bubbone
bubbóne (ant. bubóne) s. m. [dal lat. tardo bubo -onis, gr. βουβών -ῶνος «inguine, tumescenza inguinale»; il termine entra in uso in Italia nel sec. 17°, attrav. il fr. bubon, sostituendo la prec. voce pop. gavòcciolo]. – 1. Nome che indicava in origine la tumefazione delle linfoghiandole inguinali, e successivamente esteso a qualsiasi tumefazione del tessuto sottocutaneo ben visibile sulla superficie del corpo, di solito connesso con malattie specifiche (adenite inguinale acuta, ulcera venerea, peste): fu sorpreso in prima da una fiera e dolentissima gonorrea ... e poscia da due bubboni nell’anguinaglia (Redi); esitò qualche momento, prima di guardar la parte [tra il cuore e l’ascella] dove aveva il dolore, finalmente la scoprì, ci diede un’occhiata paurosa; e vide un sozzo bubbone d’un livido paonazzo (Manzoni). Per estens., scherz., grosso foruncolo: mi è spuntato un b. sul naso. 2. fig. a. Elemento o situazione che sia fonte e causa di disagio, d’infezione, di corruzione (in una società, in una situazione generale, nella vita spirituale di una persona), e di cui pertanto si sente la necessità di liberarsi radicalmente: il b. della droga; estirpare il b. della mafia; aprire o far scoppiare il b., aprire la discussione su un fatto scandaloso. b. fam. tosc. Persona insopportabile, uggiosa, cavillosa, che brontola continuamente e si lamenta di tutto.