(auto-fiction) s. f. inv. Genere letterario in cui l'autrice o l’autore è protagonista delle vicende di finzione narrate. ♦ Dominguez, che incarna se stesso, fa vivere allo spettatore il prima, il durante e il dopo (ovvero il processo) della produzione di una performance. Una sorta di auto-fiction che tesse presente, futuro e passato nell'esposizione di elementi reali e biografici e del loro potenziale sviluppo. In scena un uomo in abito bianco poggia cartelli uno dopo l'altro sotto l’occhio della video-camera che li ri-proietta trasformando il pubblico in lettore. (Repubblica, 25 marzo 2004, Bologna, p. 13) • Ormai quasi dieci anni fa il comparatista e romanziere Philippe Forest, in quello che fu il suo primo libro pubblicato in Italia, Il romanzo, l'io, quando aveva già alle spalle i due strazianti romanzi, Tutti i bambini tranne uno e Per tutta la notte, compose un complesso e brillante discorso sulla cosiddetta «autofiction». Ci metteva in guardia dalla coincidenza – nell'autofiction – dell'autore con il narratore, perché nel romanzo dell'io l'insegnamento è che «qualunque sia la forma di racconto adottata, tale coincidenza non esiste mai». (Michele De Mieri, Unità, 30 settembre 2009, p. 43) • Autofiction. Presentazione di «Niente che mi riguardi» (Gaffi) di Janice Galloway. Con Camilla Baresani e Filippo La Porta. (Corriere della sera, 30 marzo 2011, ViviMilano, p. 57, Arti) • Quando in un discorso sul romanzo contemporaneo si sente parlare di autofiction, il critico mette mano alla pistola. Il motivo ha a che fare con questioni di etichetta, nel senso stretto del termine. Cosa sarà, si chiede il lettore, questa autofiction (un termine che viene dalla teoria del romanzo francese degli anni ’70 con Serge Doubrovsky e che in Italia con l’inizio del secolo ha conosciuto una nuova primavera)? Un modo à la page di indicare come oggi ci si confessa, dal diario di Facebook all’autobiografia letteraria, o uno pseudoconcetto universitario? È una parola che di recente Pascale ha inserito dapprima come feticcio teorico di cui sbarazzarsi con soddisfazione malcelata in Le attenuanti sentimentali (nelle sue pagine Pascale mostra di frequente una lievissima insofferenza verso i critici), poi in quanto ineliminabile orizzonte del discorso in cui lo scrittore si recinta nel secondo pannello di Le aggravanti sentimentali. (Lorenzo Marchese, Foglio.it, 13 aprile 2016, Cultura) • Per chi volesse approfondire gli aspetti autobiografici di Capote, I cani abbaiano è la scelta giusta. Scritto a metà tra un diario segreto e una sorta di confessionale, il volume raccoglie alcune delle sue esperienze più significative, tra autobiografia e autofiction. Un’intera panoramica di quella mondanità del Novecento dal punto di vista storico, culturale e artistico, racchiusa in 400 pagine. (Martina Marasco, Libraio.it, 30 gennaio 2019, News d'autore) • [tit.] David Foenkinos, la trama / inattesa dell’autofiction. (Manifesto.it, 19 marzo 2022, Cultura).
Termine fr. coniato nel 1977 dallo scrittore francese Serge Doubrovsky (in riferimento al suo romanzo Fils), composto da auto(biographie) (‘autobiografia’) e fiction (‘narrazione di fantasia’).
Già attestato in it. nel 1995, secondo lo Zingarelli 2022.