calmo. Finestra di approfondimento
La calma e il controllo - C. è l’agg. più generico per designare chi non perde la pazienza né manifesta agitazione, aggressività, ansia e sim. Proprio in virtù della sua genericità, c. ha un’area semantica più estesa rispetto ai numerosi sinon., riferendosi anche a elementi naturali (mare c., vento c., notte c.), luoghi, situazioni, ecc. Se di una persona si vuole sottolineare la capacità deliberata di reprimere nervosismo e passioni è disponibile il sinon. controllato, talora lievemente spreg.: è sempre così controllato, non si lascia mai andare. Chi parla poco sarà detto silenzioso, ma anche tranquillo o, più formale, quieto, adatti anche per persone non eccessivamente dinamiche: ama la vita tranquilla, senza troppi cambiamenti. Se si sottolinea la pazienza (per es. nell’aspettare, oppure nel dedicarsi ad attività in cui è richiesta minuziosa attenzione), si userà paziente: non sono mai stato tanto paziente da finire un puzzle. Pacato designa per lo più i modi e il comportamento di una persona estremamente calma: parla sempre con voce pacata. Pacifico e placido rimandano a una calma talora eccessiva, quasi sonnolenta, e sono spesso riferiti proprio al sonno: abbandonarsi a un sonno placido. A una calma più attiva e interiore rimanda invece sereno: mi sentii tanto sereno che volli far dimenticare il risentimento che poco prima avevo manifestato (I. Svevo). Più marcato è flemmatico (e più ancora impassibile o imperturbabile), che indica una persona (o un carattere, un atteggiamento e sim.) quasi senza passioni, talora di una freddezza irritante: costei accolse tutti col solito viso impassibile, col solito flemmatico saluto (G. Verga). Chi ha raggiunto uno stadio di calma e di riposo dopo essere stato agitato, o particolarmente stanco e in tensione, sarà rilassato: con un tè caldo e un buon disco mi sento veramente rilassato.
Oltre a c., anche sereno «senza nubi» e tranquillo «senza vento» possono riferirsi alle condizioni meteorologiche (e, più raram., anche placido e quieto), e per estens. anche a luogo o situazione: cerchiamo un posto più c. per parlare; una notte calma.
Contrari - I contr. più generici di c. sono nervoso e ansioso. Il primo agg. indica preferibilmente chi tende ad alzare la voce, a trattare male gli altri, oppure a manifestare le proprie inquietudini mediante alcuni tic: ebbe due o tre colpetti di riso nervoso (G. Verga). Ansioso è invece chi è sempre in pena per qualcosa, chi non si sente all’altezza di una situazione, chi si sente sulle spine: l’esame andrà bene, smettila di essere così ansioso. Apprensivo è chi tende a preoccuparsi troppo, specie per gli altri: poiché mia madre è molto apprensiva, preferisco avvertirla quando rientro a casa tardi. Lievemente più accentuati rispetto ad ansioso sono agitato (chi si preoccupa molto), eccitato e nevrotico. Quest’ultimo agg., per inveterato maschilismo non soltanto linguistico, è spesso attribuito alle donne, così come l’intens. e spreg. isterico: non fare l’isterica! Chi è incline ad offendersi per le parole o il comportamento degli altri è suscettibile, permaloso o irritabile. Chi non riesce mai a rilassarsi, a sentirsi a proprio agio, è stressato o teso. Inquieto o irrequieto è chi non riesce a rilassarsi, chi è sempre in cerca di qualcosa. Irrequieto è anche chi non riesce a star fermo, detto spesso di bambini molto vivaci: quando vede troppi cartoni animati diventa molto irrequieto.
Diventare calmo - I verbi che esprimono il senso di «rendere calmo» (o il suo contr.) seguono più o meno le stesse sfumature degli agg. che hanno la stessa radice: quietare, rasserenare, rilassare, tranquillizzare. I sogg. sono spesso inanimati, indicando una situazione, un’azione e sim.: la musica mi calma; saperlo al sicuro mi rasserenò; una doccia prima di andare a dormire rilassa.
Dato l’elevato numero di situazioni che inducono al nervosismo, la lingua ital. colloquiale possiede un gran numero di espressioni causative per esprimere il concetto di «rendere nervoso». La meno marcata è fare innervosire: le sue risposte impertinenti mi fanno innervosire. Dell’uso volg., benché assai com., è fare incazzare, con l’eufem. fare incavolare (o incacchiare). Tuttavia, mentre per fare innervosire si dispone anche del verbo semplice usato transitivamente (il traffico mi innervosisce), incacchiare, incavolare e incazzare sono ammessi soltanto nella forma pron. o col verbo causativo fare. Altre espressioni analoghe, ma prive di sfumature volg., sono almeno dare fastidio, dare sui nervi, far diventare matto, far perdere le staffe, far salire il sangue al cervello, mandare al manicomio, mandare su tutte le furie. Oppure i verbi indispettire, infastidire o spazientire (per lo più per piccole cose: non intende che l’indugiare m’infastidisce? [C. Goldoni]); irritare o urtare (solitamente per incompatibilità un po’ più serie: mi irrita il suo continuo cambiare idea); o il comunissimo seccare (ti secca se fumo?) e il fam. scocciare. Stressare vale per tutti gli usi, soprattutto nel linguaggio fam. e giovanile: mi ha stressato con tutte queste domande!