autorimprovero
(auto-rimprovero), s. m. Rimprovero rivolto a sé stessi. ◆ Sigmund Freud, nel suo scritto «Lutto e Melanconia» affermava: gli autorimproveri che il melanconico rivolge a se stesso, sono realmente diretti a se stesso, oppure sono diretti a quegli «oggetti interni» con cui l’Io sarebbe inconsciamente identificato? (Tempo, 14 settembre 1998, p. 5, Primo piano) • Cesare Pavese visse con un implacabile sentimento di auto-rimprovero e di personale inadeguatezza il fatto di aver trascorso nella «casa in collina» il periodo più tempestoso (e, ovviamente, rischioso) dell’epopea resistenziale. (Pierluigi Battista, Stampa, 7 marzo 2000, p. 25, Società e Cultura) • La vergogna non è un’emozione pura: [...] Può anche arrivare a toccare la franca psicopatologia (come nella fobia sociale, la paura patologica del giudizio degli altri) o la paranoia, deviando verso l’autorimprovero più profondo che può diventare suicidio, espressione estrema dell’incapacità di sopportare il giudizio negativo altrui. (Carlo Sartorio, Corriere della sera, 18 maggio 2003, p. 34, Cultura).
Composto dal confisso auto-1 aggiunto al s. m. rimprovero.
Già attestato nella Repubblica dell’8 gennaio 1985, p. 22, Cultura (Mario Novi).