buratto
s. m. [der. settentr. del lat. *bura, nome d’una stoffa]. – 1. ant. Drappo rado e trasparente, bruno o bianco o altrimenti colorato, sul quale nel Cinquecento e nel Seicento si ricamava con filo bianco o con sete colorate. Anche, più genericam., pezzo di stoffa o di tela rada che, distesa su apposito sostegno, serviva per abburattare la farina (di qui i sign. che seguono, e gli stessi verbi burattare, abburattare). 2. a. Macchina usata per separare la farina dalla crusca, che può avere forma di cilindro ricoperto di tele di varia fittezza, oppure di staccio piano dotato di moto oscillante. È il simbolo dell’Accademia della Crusca (all’epoca della fondazione di questa, chiamato peraltro frullone); quindi, per metonimia scherz., l’opera di vaglio linguistico ch’essa compiva: le belle frasi passate dal b. (Giusti). b. In senso ampio, ogni arnese adoperato per compiere la stessa operazione, con un movimento oscillante impresso dalle mani; sinon. generico di setaccio. c. fig., tosc. Di persona che ciarla senza tregua: essere, parere un b.; avere in corpo un buratto. 3. ant. Il bersaglio che i cavalieri dovevano colpire nelle giostre. ◆ Dim. burattèllo, specie di sacco usato un tempo per abburattare la farina: un altro, che ha conquistato un b., lo porta per aria (Manzoni).