calore
calóre s. m. [lat. calor -ōris, der di calere «essere caldo»]. – 1. La sensazione determinata dalla vicinanza o dal contatto del corpo umano con un oggetto o con un ambiente caldi, cioè a temperatura più elevata di quella a cui si trova la superficie corporea: il c. della mano, della fronte; nella stanza c’era un gradevole c., un c. insopportabile; anche la causa della sensazione stessa, e del riscaldamento dei corpi in genere, oltre che di numerosi altri fenomeni (ebollizione dei liquidi, dilatazione di molti materiali, ecc.): il c. della fiamma, del fuoco; scaldarsi al c. del caminetto, della stufa, del termosifone; cuocere a moderato c.; il c. del sole, o solare, quello irraggiato dal Sole: Guarda il calor del sol che si fa vino, Giunto a l’omor che de la vite cola (Dante), il succo dell’uva, maturata dal calore solare, diventa vino. 2. a. In fisica, secondo la teoria dinamica o cinetica del c., affermatasi col declino delle teorie che consideravano il calore come particolare fluido composto di particelle microscopiche (fluido calorico), il calore è la forma di energia (energia termica) posseduta da un corpo in virtù del moto microscopico delle molecole di cui è composto; in partic., equivalenza tra c. e lavoro meccanico, principio enunciato dal fisico inglese J. P. Joule (1818-1899), in base al quale l’energia spesa dissipando in attrito una certa quantità di lavoro meccanico si conserva convertendosi in una quantità equivalente di calore, sicché quest’ultimo ha le dimensioni fisiche di un’energia e può pertanto essere misurato anche con le unità di misura del lavoro e dell’energia in generale. Più precisamente, nell’attuale formulazione della termodinamica, il calore è la parte di energia che un corpo macroscopico, o più in generale un sistema termodinamico, cede o riceve a causa di una differenza di temperatura con altri corpi o sistemi tramite i processi di conduzione, convezione o irraggiamento; e quantità di c. è detta l’entità della variazione di energia (misurata in calorie, joule, erg, ecc.) prodotta dai sopra nominati processi di trasmissione e propagazione del calore. b. Col sign. di «quantità di calore», in varie locuz. della fisica e della chimica: c. latente, quantità di calore che occorre dare o sottrarre, a seconda dei casi, all’unità di massa di una sostanza per farle cambiare stato dopo che il corpo ha raggiunto la temperatura alla quale avviene il cambiamento di stato (latente, perché la cessione o la sottrazione di calore non è rivelata da una variazione di temperatura); c. specifico, quantità di calore che occorre somministrare a 1 grammo-massa di una sostanza per elevarne di 1 °C la temperatura; c. atomico, quantità di calore che occorre somministrare a 1 grammo-atomo di un elemento per aumentarne di 1 °C la temperatura; c. molecolare, in un composto allo stato solido, la somma dei calori atomici degli atomi che ne costituiscono la molecola. E determinando il fenomeno durante il quale il calore si sviluppa: c. di adsorbimento, di cristallizzazione, di magnetizzazione, di reazione (chimica), ecc.; c. di combustione, quantità di calore svolta dalla combustione completa di una grammo-molecola di una sostanza; c. di esplosione, quantità di calore che si sviluppa durante un’esplosione da una massa unitaria di esplosivo; c. di fusione, quantità di calore che occorre somministrare all’unità di massa di una sostanza, portata alla temperatura di fusione, per ottenerne la fusione; c. totale (o c. di trasformazione), in una trasformazione termodinamica di un corpo, quantità di calore necessaria per portare il corpo dalla condizione iniziale a quella finale. c. Con sign. più ampio, legato alla definizione fisica: c. solare, quello che il Sole irraggia sulla Terra, in ragione di circa 2 calorie a cm2 e a secondo, cioè di circa 1 kilowatt a metro quadrato (flusso termico che è detto costante solare), derivante da reazioni termonucleari di fusione di idrogeno in elio nel Sole; c. terrestre, l’energia che determina l’elevata temperatura degli strati profondi della crosta terrestre, in gran parte dovuta al decadimento degli elementi radioattivi in essa presenti. d. Con uso e valore particolari nelle due locuz. c. rosso (ingl. red heat), temperatura alla quale un corpo, soprattutto un metallo, diventa rosso, e spec. c. bianco (ingl. white heat), temperatura alla quale un corpo diventa incandescente fino ad apparire bianco: portare il ferro al c. rosso; saldare al c. bianco (o, ellitticamente, saldare al bianco); anche con gli usi fig. di «incandescente», per indicare stati di intensa emozione o eccitazione: la discussione si era svolta in un’atmosfera al calore bianco. Si trovano spesso, con gli stessi sign., le locuz. meno esatte colore rosso e colore bianco. 3. In biologia e in medicina, c. animale, quello proprio degli animali omeotermi, derivante dai processi metabolici; colpo di c., quadro clinico (ipertermia, tachicardia, tachipnea, vasodilatazione cutanea, ecc.) causato dall’azione di temperature elevate sul corpo umano. 4. Nome dato popolarmente a manifestazioni della pelle e delle mucose ritenute benigne (arrossamenti, eruzioni, ecc.), di natura infiammatoria. 5. Con riferimento alle femmine degli animali, spec. mammiferi, il complesso delle manifestazioni legate all’estro (eccitamento sessuale, ricerca del maschio, ecc.), che coincidono con la maturazione e la deiscenza dei follicoli ovarici: andare, essere in c., essere nel periodo fertile, dell’accoppiamento: alcune razze di scrofe vanno in c. molto precocemente. Per estens., volg., pop., anche con riferimento alla donna e, talvolta, all’uomo. 6. fig. Fervore, ardore, entusiasmo, manifestazione intensa degli affetti: il c. dello sdegno; parlare, difendere, sostenere con c.; nel c. della discussione; c. umano, capacità di trasmettere affetto; il c. della famiglia, delle amicizie. Nel linguaggio diplomatico, visite di calore, le visite di congratulazione che personalità politiche, religiose e membri del corpo diplomatico fanno nelle residenze dei cardinali neoeletti, nell’intervallo fra il concistoro segreto e quello pubblico.