avere. Finestra di approfondimento
Il senso del possesso - Tra i verbi più frequenti e generici in ital., a. ha numerosi sign., oltre all’uso come ausiliare. Il sign. principale è quello di «essere in possesso di qualcosa». In questo caso a. è l’unico verbo non marcato rispetto ai sinon., che sono tutti o più formali, o burocr., oppure region., com’è il caso di tenere: tiene cinque figli (a meno che non sia inteso come «avere o stringere in mano»: tiene in braccio il bambino = ha in braccio il bambino). Possedere e detenere accentuano l’idea del possesso, il primo riferito soprattutto a beni materiali, il secondo anche a successo, potere e sim.: chi vive contento di quello che possiede, a mio parere non merita essere riputato avaro (L. B. Alberti); detiene il primato dei cento metri. Molto più ricercato è fruire (di: egli avrebbe potuto fruire di un prezzo ben più vantaggioso [I. Svevo]) e, sim., disporre (di: dispone di un notevole patrimonio). Anche essere può fungere da sinon. di avere nel cosiddetto dativo di possesso (d’uso ant. e lett.): a me non è la forma di Adone né le ricchezze di Mida (G. Boccaccio).
Averci - Nel registro fam. è frequentissimo da sempre, in tutti i sign., l’uso della forma pron. averci (ci ho fame; ci abbiamo voglia di uscire, sempre pronunciati con elisione della i di ci), che talora è, di fatto, l’unica forma possibile, per es. nelle risposte in cui compaia un pron.: hai una maglietta da prestarmi? - No, non ce l’ho. Benché diffusissimo nella lingua parlata, averci non è frequente nella lingua scritta, anche a causa dell’incerta grafia. Si incontra infatti, ad es., tanto c’ho quanto ci ho, ma nessuna delle due soluzioni è completamente convincente: il primo tipo rende conto della pronuncia senza i, ma potrebbe, proprio per questo, ingenerare l’equivoco di una pronuncia /kɔ/; il secondo tipo induce a pronunciare la i che, invece, è solo diacritica (come in ciò).
Avere sensazioni - Nel caso di alcune sensazioni (a. freddo, caldo, male), a. ha come sinon. sentire: sento freddo ai piedi. Più ricercati sono avvertire e provare: provo un certo fastidio agli occhi. Nutrire è sinon. di a. soltanto in alcune espressioni: nutrire la speranza, il desiderio, il sospetto, e poche altre. Sperimentare è adatto soltanto in determinati contesti che accentuino l’idea di una certa straordinarietà della sensazione: scalando quella montagna da solo, per la prima volta ho sperimentato la vera paura. Nel caso di a. fame o sete, invece, non si danno sinon. se non frasali e più intensi: essere affamato, assetato; oppure più attenuati: avvertire (avverto una certa sete). Sinon. di a. voglia o a. il desiderio sono invece volere o desiderare e similmente si dica di altre espressioni, per lo più pertinenti a stati d’animo, costruite con un sost. che ha la stessa radice del verbo eventualmente usato come sinon. dell’intera espressione, peraltro solitamente più fam. del verbo stesso: a. il rimpianto = rimpiangere; a. il sospetto = sospettare; a. intenzione = intendere; a. la speranza = sperare; a. timore (o, più com., paura) = temere; e ancora: a. importanza = importare; a. parte = partecipare; a. valore = valere. Così come per a. fame o sete, è notevole il fatto che, pur di valore così generico, il verbo a. in molti contesti sia privo di sinon.; per es. quando si parla di età: quanti anni hai? - Ho trent’anni; oppure in casi come a. ragione, torto, fretta. Talora i sinon. sono anch’essi fraseologici (costruiti per lo più col verbo essere e un agg. corradicale del sost. che accompagna a.): a. coraggio = essere coraggioso; a. fortuna = essere fortunato; a. da fare = essere indaffarato o impegnato. In tutti questi casi il verbo a., proprio in quanto generico e finalizzato soltanto a sostenere dei complementi ogg., è detto verbo supporto.
Avere addosso e contare - A. significa spesso «tenere indosso», riferito per lo più a vestiti e scarpe (ma anche talora alla capigliatura: ha i capelli a caschetto). In questo caso ha come sinon. perfettamente equivalente portare: porta i capelli a spazzola; porta la pelliccia. Indossare è sinon. più formale se ci si riferisce a vestiti, calzare se ci si riferisce a scarpe. Se è seguito da una quantità numerica, a. ha vari sinon., tutti più formali e adatti per lo più per i grandi numeri: annoverare e contare (quel grattacielo conta 70 piani) oppure comprendere, contenere e includere, se ci si riferisce a entità suddivise in più parti (il libro comprende 17 capitoli). Vantare presuppone una ragguardevole quantità: l’azienda vanta un fatturato annuo di un milione di euro.
Avere con fatica - Anche nel sign. di «arrivare a possedere qualcosa», si contano numerosi sinon. di a.: conseguire è adatto per premi e riconoscimenti: ha conseguito una laurea honoris causa; a. conseguito gran fama e gran vittorie (N. Machiavelli). Analogam. prendere e ricevere: ha preso l’Oscar per il miglior film. Di sign. più intenso è conquistare, che suggerisce l’idea della competizione o dello sforzo: con fatica ha conquistato il primo posto. Anche guadagnare (e guadagnarsi) rimanda a una conquista: è riuscito a guadagnarsi la stima di tutti. Ottenere ha un impiego più ampio: ha ottenuto un buon risultato all’esame; ho ottenuto un appuntamento col presidente; otterrà quel che desidera. Più specifici sono percepire (per stipendi e sim.: come si fa ad offrirle un salario inferiore di quello che percepisce? [I. Svevo]); ricavare (per soldi ottenuti per lo più da una vendita: andava mentalmente facendo i conti di quel che si sarebbe potuto ricavare a vendere tutta quella roba [E. De Marchi]) e riscuotere (sempre riferito a guadagno, anche fig.: il re mandò a lui uno de’ suoi officiali per riscuotere il tributo [G. B. Ramusio]; ha riscosso un notevole successo). Sempre connessi col denaro sono acquistare e comprare, sinon. di a. soltanto nei contesti in cui si specifichi il prezzo pagato: siamo riusciti ad acquistare (o a.) quell’appartamento per soli 100.000 euro.