è diffuso in località steppose e desertiche; resistente nella corsa, vive spesso in branchi di 5-20 individui in Asia e in Africa. L’a. domestico, forse introdotto in Europa in età neolitica, è adoperato come animale da tiro, da basto, da sella; la sua carne è buona e viene largamente usata nella confezione di salumi; il latte di asina si avvicina molto, per la composizione, a quello di donna. Per la locuz. a schiena d’asino, v. schiena, n. 1 b. 2. Come simbolo dell’ignoranza, della zotichezza e della caparbietà ha dato origine a una larga serie di locuzioni e di modi di dire: essere, parere un a., essere un a. calzato e vestito, di persona rozza e ignorante; e come apostrofe o titolo ingiurioso: asino!, pezzo d’a.!, quell’a. di ...; duro, cocciuto come un a.; a. bardato, a. risalito, di chi da povero è diventato ricco e potente, senza reali meriti e conservando sempre evidenti tracce della sua origine; calcio dell’a., atto vile di chi insulta un potente caduto dopo averlo adulato (con allusione a una nota favola in cui l’asino dà un calcio al leone morente); orecchie d’a., come simbolo d’ignoranza; bellezza dell’a., bellezza esclusivamente fisica, esteriore (o anche la giovinezza, quando sia la sola dote di una donna in giovane età: come cervello, era un’oca, ma aveva la bellezza dell’a. e trovava sempre qualche ammiratore); fare l’a., ostinarsi a sproposito, o comportarsi in modo grossolano, o anche fare il cascamorto, dimostrare con svenevolezza il proprio amore a una donna; qui casca l’a., qui è l’ostacolo, la difficoltà; credere, fare credere che un a. voli, credere, fare credere cose impossibili; fare come l’a. del pentolaio, fermarsi a tutti gli usci, dappertutto; fare come l’a., che porta il vino e beve l’acqua, lavorare e lasciarsi sfruttare; lavare la testa all’a., fare cosa inutile (spec. cercando di correggere persona testarda); legare l’a. dove vuole il padrone, eseguire passivamente gli ordini di chi comanda, pur di vivere in pace, di non avere fastidî. Prov.: meglio un a. vivo che un dottore morto (esortazione a non ammazzarsi con uno studio eccessivo); raglio d’a. non giunse mai in cielo, la maldicenza o le imprecazioni di persona ignorante o malvagia sono prive di efficacia. 3. a. Asino di Buridano: argomentazione sofistica, attribuita al filosofo G. Buridano (prima metà del sec. 14°), per la quale un asino affamato, posto a uguale distanza tra due mucchi di fieno uguali, morirebbe di fame non sapendo decidersi tra le due cose ugualmente appetibili (cfr. Dante, Par. IV, 1-2). b. Asina di Balaam: nel racconto biblico, l’asina che durante il viaggio intrapreso dall’indovino arameo Balaam per andare a maledire gli Ebrei, si fermò per l’apparizione di un angelo e, picchiata, parlò lamentandosi; fig., di bestia restia, che non vuole andare avanti, o di bestia che parla. c. Ponte dell’asino: espressione della scolastica (falsamente attribuita a G. Buridano) con la quale venne chiamata ogni figura che, in aiuto dei meno esperti (onde il nome), tendesse a dare evidenza intuitiva ad astratte relazioni logiche, e ad agevolare così, soprattutto, la ricerca del termine medio di un sillogismo; l’espressione è usata in altre discipline per indicare punti di particolare difficoltà, come, in matematica, il 5° teorema del libro I di Euclide. ◆ Dim. asinèllo (v.), raro asinino; accr. asinóne; vezz. e spreg. asinùccio; pegg. asinàccio.