bello. Finestra di approfondimento
Piacere estetico - Tra gli agg. che designano una sensazione di piacere estetico, b. (col suo contr. brutto) è forse quello dall’area semantica più ampia e sfumata. Proprio per questo i numerosissimi sinon. colgono aspetti e gradi spesso diversi. Se si parla di una persona, b. ha di solito come sinon. attraente, avvenente (né ti mancherà un avvenente e tenero sposo [A. Verri]). Più raro è benfatto. Tuttavia b. rimanda talora a certo distacco, mentre attraente e avvenente implicano un maggior coinvolgimento dei sensi, tanto che è possibile imbattersi in enunciati come il seguente, in cui i termini vengono usati quasi come contr.: è molto bella, ma non è per niente attraente. Ancora più marcato nel senso dell’attrazione sessuale è il romanesco (ma usato in tutta Italia, nel parlato pop.) bono, per lo più al femm.: bona (v. la scheda buono), entrambi pronunciati con una /b/ molto forte. Se la persona è davvero molto bella, in luogo dei superl. sono disponibili altri sinon.: delizioso, incantevole, meraviglioso, stupendo (nei quali s’è perso quasi del tutto l’etimo di «che suscita incanto, meraviglia, stupore» e sim.), tutti adatti non soltanto per le persone ma anche per le situazioni, le cose e i luoghi (grazie per la serata stupenda). Di meraviglioso e stupendo – e inoltre di fantastico, magnifico, splendido, straordinario e altri – ridonda soprattutto la lingua pubblicitaria e televisiva, per inveterata tendenza all’uso iperb. Carino è invece l’agg. più com. (spesso abusato, non soltanto in riferimento a persone) per intendere un grado inferiore di bellezza, talora anche usato come contr. di b.: suo marito b. non è di certo, diciamo che è carino. Carino indica anche un certo grado di gentilezza: sei molto carino a venire da me. Da questo sign., il der. fam. carineria «gesto gentile».
Contrari - Minori sfumature si osservano tra i contr. di b.: brutto e il raro malfatto sono gli unici termini non marcati e manca un preciso contr. di carino (se non il vezzeggiativo bruttino: la ragazza era bruttina, ma aveva una bella voce [G. Verga]). Sgradevole e spiacevole (adatti non soltanto per le persone ma anche per i luoghi, per i cibi, per le situazioni, ecc.) indicano un grado in più rispetto al semplice non b. (è stato un incontro davvero sgradevole). Antiestetico, goffo, sgraziato e disarmonico, oltre ad essere più formali di brutto, indicano sfumature diverse. Sgraziata, goffa o disarmonica è soprattutto una persona (o un animale; disarmonico può essere anche un oggetto o un luogo privo di giuste proporzioni tra gli elementi che lo compongono) per via dei movimenti poco eleganti. Antiestetico può essere anche un vestito o un elemento d’arredo.
Numerosi invece i sinon. del superl.: abominevole, deforme, disgustoso, orribile, repellente, schifoso, stomachevole, terribile, tutti (tranne deforme e per certi aspetti abominevole) adatti non soltanto per le persone ma anche per luoghi, cose e situazioni. Non è forse casuale che brutto sia più povero di sinon. rispetto a b., dal momento che in molte coppie aggettivali il polo positivo ha più sinon., essendo quello semanticamente meno marcato e quindi più bisognoso di sfumature (si veda anche quanto detto a proposito della coppia alto/basso, nella scheda alto).
Il bello dei luoghi e del tempo - Un luogo (aperto o chiuso) è spesso definito b.; i sinonimi possibili sono accogliente (più adatto per i luoghi chiusi: una stanza calda e accogliente), ameno (più lett.: vi ravviso o luoghi ameni, recita un’aria della Sonnambula di V. Bellini), gradevole, piacevole, ridente (più adatto per i luoghi aperti: una ridente cittadina; in mezzo ad un’ampia e deliciosa pianura, tutta ridente di fiori [D. Bartoli]; anche il cielo e una giornata possono essere ridenti: il cielo tutto ridente porgeva graziose ore [G. Boccaccio]). Ancora una volta i contr. sono meno vari e numerosi: brutto e squallido (abusato nella lingua comune: che casa squallida!). Le cose belle possono essere gradevoli e piacevoli, e inoltre (e non soltanto se si tratta di opere musicali) armoniche e armoniose, se si vuole intendere un’equilibrata proporzionalità tra le parti che le compongono: bisogna contener tutti in un quadro armonico (L. Pirandello); ogni gesto / armonioso e rude / mi fu d’esempio (G. D’Annunzio).
B. è sinon. di buono quando si parla del tempo. Altri sinon. sono calmo (valido soltanto se si intende «senza vento»), chiaro, limpido, luminoso, sereno e terso, usati sia in riferimento a aria, cielo, giorno e sim. (dolce e chiara è la notte e senza vento [G. Leopardi]; giornata serena; cielo terso, ecc.), sia impersonalmente: oggi è limpido. Stavolta sono ben rappresentati anche i contr., data la frequenza d’uso di questi contesti: oltre ai generici brutto o cattivo, si ricordino almeno coperto, fosco, nuvolo, nuvoloso, plumbeo, che alludono tutti al cielo coperto di nubi.
Piacere sociale, morale e sim. - V’è poi tutta una serie di sign. di b. indipendenti dal valore estetico ma pertinenti ora al valore morale, ora all’utilità. Se si parla di persone (soprattutto nell’espressione b. gente), b. ha i sinon. altolocato, aristocratico, chic, di classe, elegante, raffinato, ricercato, signorile, e si oppone a rozzo, volgare. A eccezione di altolocato e in parte di aristocratico, riservati alle persone, gli altri agg. possono riferirsi anche a situazioni o ambienti e talora anche a cose: è un club davvero chic; è un vestito di classe. Qui brutto non sarebbe del tutto appropriato come contr., perché appiattirebbe il senso sul valore estetico, che invece è secondario (anche se nulla impedisce di bollare un gruppo di persone poco raccomandabili come brutta gente). Se si parla di acutezza, si può dire di una persona che ha (o è) un bell’ingegno, una b. testa, un bel cervello e sim.; in questo caso b. è sinon. di acuto, fine, pronto, vivace e si contrappone a ottuso o tardo ma non a brutto.
Anche nel sign. di «quantitativamente rilevante» b. (che in genere serve a rafforzare il sost. che segue) non si contrappone tanto a brutto quanto a modesto, piccolo, scarso, e ha come sinon. abbondante, considerevole, cospicuo, grande, grosso, notevole, ragguardevole: è proprio un b. stipendio; non vedo l’ora di farmi una b. dormita; mi ha dato un bel calcio; è un bell’impostore; mi sono fatto una b. macchia. Addirittura, in alcuni di questi esempi (segnatamente, quelli in cui b. richiama una gran quantità di una cosa o di un’idea negativa, e quindi è praticamente usato in modo antifrastico rispetto al principale sign. di b. come «che ha poco o niente di negativo») brutto è sinon. di b.: che brutto impostore!; una brutta macchia e sim. Talora assume anche valore avv., quando intensifica degli agg. (o dei sost.): è bello sporco; è un bel cretino; se n’è andato nel bel mezzo della discussione; non gli darò un bel niente. Nei primi due esempi il sinon. è molto, negli ultimi due proprio.
Contrari - A differenza di b., brutto implica spesso anche una valutazione morale ed è sinon., dunque, di cattivo, molto più spesso di quanto b. sia sinon. di buono (si ricordino comunque esempi quali un bel gesto, in cui b. vale per l’appunto buono, generoso, magnanimo e sim.). è il caso, per es., di avere una brutta fama; farsi un brutto nome; essere coinvolto in una brutta situazione o in un brutto giro o in una brutta storia e sim. In frasi come queste, il giusto contrario di brutto non è b., e talvolta neppure buono, bensì favorevole, onesto, positivo o altri, a seconda del contesto. Anche quando si parla di malattia (ho un brutto mal di testa), l’agg. brutto (che ovviamente in questo caso non può avere veri e propri contr., visto che non esiste una malattia bella) non si contrappone a b. ma, semmai, a innocuo, leggero, sopportabile e sim. ed è sinon. di grave, insopportabile, intenso, o addirittura mortale, spec. nell’espressione pop. ed eufem. brutto male, che sta peraltro solo per cancro o tumore (maligno).