assurdo
agg. e s. m. [dal lat. absurdus, propr. «stonato», der. di surdus «sordo»]. – 1. agg. Che è contrario alla ragione, all’evidenza, al buon senso; che è in sé stesso una contraddizione: un’affermazione, una tesi, una supposizione a.; queste sono pretese a.; anche di cose o fatti reali, ma quasi incredibili per la loro stranezza o eccezionalità: è una situazione assurda. Per estens., riferito a persona, un uomo a., una donna a., un tipo a., irragionevole, dal comportamento stravagante o fuori della norma. 2. s. m. Ciò che non può essere pensato perché privo di ogni fondamento nella ragione, e quindi intrinsecamente contraddittorio: dimostrare l’a. di una tesi; è un a. ciò che tu sostieni (in questi esempî, è più com. assurdità). In matematica, riduzione, deduzione all’a., o dimostrazione per a., tipo di argomentazione, frequente in matematica, per cui, presupposta vera la tesi opposta a quella che si vuol dimostrare, si fa vedere come ne derivino conseguenze contraddittorie; in partic., in logica matematica, primo e secondo principio della riduzione all’a., principî secondo i quali un enunciato è falso se implica la propria negazione o, rispettivam., una contraddizione. Teatro dell’assurdo, espressione con la quale si indica la produzione teatrale di varî autori del Novecento (J. Genêt, A. Adamov, S. Beckett, E. Ionesco), che esprimono l’angoscia esistenziale e l’irrazionalità della condizione umana attraverso l’abbandono dei mezzi espressivi logici e razionali. ◆ Avv. assurdaménte, in modo assurdo, incomprensibile, inspiegabile: comportarsi assurdamente.