bioequivalente
agg. Che equivale a un altro farmaco, dal punto di vista dell’assorbimento e della metabolizzazione da parte dell’organismo. ◆ ci sono precise regole che consentono di sostituire farmaci molto cari con altri più economici, cosa che non sempre è possibile. Bisogna intanto che questi prodotti risultino bioequivalenti rispetto alle specialità medicinali autorizzate, cioè avere la stessa composizione in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche. Identici in tutto tranne che nel prezzo, visto che costano mediamente il 20 per cento in meno. (S. P., Repubblica, 12 agosto 2000, Firenze, p. II) • I generici, in base alla legge n. 425 del ’96, «devono essere bioequivalenti rispetto ad una specialità medicinale già autorizzata con la stessa composizione quali-quantitativa dei principi attivi, stessa forma farmaceutica e stesse indicazioni terapeutiche». Quindi, devono avere un’efficacia terapeutica identica ai farmaci di specialità (quelli di marca già in commercio); (Maria Giovanna Faiella, Corriere della sera, 1° dicembre 2002, p. 32) • Febbre alta? Tachipirina. Raffreddore, mal di testa? Aspirina. Ovvero paracetamolo e acido acetil salicilico: così si chiamano i principi attivi dei due medicinali, che sono tra i più diffusi e conosciuti. Nel lessico comune il marchio del farmaco ha preso il sopravvento sul nome proprio, e anche questo insegna qualcosa sul sistema di commercializzazione dei medicinali. Dal punto di vista del contenuto i medicinali generici sono del tutto identici agli originali, anche se i medici avvertono che bisogna fare attenzione ad usare solo quelli di qualità, «bioequivalenti» e capaci di garantire la piena efficacia fino alla data di scadenza. (Ma. Sod., Stampa, 23 ottobre 2005, p. 11, Cronache Italiane).
Composto dal confisso bio-2 aggiunto al p. pres. e agg. equivalente.