cappellaccio
cappellàccio s. m. [pegg. di cappello]. – 1. Cappello mal ridotto e sformato: si calcò in testa un c.; fig., ant., fare, dare un c. a qualcuno, un rabbuffo; prendere un c., aversene a male, impermalirsi (cfr. prendere cappello, che ha lo stesso sign.). 2. a. Parte superficiale di giacimenti metalliferi, modificata dagli agenti atmosferici, e composta di minerali di alterazione (ossidi e idrossidi, carbonati, solfati varî), detta anche cappello dei filoni e, nel caso di giacimenti di minerali di ferro, cappello di ferro o brucione. b. Nel Lazio, lo strato di tufo vulcanico che affiora al di sotto del terreno impedendone la coltivazione, e che occorre rompere con un’aratura profonda o con dinamite. c. C. di cava (detto anche cielo o crosta), parte superiore delle cave, ove le rocce, per effetto dell’erosione meteorica, sono meno coerenti. 3. Al plur., involti di pasta sfoglia, più grandi dei cappelletti, ripieni di zucca marina (brionia) o di ricotta; sono una specialità della provincia di Ferrara, dove si mangiano come minestra di magro.