cabarettaro
s. m. (iron.) Attore da cabaret, che intrattiene il pubblico con battute facili e estemporanee. ◆ Ha mai incontrato la signora Franca Ciampi che definì la sua tv «una tv deficiente»? «Mai. Però, più tardi, mi ha fatto sapere che non ce l’aveva con me, un toscano come suo marito il presidente, ma con la televisione nel suo insieme. Furono i giornali a pensare a me perché in quel momento ero un simbolo». Era un giudizio che bruciava? «Vero. Mi ha fatto rabbia. Poi c’ho ragionato sopra e ho capito che posso fare il mio lavoro senza usare espressioni e ammiccamenti da cabarettaro. Agli espedienti e ai mezzucci, oggi, posso rinunciare» [Giorgio Panariello intervistato da Simonetta Robiony]. (Stampa, 18 maggio 2003, p. 24, Spettacoli) • Ricordi ed incursioni nella propria vita, sguardo che spazia ovunque affidandosi alla sua sintassi agrodolce: è il teatro di Peppe Lanzetta, […] «Trovare i ricordi del cinema che ho amato, della letteratura che mi è stata compagna, sapendo che devo più al primo che alla seconda, e concedere spazio alla mia anima di “cabarettaro”, capace di inventare e giocare per divertimento». (Giulio Baffi, Repubblica, 9 marzo 2005, Napoli, p. XV).
Derivato dal s. m. inv. cabaret, di origine fr., con l’aggiunta del suffisso -aro.
Già attestato nella Repubblica del 3 febbraio 1989, p. 23 (Ugo Volli), usato come agg.