braccio
bràccio s. m. [lat. brachium, dal gr. βραχίων] (pl. le bràccia, femm., in senso proprio e come misura, i bracci negli altri sign.). – 1. In anatomia umana, il segmento dell’arto superiore che va dalla spalla alla piegatura del gomito; nel linguaggio corrente il termine indica comunem. ciascuno dei due arti superiori dalla spalla alla mano: muovere, agitare le b.; alzare le b.; prendere, afferrare per un b.; allungare le b., stenderle in fuori o lungo i fianchi; allargare le b., in segno di rassegnazione o per significare impotenza a fare qualcosa; stare a b. conserte; incrociare le b. sul petto, nell’adorazione, nella preghiera, e così pregare, supplicare con le b. in croce (con altro sign., incrociare le b., come atto dimostrativo di non voler lavorare, e quindi sinon., spesso, di scioperare). 2. Locuz. particolari: a. Avere, tenere, portare un bambino in braccio, reggerlo sul braccio premendolo contro il petto (e analogam. essere, o stare, in b., detto del bambino); avere, tenere sotto (il) b. (un libro, una borsa, ecc.), tenere stringendo tra il braccio e il fianco; tenere sotto b. una persona, a braccetto; dare il b., porgerlo a uno perché vi si sostenga nel camminare (anche atto di cortesia o cavalleresco verso una signora). B. di ferro, prova di forza tra due persone che, sedute a un tavolo, prendendosi per la mano e facendo perno sul gomito appoggiato al tavolo stesso, tentano di abbattere l’uno il braccio dell’altro (l’espressione è usata anche in senso fig., riferita a contendenti che difendono tenacemente le proprie posizioni o pretese, senza voler cedere a soluzioni di compromesso: il b. di ferro tra governo e sindacati). b. A braccia, con le braccia, a forza di braccia: caricare, trasportare, portare a braccia. Nel gergo teatrale si dice recitare a braccio quando s’improvvisa la parte aiutandosi con la mimica (tipo di recitazione proprio della Commedia dell’Arte); oggi anche dell’attore svogliato e disattento o di quello non ben sicuro della parte che gli è stata affidata d’improvviso per sostituire un altro attore. Per estens., parlare, predicare, far lezione, poetare a braccia (oppure a braccio), improvvisando, senza essersi preparato: non predica sempre a braccio, come faceva qui, per i pescatori e i contadini (Manzoni); parlò una mezz’ora, così a braccia, come gli veniva (F. De Sanctis). c. Altre frasi e locuz. si riferiscono alle braccia in quanto servono a stringere con affetto o a proteggere: stringere fra le b.; gettare le b. al collo, abbracciare con slancio; fig., mettersi, gettarsi nelle b. di uno, affidarsi alla sua protezione o tutela; stendere le b. a qualcuno, per dimostrargli benevolenza, per chiamarlo a sé; accogliere, aspettare a b. aperte, con desiderio, amorevolmente (e con sign. simile, in Dante: la bontà infinita ha sì gran braccia, Che prende ciò che si rivolge a lei); fig., darsi in braccio, abbandonarsi, divenire preda: s’è dato in b. al vizio, all’alcol, alla droga; essere in b. al sonno o scherz. in b. a Morfeo, dormire. 3. a. In quanto il braccio serve al lavoro: per arrivare a far tutto, bisognerebbe avere cento braccia; avere le b. rotte dalla fatica; campare, vivere con le proprie b., col proprio lavoro; avere sulle b., avere a carico, provvedere al mantenimento; sentirsi cascare le b., sentirsi spossato per la fatica, e fig. avvilirsi, perdersi d’animo davanti a qualche difficoltà (analogam., far cascare le b.: è così zuccone che mi fa cascare le b.); tagliare, troncare le b. a uno, togliergli i mezzi per condurre a termine un’impresa, limitare la sua libertà d’azione; essere il b. destro (o forte) di qualcuno, esserne il più valido aiuto. b. Per estens., al plur., lavoratori, persone considerate in relazione al lavoro che possono compiere: terra che ha bisogno di molte b.; le b. rimaste a casa non bastavano più al governo della barca (Verga); come espressione scherz., braccia rubate all’agricoltura, per indicare qualcuno non particolarmente versato nel lavoro intellettuale. Con sign. più tecnico, nell’economia agraria, unità di lavoro rappresentata dalla capacità lavorativa di ciascun componente della comunione tacita familiare nell’esercizio dell’agricoltura. 4. a. Come simbolo di potere, di forza, di autorità (cfr. mano): il malfattore è stato raggiunto dal b. della Giustizia; avere le b. lunghe, poter arrivare dappertutto, avere grande potere; avere le b. legate, non poter operare liberamente; avere braccio, avere potestà d’agire; dare braccio, lasciare troppa libertà d’azione: non bisogna dar troppo b. ai figli; prendere braccio, acquistare forza, arrogarsi autorità; è un uomo che, se gli dài un dito, si prende tutto il b., abusa cioè della libertà o della confidenza che gli si concede. b. Nel linguaggio giuridico e con riferimento al diritto intermedio: b. secolare, l’autorità del magistrato civile, e anche lo stesso magistrato, in contrapp. all’ecclesiastico; con senso più specifico, il potere di coazione riconosciuto in passato allo stato per rendere esecutive le sentenze e le ordinanze dei tribunali ecclesiastici e in partic. le pene corporali che la Chiesa poteva infliggere, ma non eseguire. B. ecclesiastico, l’autorità del magistrato ecclesiastico, e anche lo stesso magistrato, in contrapposto al civile. B. regio, l’autorità regia; più in partic., la potestà riconosciuta a determinati magistrati civili di amministrare la giustizia penale e civile, in dati casi, sommariamente e con la più ampia esenzione dal rispetto di quelle forme legali a cui d’ordinario soltanto il re sarebbe stato superiore. c. B. della morte, reparto penitenziario dove sono reclusi i detenuti in attesa dell’esecuzione capitale, spec. nelle carceri degli Stati Uniti d’America. 5. a. La lunghezza del braccio assunta talvolta come termine di misura: era a poche braccia da me; è anche misura approssimativa di lunghezza, praticamente di uso sempre più raro, corrispondente press’a poco a 60 cm. b. Con valore più determinato, unità di misura di lunghezza in uso in molte città italiane prima dell’adozione del sistema metrico decimale (a Bologna valeva 0,64 m; a Milano 0,595 m; a Venezia 0,683 m). 6. a. In anatomia comparata, il segmento (propr. stilopodio) dell’arto anteriore dei vertebrati tetrapodi, il cui scheletro è costituito dall’omero ed è perciò omologo al braccio dell’uomo. b. In zoologia, parte del corpo di alcuni animali, di struttura allungata; in partic.: le 5 parti del corpo delle stelle di mare e degli ofiuroidei; gli organi cilindrici e muniti di ventose che circondano la bocca delle seppie, dei polpi e degli altri cefalopodi; ciascuna delle due parti di cui consta il lofoforo dei brachiopodi. Usato anche talvolta come sinonimo di tentacolo. 7. Per analogia: a. Nome di molti oggetti o parti di oggetti che sporgono o si prolungano a somiglianza d’un braccio: il b. della gru; i b. della croce, le due parti della traversa orizzontale che incrocia col tronco; i b. della stadera, l’asta su cui scorre il romano; il b. della bilancia, le due parti del giogo; i b. dell’àncora, ciascuno dei raffi (detti più precisamente marre) con cui l’àncora si aggrappa sul fondo; b. d’una lampada, di un lampadario, elemento di legno o metallico, fermato alla parete o a un supporto centrale, che regge la lampada o una delle lampade: lampadario (e analogam. candelabro o sim.) a due bracci, a sei bracci; i b. di un edificio, le parti laterali, le ali (e analogam., di stabilimenti di pena); b. di mare, uno stretto; b. di fiume, una sua diramazione; b. di terra, un istmo. b. Arnese di legno costituito da due assicelle della lunghezza di circa un braccio, parallele e congiunte a un’estremità da una corta traversa verticale, usato dai sarti per stendere le maniche dei vestiti e poterle stirare più agevolmente. c. Nella teoria dei vettori, b. di una coppia, la distanza tra le rette, parallele, di applicazione dei due vettori costituenti la coppia; b. di un vettore applicato rispetto a un punto, la distanza del punto dalla retta di applicazione del vettore; b. di un vettore applicato rispetto a una retta (orientata), la minima distanza di questa dalla retta di applicazione del vettore. Si parla anche di b. di leva del vettore rispetto alla retta. 8. In marina: a. La parte del remo che va dall’impugnatura alla pala. b. Ciascuno dei cavi fissati alle due estremità dei pennoni, per orientarli; prendono il nome dai pennoni stessi, tranne quelli dei velacci e controvelacci, che si chiamano braccetti. c. Denominazione italiana della misura lineare fathom, equivalente a 1,83 m, cioè a 6 piedi inglesi, usata spesso internazionalmente per indicare le profondità del mare nelle carte idrografiche. d. Bracci portaelica, sostegni esterni allo scafo per gli assi delle eliche laterali nel punto in cui escono dallo scafo stesso. e. Di buon b., detto di vento che ha direzione favorevole alla propulsione, cioè che forma con la chiglia un angolo maggiore di 67°. f. Falso b., il cavo di fibra vegetale usato nelle operazioni di tonneggio o di ormeggio provvisorio prima di distendere gli ormeggi definitivi. 9. Ognuno dei tre «stati» (baronale, ecclesiastico e demaniale) che formavano, dall’epoca aragonese sino al 1812, il parlamento nel Regno di Sicilia. 10. Al plur., nel Tavoliere delle Puglie, i luoghi riservati alla sosta del bestiame transumante e appartenenti al demanio. ◆ Dim. braccino (pl. braccini, pop. tosc. anche le braccina, nella locuz. scherz. avere i b. corti, essere avaro), braccétto; accr. braccióne, tra dim. e accr. bracciòtto (braccio ben rotondo e grassoccio, spec. di bambino).