avemmaria
avemmarìa (o avemarìa, meno com. ave Marìa) s. f. – 1. a. Forma corrente per indicare la preghiera dell’Ave Maria, detta anche salutazione angelica, che nella prima parte ripete le parole con cui l’angelo saluta la Vergine nell’Annunciazione (Luca 1,28): recitare l’a.; biascicare avemmarie e gloriapatri; sapere una cosa come l’a., saperla benissimo, a memoria. Come nome della preghiera nelle sue versioni musicali si usa la forma latina Ave Maria (per es., l’Ave Maria di Schubert). b. L’ora del tramonto in cui suonano le campane per invitare i fedeli a recitare la preghiera alla Vergine, e il suono stesso della campana (detto anche Angelus): all’a., prima dell’a., dopo l’a.; doveva esser suonata l’avemaria, sebbene la campana non si fosse udita (Verga). 2. Ciascuna delle palline di minor grandezza del rosario, in corrispondenza delle quali si recita un’Ave Maria: fra Cristoforo ... stava sospeso, cercando le parole, e facendo scorrere tra le dita le ave marie della corona che teneva a cintola (Manzoni). 3. Tipo di pasta bucata da minestra, più piccola dei paternostri.