cantrice
s. f. In senso figurato e con riferimento letterario, autrice in chiave epica, che celebra nelle sue opere eventi, personaggi o situazioni esistenziali. ◆ Dobbiamo forse rassegnarci ad aver perduto per sempre, in Silvia Ballestra, la straordinaria cantrice del mondo dei giovani universitari sbandati, tra attrazione allo studio, poca, e fascino della droga e del sesso, tanto, il tutto nei modi leggeri ed eroicomici che avevano fatto dei due primi romanzi della scrittrice abruzzese, «Compleanno dell’iguana» e «La guerra degli Antò», altrettanti fulgidi gioielli. (Renato Barilli, Corriere della sera, 8 aprile 2001, p. 33, Cultura) • Un gruppo tutto scuro avanza dietro di noi: sono le Donne in nero di Udine. Donne per la pace contro una guerra sentita come profondamente ingiusta e inutile. Si chiacchiera, si cammina. Sembrano il coro di una tragedia greca, cantrici di orrendi delitti e testimoni del tempo. (Barbara Goio, Adige, 16 gennaio 2006, p. 50, Lettere & Commenti) • «Cantrice» è un neologismo particolarmente brutto, anche rispetto a «cantora», se si vuole imboccare la strada degli spagnolismi, riconoscendo che il castigliano è lingua molto meno maschilista dell’italiano. Oppure si può dire «cantatrice» che già esiste, sia pure in una accezione più tecnica, più legata al cantare. Ma Doris [Lessing] non canta, non è scrittrice elegiaca o romantica, la sua voce è grave e piena di echi, strati, allusioni, memorie, (Lidia Menapace, Liberazione, 12 ottobre 2007, p. 5).
Derivato dal v. tr. cantare con l’aggiunta del suffisso -trice.
Già attestato nella Repubblica del 15 ottobre 1987, p. 28, Cultura (Guido Almansi).