capace
agg. [lat. capax -acis «atto a contenere», der. di capĕre nel senso di «contenere»]. – 1. Atto a contenere persone o cose: un teatro c. di parecchie migliaia di spettatori; recipienti c. di oltre cento litri. In usi assol., che può contenere molto, e quindi ampio, spazioso: un’aula c.; Fan le c. volte echeggiar sempre Di giovanili strida (Parini); ventre capace. 2. Atto, idoneo, in grado di fare o intendere qualche cosa: è c. di eseguire con grande perfezione i lavori più delicati; una mente c. di alti concetti; mi sentirei c. anch’io di salire lassù; è c. di lavorare notte e giorno; anche della disposizione ad azioni cattive o disoneste: è capacissimo di metterti alla porta; un uomo c. di qualsiasi cosa, c. di tutto, spregiudicato, privo di scrupoli; purtroppo, sarebbe c. di questo e d’altro. Usato assol., abile, intelligente: una massaia c.; un ragazzo veramente capace. Nel linguaggio giur., che ha capacità di agire: c. di testare, di stipulare un contratto di lavoro, ecc.; in diritto penale, essere c. (e pienamente, parzialmente c.) d’intendere e di volere: v. capacità. 3. non com. Convinto, persuaso: restare, farsi c., convincersi; non mi facevo c. come potesse esservi gente di simil conio (F. De Sanctis); fare, rendere qualcuno c., persuaderlo: non riesco a farlo c. del suo torto; gli si serravano addosso per trattenerlo e per farlo c. del suo malinteso (Fucini). 4. region. Come pred. nom. con valore neutro, è capace (anche senza copula), è possibile, può darsi: è c. che aspettino da due ore; è c. che si arrabbi; capace che non si faccia neppure vedere.