calco1
calco1 s. m. [der. di calcare3] (pl. -chi). – 1. Impronta di una scultura o iscrizione o moneta, ricavata in cera, argilla, gesso per trarre dalla forma così ottenuta copie dell’oggetto originale: trarre un calco. Anche la copia ottenuta con questo mezzo: museo di calchi; e l’operazione stessa: fare un c.; oggetto ottenuto con c., per calco. 2. Copia di un disegno ottenuto calcando. 3. Nelle arti grafiche, impronta di una matrice di stampa che serve a ricavarne una copia mediante varî procedimenti (stereotipia, galvanotipia, ecc.). Anche, traccia di disegno o di scritto riportata sulla pietra litografica o sulla lastra come guida per l’incisore. 4. In linguistica, forma particolare di prestito che consiste in un processo di convergenza tra lingue diverse per cui l’uso di un vocabolo o di una locuzione (c. lessicale) o di una struttura sintattica (c. sintattico) si modella, più o meno integralmente, sull’uso che in un’altra lingua già si fa delle corrispondenti forme linguistiche; anche la parola, la locuzione, la costruzione sintattica calcata sul modello alloglotto (per es., l’ital. lotta di classe e grattacielo sono calchi rispettivamente del ted. Klassenkampf e dell’ingl. skyscraper). Si possono avere anche calchi di significato o semantici, i quali si producono quando una parola di una lingua, che ha in comune uno o più tratti semantici (ossia una o più accezioni) con una parola d’altra lingua, assume per imitazione anche altri tratti semantici ch’essa precedentemente non possedeva; in tale caso, il calco si dice omonimico se le due lingue sono geneticamente affini e si ha somiglianza del significante (come avviene, per es., per l’ital. voga dal francese vogue, in espressioni come essere, mettersi, venire in voga), sinonimico se sono geneticamente non affini, con somiglianza solo del significato, non del significante (per es., l’ital. libro tascabile rispetto all’ingl. pocket book, di cui si può anche considerare, più propriam., una traduzione).